Hanno trovato conclusione in quel di Sebring i due giorni di prove nelle quali l'IndyCar, con i fornitori Chevrolet e Honda, ha provato il nuovo pacchetto di unità motrici ibride che vedremo nel 2024. Will Power (Penske - Chevrolet) e Scott Dixon (Ganassi - Honda) hanno coperto 1400 miglia di test senza riportare grossi problemi. A che punto siamo con il nuovo pacchetto propulsivo che l'IndyCar mostrerà in pista con la nuova stagione?

Svolta ibrida

Incominciamo con un riassunto delle puntate precedenti. L'IndyCar ha deciso di svoltare verso la tecnologia ibrida già nei primi tempi della gestione Penske. Inizialmente il piano prevedeva di portare in pista unità V6 da 2.4 litri ibride per il 2023, ma il progetto prima ha subito un ritardo e poi ha visto la cancellazione alla fine dell'anno scorso. In pratica l'IndyCar ha voluto ottimizzare i costi di investimento, focalizzando lo sviluppo della sola parte ibrida, originariamente portata avanti dalla Mahle, da implementare nel 2024 sulla base esistente. Ovvero i motori termici V6 2.2 litri biturbo in dotazione alla Serie dal 2012.

Più fornitori

Credits: Penske Enterteinment // Travis Hinkle

Con la tecnologia ibrida, l'IndyCar cerca di adeguarsi al trend mondiale nello sport motoristico. Fondamentalmente l'idea era quella di attirare anche qualche nuovo fornitore, oltre ai due finalizzati da tempo (Honda e Chevrolet). Per qualche periodo Ferrari pareva interessata ad entrare nel "gioco" USA con un'unità propulsiva prodotta in quel di Maranello, tra l'altro (come vedremo con un'architettura più semplice rispetto alla F1). Ad un certo punto, però, la Rossa ha detto "no": probabilmente non c'è mai stata una seria intenzione di sbarcare in America se non, come la storia insegna, quella di mettere qualche pulce nell'orecchio nel Circus in un periodo di "vacche magre" per Maranello.

Tecnica

L'elemento ibrido è costituito da un gruppo motogeneratore (MGU), montato nella parte posteriore dove l'avviatore remoto attualmente utilizzato si collega al cambio. Parte degli obiettivi in quest'architettura propulsiva ibrida rimane nella semplicità e nella capacità di adattamento alla parte termica già esistente. Un super-condensatore "immagazzina" l'energia e trova alloggiamento all'interno della scatola del cambio (il "bell housing"). Una delle sfide maggiori rimane quella di "confezionare" l'unità all'interno di un telaio il cui progetto risale a 12 anni fa. Un disegno, quello della DW12, che ha già visto alcuni sconvolgimenti per quanto riguarda il peso, con conseguenti ribilanciamenti.

Credits: Penske Entertainment // James Black

Aeroscreen ha apportato un aumento di peso sull'anteriore della monoposto, la nuova unità propulsiva porterà peso sul posteriore. Significativamente l'IndyCar fa affidamento alla tecnologia dei super-condensatori al posto delle batterie, così da contenere pesi (45 kg addizionali?) e volumi. Certo, il super-condensatore non funziona bene per un'alimentazione di lunga durata, ma con rilasci di energia brevi e di elevata intensità. Del resto il sistema di rilascio dell'energia sarà quello del push-to-pass. Tra l'altro tale tecnologia presenta una volatilità minore, con un vantaggio in termini di sicurezza, visto le velocità elevate raggiungibili nei super-speedway.

Prove e questioni aperte

In IndyCar avevano già effettuato test della nuova architettura in marzo, coprendo una distanza simile a quella coperta nei test di questi giorni. Sebring, tracciato sconnesso, in agosto (con il caldo e con anche pioggia che ha rallentato le attività), rappresenta un buon banco di prova per l'affidabilità. E i risultati parlano di grosse problematiche meccaniche non registrate. Ottimo risultato da questo punto di vista, ma rimangono aperte alcune questioni.

Attualmente nelle gare non su ovale, l'IndyCar impiega un sistema push-to-pass che fornisce un certo quantitativo di potenza (60 bhp) impiegabile totalmente a discrezione di pilota e scuderie lungo un tempo totale prestabilito (200 s). Con il nuovo sistema i piloti avranno a disposizione più potenza (150 bhp) spendibile senza limiti di tempo. Piloti e scuderie dovranno mostrare abilità nel gestire la fase di rigenerazione (che "ricrea" la potenza), che però la Serie non ha ancora ben regolamentato (per quanto con un sistema di tipo "KERS" come quello che verrà impiegato, la rigenerazione avviene in frenata).

Cosa succederà e cosa rimarrà...di questi Anni Novanta?

Credits: Penske Entertainment // James Black

Scott Dixon ha dichiarato: "Cambierà la strategia, soprattutto se devi rigenerare e sei sotto attacco. Aggiungerà una dinamica diversa. Non solo da una strategia, ma per il pilota. Devi pensare abbastanza velocemente e prendere la decisione giusta al momento giusto". Teoricamente la novità aggiungerà una dimensione in più alle gare IndyCar, tuttavia la F1 insegna che una volta che i tecnici apprendono un metodo per impiegare una nuova tecnologia, l'effetto sorpresa svanisce. La nuova architettura non avrà bisogno dell'avviatore (il motore ibrido penserà al "lancio") e questo dovrebbe eliminare stalli e bandiere gialle correlate.

Vedremo l'anno prossimo cosa succederà in pista. Teoricamente la novità ha del potenziale per rendere le gare più interessanti, tuttavia le rigide regole tecniche imposte per la parte ibrida porterà giocoforza ad avere unità termiche sempre più simili tra di loro. I tempi dell'IndyCar delle combinazioni telaio-motore-gomme dei favolosi Anni Novanta diventano sempre di più un ricordo lontano nel tempo.

Luca Colombo

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