F1 – Il film | Veloce, adrenalinico e romantico: il mega spot del Circus
Difficile dare un giudizio completo sul film ambientato all'interno del paddock che, tra tanti aspetti positivi, rivela molti punti deboli

Gli americani amano il motorsport, le sue sfide e le sue storie. Ma un dato è incontrovertibile e F1- Il film non fa altro che sottolinearlo: del Circus ci hanno sempre capito poco o nulla. Nessuno critica il risultato e quanto visto in sala: il lungometraggio è certamente godibile, e le due ore e mezza trascorrono tutte d’un fiato, da Daytona alla Baja California passando per il paddock patinato della F1. L’importante è sedersi, allacciarsi le cinture e soprattutto cercare di ignorare, per la durata della proiezione, tutto ciò che si conosce sulle gare.
Non è un documentario, ed è giusto così
Partiamo subito da un dato che deve essere chiaro a tutti: chi pensa di andare al cinema per vedere una sorta di docu-film o un biopic di qualche tipo, è meglio che se ne stia a casa. F1 – Il film è (il titolo stesso lo dice) una produzione hollywoodiana in piena regola, senza alcuna pretesa storica né divulgativa. È semplicemente la storia (ci torneremo) di un pilota che una volta era una promessa, di un team in difficoltà e di un giovane spaccone che crede di sapere tutto delle corse e invece sa solo andare veloce a tratti.
Non è un documentario, dicevamo, ed è giusto così. Nel complesso, risulta essere molto più onesto della serie Drive to Survive, che spesso invece nel corso degli anni ha raggiunto un livello di pateticità ben poco sopportabile. Poi, è chiaro, ci sarebbero tante cose su cui discutere: a partire dal calendario, ricco di incongruenze e date sballate, come la 24 Ore di Daytona posta a ridosso del Gran Premio di Silverstone. Poco male, in realtà: anche i puristi più duri potranno ammettere che qualche “piccola” forzatura per far lavorare al meglio la storia può anche essere sopportata.
Meno giustificabili, a parere di chi scrive, certi atteggiamenti mostrati in pista dal buon Sonny Hayes a provocare bandiere gialle, VSC e quant’altro. Diciamo pure che speriamo che nessuno prenda spunto, ecco. A proposito della caratterizzazione dei personaggi lasciamo la parola a chi è più esperto e ferrato di noi in materia, ma è chiaro come, a parte il protagonista ben interpretato dalla garanzia Brad Pitt, intorno a lui ci sia un deserto popolato da una serie di gusci vuoti, a partire dal team mate Joshua Pearce, portato in pista (pardon, in scena) da Damson Idris. Una delle sequenze finali, poi, con il giovane pilota che esulta per la vittoria del team mate, ai più cinici potrebbe tendere alla... fantascienza, ancora più degli effetti utilizzati per simulare gli incidenti.

Più Driven che Giorni di Tuono? Come sono lontani gli anni ’90...
Il parallelismo viene quasi naturale, perché F1 arriva nelle sale a qualche anno di distanza da Top Gun Maverick, peraltro ereditandone regia, produzione e aspetti tecnici. Esattamente come, ai suoi tempi, Giorni di Tuono seguiva il primo mitico Top Gun, con Tom Cruise a fare da star in entrambe le pellicole, peraltro di successo planetario. Ecco, diciamo che, a parte la linea temporale abbastanza comparabile, le somiglianze rispetto al film cult ambientato nelle gare Nascar a stelle e strisce finiscono qua.
Per certi aspetti, duole dirlo, il film diretto da John Kosinski ricorda molto di più il tanto bistrattato Driven, con il buon Sly Stallone a fare da chioccia al giovane Jimmy Blye. Ecco, tra la storia in sé (compresa la love story inseritavi), gli incidenti spettacolari e le riprese (vero punto forte del lungometraggio), forse è più facile fare confronti con la pellicola ambientata nella IndyCar dei primi anni 2000. E, per certi versi, viene da dire peccato, perché la potenza evocativa di quelle scene tipiche degli anni ’80-’90 avrebbero funzionato certamente meglio.
In tutto ciò, resta l’interpretazione maiuscola di Brad Pitt, più intensa in certi aspetti di quanto possa sembrare a prima vista. L’attitudine di Sonny Hayes, il suo ritorno in pista dopo 30 anni e i suoi comportamenti sono ovviamente fuori dalle righe e dalla realtà; ma al cinema si va anche per sognare, per la realtà delle corse si va (o si dovrebbe andare) in pista.

Uno spot per il Circus
Infine, ci si permetta una considerazione. Piaccia o no, uscendo dalla proiezione si ha una sensazione che, per certi versi, si insinua nella mente fino a diventare un filo sgradevole. E cioè di avere visto, oltre a un film (bello e brutto, fate voi) un mega spot per la F1 in generale. La presenza “prezzemolina” dei piloti, i camei dei team principal e quelli finali (ce lo lascino dire, francamente inutili) di Stefano Domenicali e Toto Wolff, sommati alle voci perfettamente doppiate dei commentatori italiani, danno l’idea di trovarsi di fronte ad una campagna pubblicitaria, pensata per allargare ancora di più la platea.
E, in questo senso, la presenza nel team di produzione del CEO di Liberty Media e Lewis Hamilton non è certo un caso. Ecco, forse è questo l’aspetto che più infastidisce. Per il resto, diciamoci la verità: il prodotto può funzionare, Sonny Hayes è uno di quegli antieroi vecchio stile che tutti vorremmo essere almeno una volta nella vita. Pregevole il tentativo di portare sullo schermo, nel finale, anche una gara dimenticata (non da noi, ovviamente, ve ne abbiamo parlato qui) come la Baja 1000, che negli States ha ancora tanto appeal. Che bello sarebbe vedere uno dei piloti attuali tentare veramente un’avventura simile, a pensarci bene...
Nicola Saglia