Credits: Alpine
Credits: Alpine

Le ultime giornate all'interno dell'ambiente della Formula 1 sono state parecchio concitate, con gli annunci delle dimissioni di Oliver Oakes da team principal Alpine e della sostituzione di Jack Doohan con Franco Colapinto a partire da Imola. Se da una parte lo swap dei due piloti non ha rappresentato una sorpresa per il team di Enstone, lo è stato certamente l’abbandono al timone dell’ex pilota britannico che, sirene Red Bull a parte, conferma un quadro molto preoccupante nella leadership della scuderia di proprietà Renault.

Dalle separazioni con Abiteboul e Prost...

Facciamo un passo indietro e torniamo al 2021, anno in cui la casa madre ha preso il nome Alpine per la sua scuderia di F1 a seguito di una revisione delle strategie del gruppo francese. Negli anni precedenti la Renault era cresciuta dalle macerie della precedente gestione Lotus, risalendo dalle retrovie fino ad occupare il posto di outsider dietro i top team, con un quarto posto nel Mondiale Costruttori 2018 e tre podi conquistati nel 2020 di cui due con Daniel Ricciardo a Nurburgring ed Imola e il terzo con Esteban Ocon a Sakhir.

A seguito della ridenominazione del team di Enstone e la ristrutturazione del gruppo attuata da Luca De Meo ad inizio 2021, Cyril Abiteboul ha lasciato il suo ruolo di amministratore delegato di Renault Sport venendo sostituito da Laurent Rossi. Nonostante una prima vittoria per il marchio Alpine con Ocon al GP Ungheria, il 2021 vedrà anche l’uscita di Alain Prost come consigliere a seguito di forti scontri con lo stesso Rossi e il management del gruppo francese. Tutto ciò rappresenterà però solo l’inizio della crisi: negli anni successivi le prestazioni dell’Alpine peggioreranno sempre di più e questo porterà Luca de Meo a fare un’epurazione di massa, con tantissime uscite di peso.

I primi ad andarsene furono l’intera line-up di piloti 2022 composta da Fernando Alonso, Esteban Ocon e soprattutto dall’allora riserva Oscar Piastri, con il suo celebre post in risposta all’annuncio Alpine che ad oggi appare visionario. Poi si registrarono anche le uscite nello staff di Laurent Rossi, Davide Brivio, Otmar Szafnauer, Alan Permane, Pat Fry, Matt Harman e Dirk de Beer. E così si arrivò al 2024 dove De Meo, dopo un avvio di stagione disastroso da parte di Alpine, scelse di richiamare una storica figura del team di Enstone per provare a risollevarne le sue sorti: Flavio Briatore.

...alla rivoluzione di Briatore e De Meo

Il manager cuneese, noto per i quattro Mondiali Piloti vinti tra Benetton e Renault così come per le vicende del “Crashgate” al GP Singapore 2008, era tornato nel team come Executive Advisor, in un ruolo che inizialmente lo vedeva quasi del tutto fuori dalla pista. Tuttavia, la “vecchia volpe” Flavio ha messo sempre di più le mani sulla squadra e la ha sottoposta man mano ad una profonda trasformazione.

Gasly Doohan Alpine F1 GP Cina 2025
Credits: Alpine

Il primo passo è stato quello della chiusura del programma motori Renault di Viry-Châtillon a favore di un accordo per la fornitura di Power Unit e cambio Mercedes dal 2026. Un cambiamento radicale per un team che, nonostante i pochi successi raggiunti nell’era ibrida, perderà lo status di team factory. Poi c’è stata la caccia ai piloti: l’obiettivo numero uno di Briatore era certamente Carlos Sainz, nonostante il team avesse già praticamente messo sotto contratto Jack Doohan, che infatti ha iniziato la stagione 2025.

Che il figlio d’arte australiano rappresentasse più una soluzione di ripiego che una scelta ponderata e pensata al lungo termine era parso evidente abbastanza presto. Il “fantasma” di Colapinto ha iniziato ad aggirarsi abbastanza presto intorno alla vettura di Doohan, sin da quando l'argentino è stato ingaggiato come terzo pilota dal team anglo-francese. Ora, dopo sei gare, spinto anche da forti interessi commerciali che non bisogna mai dimenticare, tocca a lui salire in macchina. Attenzione, però: anche il suo sarà un contratto “a termine”, della durata di cinque gare. 

Quale futuro per Alpine o il “Team Enstone”?

Ciò che invece non si aspettava nessuno erano le dimissioni ad effetto immediato di Oakes. Nonostante egli abbia negato insieme a Flavio uno scontro tra le loro visioni come ragione di questa drastica scelta, è inevitabile porre l’accento su un team che dopo sei gare è al penultimo posto in classifica e al cui timone ora c'è un uomo sicuramente forte dei suoi grandi successi, ma anche pieno di ombre sui suoi ultimi anni nel team di Enstone e su un caso, quello del Crashgate, che lascia ancora parecchi strascichi e malumori.

Eppure, eccolo di nuovo qua a prendere ad interim le funzioni di team principal e a guidare nuovamente la scuderia di Enstone. Al momento è ignoto chi sarà l’eventuale successore di Oliver Oakes (che potrebbe anche esserne andato per un possibile futuro in Red Bull), ma è chiaro che la sua partenza mette altri dubbi attorno all’opera di De Meo. Un progetto che inizialmente puntava a rendere la Alpine una “Ferrari francese” secondo le sue esatti parole, ma che al momento non riesce nemmeno a galoppare da sola in F1.

Tra la chiusura imminente di un programma motori storico che andava avanti da quasi 50 anni, una Academy che non da valore ai suoi talenti (e tra essi c’è il nostro Minì) e l’ennesimo cambiamento al vertice, la squadra manca ancora della stabilità di cui ne avrebbe assolutamente bisogno per provare a risalire davvero la griglia per il futuro. E l’unica certezza è che a farne le spese è nuovamente chi meno se lo meriterebbe, come un Jack Doohan che non avrà fatto mai nulla per far cambiare idea a Flavio (anzi, l’incidente nelle prove libere a Suzuka è stata probabilmente la sua ultima goccia), ma certamente non è mai stato messo veramente nella posizione di poter provare tutto il suo valore.

Andrea Mattavelli