F1 LIVE 🔴 GP Abu Dhabi 2025 - Gara

Credits: IndyCar Official website
Credits: IndyCar Official website

L’argomento dei punteggi per ottenere la Superlicenza per poter prendere parte ad un evento ufficiale F1 è tornato alla ribalta da diverso tempo. In particolare, il caso Colton Herta ha riacceso i riflettori sul rapporto che il Circus ha con la IndyCar, il maggiore campionato americano a ruote scoperte. Il Congresso Mondiale della FIA tenutosi in questi giorni a Tashkent ha deliberato la modifica dei punteggi, ma ci si chiede se quanto fatto possa essere considerato sufficiente.

Un cambiamento che “riflette la crescita significativa della categoria”

L’aggiornamento dei punteggi per la Superlicenza in merito alla IndyCar è arrivato dopo diversi anni di tentenna, quando da diverse parti si premeva per un superamento dello status quo. Anche noi, nel nostro piccolo, abbiamo più volte tentato di accendere una luce su questo argomento che, per quanto possa sembrare marginale ad un osservatore esterno, nel panorama attuale delle competizioni a ruote scoperte riveste in realtà un ruolo importante, vista la gamma di possibilità offerta ai giovani talenti. Non è certo un caso se sempre più piloti, non trovando sbocchi nel Circus, rivolgono il loro sguardo Oltreoceano riuscendo in diversi modi a continuare o a ricostruire con successo la propria carriera. 

Allo stesso tempo, è abbastanza inconcepibile come continui ad esserci una certa difficoltà a fare il percorso inverso: troppo pochi, infatti, i punti concessi per piazzamenti a ridosso dei primi in IndyCar per ottenere la Superlicenza, anche in confronto alle categorie propedeutiche. Il caso di Colton Herta, terzo pilota Cadillac, costretto ad un anno di Formula 2 perché ancora non “eleggibile” in F1, è emblematico. Il californiano non è certo un pilota di primo pelo e ha ottenuto diverse vittorie nel mondo a stelle e strisce. Forse anche sull’onda di ciò, il Consiglio Mondiale ha deciso di agire e cambiare un po’ le carte in tavola a partire dal 2026. 

Sostanzialmente, non cambieranno i punti assegnati al primo e secondo classificato in campionato, rispettivamente 40 e 30. Modificati in positivo, invece, i numeri relativi ai piloti che riescono a classificarsi tra il terzo e il nono posto, con boost importanti soprattutto per coloro che occupano le zone alte della classifica. Per inciso, se questo sistema fosse già stato in uso, Herta sarebbe stato assolutamente papabile per un posto da titolare. 

Credits: FIA Official FB page
Ecco come cambiano i punteggi per la Superlicenza F1 

Troppo poco? Forse sì, ma è un inizio

Ora, la domanda è lecito porsela: la montagna ha partorito un topolino? Per certi aspetti, la risposta è sì. Ancora una volta, a nostro modesto parere, si è persa l’occasione di valorizzare appieno una categoria che negli ultimi anni ha avuto una crescita esponenziale a livello di qualità dei piloti e dei team in pista, e che sta continuando ad esprimere talenti importanti. Vedere la vittoria del campionato IndyCar equiparata, in termini di punteggi puri, a quella in F2 resta una stortura; per non parlare poi degli altri piazzamenti, che sono in pratica messi a un livello inferiore, sempre in meri termini numerici. Questo è un dato da correggere, su cui occorre assolutamente lavorare. 

D’altro canto, però, è evidente che occorre accontentarsi, almeno per ora, di vedere qualcosa muoversi. Non è molto, è vero, ma perlomeno questo cambiamento può essere considerato in qualche modo come l’inizio di un percorso che dovrebbe, in tempi ragionevoli, portare ad una maggiore equità. In ciò, sarà fondamentale l’operato di Colton Herta: se le sue prestazioni in F2 la prossima stagione dovessero essere ragguardevoli, in tanti potrebbero iniziare a porsi qualche domanda in più in merito alla considerazione che il mondo IndyCar ha avuto in questi anni dalla Federazione Internazionale e dai promoter dei vari campionati con base europea. 

Nicola Saglia