Tre giorni fa, la FIA ha approvato il calendario 2023 di F1, che va a scrivere un nuovo record per il numero di gare, ventiquattro, corse in un anno. In tutta onestà, il tifoso che alberga in chi redige questo articolo non ha accolto molto bene la novità, chiedendosi se il numero di GP non abbia raggiunto una dimensione esagerata. Ventiquattro GP corrispondo all'incirca ad un appuntamento ogni due settimane, considerando il calendario solare.

Incrementi e diluzioni

Aprendo i cassetti della memoria, nel 2003 il campionato di F1 articolava un calendario di 16 gare (numero "magico" che ha caratterizzato gli Anni Novanta e parte dei Duemila). Dieci anni dopo il numero di GP per anno saliva a 19. Nell'arco di vent'anni la F1 ha aumentato il numero annuale di GP del 50%. Il Circus, come sottolineato riportando il numero del 2013, ha incrementato anno per anno il numero di gare stagionali con una certa regolarità.

In generale l'allungamento dei campionati non ha comportato aggiunte nel contenuto sportivo di un mondiale, semmai una diluzione. Da questo punto di vista il 2021 costituisce un'eccezione, per quanto fosse forte la sensazione di trovarsi davanti ad un rush finale figlio di quello che gli inglesi chiamano manufactured miracle. Personalmente parlando, negli ultimi campionati ho concluso la stagione, nella doppia veste di commentatore e tifoso, fiaccato dalla stucchevolezza della fase finale.

Sostenibilità

Se la stanchezza indotta da un "impegno" prolungato ha avuto il sopravvento su una persona che esprime un evidente entusiasmo per il Circus, sublimandolo nella scrittura di articoli, che effetto può avere sullo spettatore e/o tifoso casuale? In altre parole, a chi giova questo numero enorme di impegni? Certamente non alle tematiche per cui la F1 ha fatto il suo endorsement.

Parliamo di sostenibilità finanziaria. Nel 2023 il Bahrain ospiterà l'unica sessione di test tra il 23 e il 25 febbraio, con il via del campionato proprio a Manama il 5 marzo. Non torniamo al 2003, quando vigeva una certa libertà nel numero di test, ma atterriamo nel 2013, quando le scuderie avevano provato per nove giorni prima dell'avvio stagionale. In dieci anni i test pre-stagionali hanno subito un ridimensionamento del 66%.

Una sfoltita piuttosto drastica, considerando la complessità di una vettura di F1, che in qualche maniera amplifica il divario prestazionale tra le scuderie. Lascia perplessi che per anni la F1 abbia spinto nel ridimensionamento di un'attività vitale come i test, adducendo motivazioni finanziarie, ed ora spinga per un aumento dei fine settimana di gara. Le perplessità aumentano se consideriamo, oltre al numero di gare, i frequenti back-to-back e i due triple-header stagionali, che rendono massacranti l'impegno e la turnazione di tutta la forza lavoro impegnata nelle gare. Possiamo trovare qualsiasi aggettivo per descrivere la situazione, fuorché sostenibile.

Ambiente e morale

La composizione del calendario vede una distribuzione geografica peculiare. L'Europa, culla della F1 e sede a vario titolo delle scuderie, perde una gara (Francia) e ne vede due "ancora in calendario" (Montecarlo e Belgio), mentre USA e Medio Oriente acquistano un peso maggiore. La lista vede un prepotente ritorno (chissà quanto "segnato a matita") della Cina, Paese da cui arrivano costantemente notizie contrastanti sulla questione Covid-19, mettendo in discussione l'altro ritorno, quello tanto sbandierato di Kyalami, rinviato forse al 2024. Il Qatar inaugura l'accordo decennale con la F1, mentre rimane una questione aperta il futuro del GP in Belgio, a Spa-Francorchamps, l'università del pilotaggio.

Il pattern geografico vede un'aperta contraddizione con quanto dichiarato da Domenicali riguardo il raggruppamento delle gare per area. Il 2023 prevedeva una movimentazione più ottimizzata, che, ad esempio, i back-to-back Baku - Miami e Las Vegas - Abu Dhabi non verificano. Con tanti saluti all'appoggio della causa ambientale: 133'570 km di spostamenti annuali tra un tracciato e l'altro (senza ritorni a casa), fanno diventare l'impronta di anidride carbonica azzerata una storiella piuttosto ridicola.

Come se non bastasse, il calendario 2023 pone una curiosa questione morale, che va in rotta di collisione con le cause di inclusione e tolleranza promosse del Circus. Sayed Ahmed Alwadaei, capo dell'Institute for Law and Democracy per il Bahrain (organizzazione umanitaria senza scopo di lucro con sede a Londra), ha dichiarato: "la situazione dei diritti umani negli Stati del Golfo rimane ancora una delle peggiori al mondo (...) la FIA ha correttamente cancellato le corse in Russia, ma come si può giustificare continuare a correre in Arabia Saudita o in Bahrain?" Ovviamente la domanda cade come voce nel deserto.

Mucche da mungere e miniere d'oro

Un calendario simile sembrerebbe creare più problemi che altro, a meno che non tiriamo in mezzo l'ovvio. La F1 va sempre di più dove trova un mercato nel quale "mungere la mucca", non tanto per quanto riguarda i tifosi, ma per il business. Mondo degli affari e questioni sociali ed etiche non camminano propriamente assieme. Il tempo che passa annienta qualsiasi utopia e restituisce la parte più cruda dei fatti. Come avremmo dovuto capire già con il GP del Belgio dello scorso anno, Liberty Media non ha comprato la F1 perché affascinata dal contenuto sportivo, dalle sue tradizioni o peculiarità. Gli americani hanno visto nella F1 plasmata da Bernie Ecclestone una miniera d'oro in gran parte non sfruttata. Per farla fruttare Liberty Media ha deciso di agire sulla quantità.

Ovviamente gli americani non hanno agito da soli nel pianificare questa strategia molto aggressiva sulla vendita del prodotto F1. La decisione sul calendario 2023 arriva con il benestare della FIA e delle scuderie. Nessuno tra gli investitori, partner o azionisti ha mosso pubblicamente obiezioni, magari sottolineando che in un'ottica di ventiquattro gare hanno poco senso le limitazioni sul budget o sulle tre PU per stagione. Guardiamo dunque ad una decisione di tipo corale che va bene a tutti.

Dove arriveremo in futuro? Buttiamo lì una risposta: trenta gare l'anno. La sensazione è che il nuovo corso della F1 voglia privilegiare la vendita dello spettacolo sul contenuto sportivo. Il Circus ha problemi nel fare entrare nuove scuderie in griglia o con la filiera delle categorie addestrative e il numero limitatissimo di sedili a disposizione, ma non ha problemi ad entrare a gamba tesa in maniera grossolana sulla data della 24h di Spa, gara prestigiosa di un motorpsort più vicino agli appassionati.

Il futuro?

Probabilmente la "gara" di queste decisioni si corre proprio con i fan. Se gli appassionati e soprattutto gli spettatori casuali (a cui il prodotto si rivolge) non mostreranno entusiasmo, Liberty Media correggerà abbastanza rapidamente il tiro. Non dovesse succedere, significa che l'indignazione per la disgregazione di questo sport rappresenta la visione di una minoranza. Se la seconda delle ipotesi dovesse trovare verifica, bisogna fare attenzione: la lenta disgregazione, sul lungo termine, porterà la F1 ad avere un grosso problema da affrontare.

Luca Colombo