Facciamo l'identikit del pilota ideale 2026
Credits: Red Bull Content Pool

La rivoluzione tecnica che potrebbe rimescolare pesantemente le carte in F1 è ormai alle porte, e la curiosità in merito è sempre maggiore. C’è ancora tanta incertezza, una sorta di alone di mistero che non si ricorda nelle precedenti annate che facevano da preludio ad un cambiamento di tale portata. Nel 2021 noi di LiveGP.it fummo i primi a mostrare le immagini del mock-up delle vetture che avrebbe popolato la griglia, ma è altrettanto che vero che tutti i team avevano più o meno un’idea di come dovessero essere. Oggi, invece, pare proprio che le squadre vivano in uno stato di incertezza pesante. E allora viene da porsi una domanda: chi sarà il pilota ideale per la nuova generazione di vetture?

Tra deportanza mancante e batterie da ricaricare

Nei giorni scorsi un articolo uscito sulle nostre colonne a firma del attento esperto di tecnica Luca Colombo ci ha illustrato quelle che sono le criticità e le incertezze in merito al progetto 2026. Sostanzialmente, ci sono ancora diversi punti oscuri, soprattutto a proposito di power unit e aerodinamica adattabile; la sensazione è che solo gli uomini di Tombazis abbiano le idee ben chiare soprattutto in merito a questo secondo punto. Ci sono però un paio di punti fermi da cui si può partire. 

Innanzitutto, le nuove vetture dovrebbero portare ad una perdita di deportanza, e quindi di carico aerodinamico e aderenza, pari a circa il 20-30% dei livelli mostruosi raggiunti attualmente dalla generazione di monoposto ad effetto suolo. È evidente che ai piloti questa cosa non possa far piacere, ma per lo spettatore non necessariamente questo rappresenta un problema. Le macchine del 2026 saranno sì più lente, ma diverse curve in tante piste che oggi vengono facilmente affrontate in pieno potrebbero tornare ad essere un benchmark e fare la differenza, proprio per questo minor carico aerodinamico generato dai nuovi fondi. 

Altro aspetto fondamentale da comprendere saranno le nuove power unit, con le batterie che andranno ad avere una potenza di 350 kw; un bell’incremento rispetto ai 120 attuali. Ma l’aspetto che più spaventa, ad oggi, è quello della ricarica, in quanto su alcune piste potrebbe esistere la problematica di non generare l’energia necessaria e costringere quindi i piloti ad effettuare manovre di frenata in rettilineo o dove in una situazione normale non andrebbero a toccare nulla se non l’acceleratore. Si è parlato spesso del rettifilo di Monza, ma anche a Baku potrebbe avvenire la stessa cosa e anche sul Kemmel di Spa. Uno stile di guida molto diverso da quello attuale, ma che ci ricorda altre categorie, vero?

Guardare verso Formula E ed endurance

Credits: Formula E Official FB page

Da tempo, ormai, lo stile di guida richiesto ai piloti di F1 sta virando sempre più verso una concezione simile a quella di un campionato di durata, stile WEC o IMSA, con tantissimi parametri da tenere in considerazione. Consumo e temperatura delle gomme, ricarica delle batterie, gestione del carburante e quant’altro fanno sì che i piloti passino la maggior parte del proprio tempo in abitacolo a regolare settaggi sui manettini del volante. Con il cambio di regolamento in programma, pare proprio che queste situazioni saranno destinate a moltiplicarsi. E allora perché un team nuovo (Cadillac) o in difficoltà (Alpine, per esempio) non dovrebbe pensare a rivolgere l’attenzione fuori dal Circus per scegliere i propri piloti?

Per quello che sappiamo oggi, tra perdita di deportanza e gestione della carica delle batterie, pare proprio che la nuova generazione di monoposto possa in diversi aspetti essere simile alla Gen3 Evo di Formula E. Chiariamoci: i due mondi restano lontani sotto tanti punti di vista, ma è chiaro come le scelte impostate dalla FIA in qualche modo li possa rendere “comunicanti”. E allora ecco che per delineare l’identikit del pilota perfetto per la nuova generazione di vetture si deve per forza prendere in considerazione chi ha in questi anni interpretato al meglio le Dallara del Circus elettrico. Uno come Pascal Wehrlein, per esempio, o il trionfatore della Season 11 Oliver Rowland. Il tedesco ha già esperienza in Sauber, mentre Rowland ha un buon passato in F2 e il suo nome non giunge sicuramente nuovo, anche se nel suo caso è da sottolineare come sia già stato confermato dal team per la prossima stagione. 

A proposito della gestione della potenza della parte elettrica, sicuramente piloti che potrebbero dire la loro sono coloro impegnati al volante delle Hypercar, che potrebbero essere tranquillamente presi in considerazione, se non come titolari, come development driver o del simulatore. È una soluzione che alcuni team IndyCar hanno utilizzato nel corso dei test per comprendere al meglio le nuove PU introdotte la passata stagione (Penske ha più volte fatto girare Nasr). In questa ottica, il ruolo di Antonio Giovinazzi in Ferrari potrebbe essere ancora più rilevante, e non è certo un caso se anche McLaren ha annunciato il suo sbarco nel WEC nella stagione 2027. Insomma, la nuova generazione di vetture privilegerà chi sarà in grado di gestire al meglio la vettura e le batterie nell’arco del giro: per questo chi proviene dalle competizioni elettriche o a ruote coperte potrebbe avere un vantaggio importante, almeno nelle prime fasi. 

La sfida maggiore: adattarsi nel più breve tempo possibile

Abbiamo visto dunque come i piloti che provengono da altri “mondi” potrebbero avere adattamenti più veloci alle macchine del 2026. Una cosa deve essere chiara, però: saranno pochissimi i team che potranno e vorranno andare a guardare fuori dal paddock, per diversi motivi. Tra i top team, poi, non se ne parlerà neppure, se non, come detto, per ruoli di supporto e simulazione. 

Proprio per questo motivo, la sfida di tutti i drivers in pista oggi sarà quella di sapersi adattare al meglio ad uno stile di guida che, per forza di cose, dovrà essere diverso. Mancherà tanta fiducia, tanto carico, tanta prestazione, almeno all’inizio: in questa situazione, è chiaro che la qualità della vettura farà tanto, ma altrettanto sarà fondamentale la capacità di adattamento di ognuno. Al netto di eventuali vantaggi siderali, come si vocifera possa avere Mercedes, essere in grado di comprendere prima degli altri il comportamento di vettura e power unit sarà un jolly non indifferente per piloti e tecnici. 

Chi saranno dunque i favoriti? Difficile dirlo oggi, ma ci viene da pensare che tenere d’occhio i “soliti” volponi, come Norris, Piastri, Verstappen, Leclerc e Russell potrebbe essere una buona idea. Attenzione anche a Fernando Alonso: lo spagnolo è quello, all’interno dello schieramento, ad essere passato attraverso più rivoluzioni e cambiamenti, andando anche a conoscere realtà molto diverse. La sua versatilità ed esperienza, insieme alla presenza di Adrian Newey in Aston Martin, potrebbero essere valori fondamentali per far saltare il banco. 

Nicola Saglia