Il fine settimana del debutto per Mick Schumacher in F1, nel GP del Bahrain, si conclude con un diciannovesimo posto in griglia e un sedicesimo posto finale a un giro dal vincitore. Ripercorriamo ed analizziamo il debutto in gara del tedesco, che tutto sommato potremmo definire in linea con le aspettative.

Tre lettere: MSC

Il week-end in Bahrain incomincia con un vero colpo al cuore per gli appassionati: su richiesta di Mick, infatti, la sua veletta televisiva riporta la sigla MSC, la stessa utilizzata dal padre negli Anni Duemila. Scelta dettata sull'onda dell'emozione, che però non lo ha riparato da una pioggia di domande (con poco tatto) in conferenza stampa sulla situazione familiare, legata alle condizioni di salute del padre.

Poiché l'unico raffronto utile, al momento, è quello con il compagno di squadra, le tre sessioni di prove libere vedono Mick in fondo alla lista dei tempi, ma consistentemente davanti a Mazepin. Stessa sinfonia anche in qualifica, nella quale però il russo si distingue per un paio di "pasticci" nel tentativo finale. In gara, entrambi i piloti perdono il posteriore della propria Haas in Curva 3 (teatro dell'incidente di Grosjean nel 2020), ma Mick riesce a ripartire, portando la sua VF-21 sotto la bandiera a scacchi, con un giro di ritardo rispetto al vincitore.

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Guidare per la Haas

Oggettivamente non potevamo aspettarci di più dal tedesco. Haas, non è un mistero, si presenta nel 2021 con una monoposto poco rimaneggiata rispetto a quella dello scorso anno, con una prospettiva di sviluppo tecnico durante la stagione prossima allo zero.

Come sottolineato da più parti durante l'inverno, rimane molto questionabile la scelta di mandare il "prodotto" più competitivo della FDA nella scuderia americana, con un Kimi Raikkonen in Alfa Romeo Racing dal quale Mick, per sua stessa ammissione, ha ricevuto "molti consigli di cui è grato".

Oltre alla questione tecnica, bisogna tenere conto del fatto di come la scuderia americana sia mediaticamente "nel mirino" (giustamente o ingiustamente, ai posteri l'ardua sentenza). "Farsi le ossa" in una scuderia non competitiva è un esercizio che ha i suoi pro e i suoi contro (vedere George Russell in Williams), di certo, però, le complicazioni create dall'esterno possono risultare nocive.

Niente paragoni

In ogni caso, l'errore dal quale tutti dovremo tenerci distanti, sarà quello di paragonare Mick a Michael, come se fosse avvenuta una specie di clonazione tra i due. Mick non è Michael, per quanto le fattezze e un certo intercalare nelle dichiarazioni ricordino molto da vicino il padre. Il diverso percorso di approdo verso la massima Formula, ad esempio, testimonia la differenza.

Inoltre la F1 del 2021 è un qualcosa di enormemente distante dal Circus del 1991 e la recente dichiarazione di Eddie Jordan sullo "sbarramento finanziario" applicabile alle nuove scuderie fornisce, vagamente, il polso della situazione.

La curva di apprendimento di Mick ha cominciato a prendere forma, così come il tedesco è abituato. Come ha detto Sebastian Vettel in un'intervista del 2020, Mick Schumacher "ha bisogno di trovare da solo la sua strada". Ci auguriamo che il fine settimana a Sakhir sia il primo passo di Mick nel perseguire quanto prospettato dal quattro volte campione del mondo.

Luca Colombo

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