Credits Red Bull Content Pool
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In occasione del GP d’Australia di F1, che si correrà questo weekend a Melbourne, oggi vi parliamo della tradizione dei piloti originari dall'Oceania. Tra leggende scolpite nella pietra, campioni e professionisti che hanno fatto della classe il loro marchio di fabbrica, il Continente Nuovissimo ha costruito una forte legacy con la massima formula, che vale la pena di narrare.

Jack Brabham: il capostipite dei piloti australiani in F1

Sir Jack Brabham approdò in F1 nel 1955, tra lo scetticismo del suo team manager. Si racconta infatti che John Cooper avrebbe detto che se avesse vinto un GP, avrebbe fatto una capriola. Detto, fatto. Nel 1959, Brabham andò oltre, conquistando il primo titolo mondiale. Fu un evento storico, soprattutto perché era al volante della prima monoposto a motore centrale mai schierata.

Brabham replicò il trionfo iridato nel 1960, sempre su Cooper, poi ‘mise bottega' per conto suo. Insieme all’ingegnere Ron Tauranac, anch’egli australiano, fondò la scuderia che portava il suo nome, e con la quale vinse il terzo titolo, nel 1966. Per la prima (e unica) volta, un pilota ha primeggiato con un’auto costruita da se stesso, record che presumibilmente non verrà mai più eguagliato.

Brabham proseguì la carriera fino al 1970, poi appese il casco al chiodo e lasciò le chiavi della sua squadra al socio Tauranac. La Brabham avrebbe trovato fortuna soprattutto nella gestione di Bernie Ecclestone, tra gli anni 70 e gli anni 80. Jack morì a Gold Coast nel 2018 per una disfunzione epatica,  fu sepolto successivamente a Goodwood.

Sir Jack fu anche il capostipite di una vera e propria dinastia, con i tre figli che hanno indossato tuta e casco. Due di loro, Gary e David, hanno tentato la sorte anche in Formula 1, ma non hanno ottenuto la stessa gloria del padre. Il terzo, Geoff, ha scelto l’America, conquistando titoli e vittorie soprattutto nella serie IMSA.

La meteora Alan Jones

Il secondo dei piloti australiani ad essere diventato campione del mondo di F1 è stato Alan Jones. Originario di Melbourne, giunse in Europa nel 1967, ma dovette aspettare il 1975 prima di trovare un posto nella massima formula. Lord Hesketh lo assunse nella sua ‘variopinta’ scuderia, ma in corso d’opera Alan passò alla Embassy di Graham Hill.  

Nel 1977 ottenne la sua prima vittoria in Austria, in circostanze quasi fortuite. Dopo le delusioni con la Surtees, Jones aveva lasciato la categoria, quando fu chiamato dalla Shadow per sostituire il deceduto Tom Pryce. Questo exploit attirò l’attenzione di Enzo Ferrari, che pensò a lui come sostituto di Niki Lauda. Ma alla fine, il Drake optò per la “scommessa” Gilles Villeneuve, l'australiano si spostò quindi alla Williams. 

Con la squadra di Grove divenne iridato nel 1980, con cinque vittorie e piazzamenti a punti in quasi tutte le gare. Era il favorito per il mondiale dell’81, ma la lotta fratricida con Carlos Reutemann lo consumò. Entrambi furono battuti dal terzo incomodo, Nelson Piquet, al volante di una Brabham. Jones lasciò la F1 dopo il 1982, salvo poi ripensarci e ritentare una seconda volta tra l’83 e l’86. 

Mark Webber, il re mancato

All’alba del nuovo millennio, la bandiera australiana ha trovato un nuovo idolo in Mark Alan Webber. Il pilota classe 1976 approdò in F1 dopo una robusta esperienza nel mondo delle GT ed a Le Mans, dove rischiò la vita in due terribili voli nel 1999. Nel 2002 debuttò in Minardi e con la squadra di Faenza conquistò il quinto posto nella prima di Melbourne, battendo la Toyota di Mika Salo. 

Mark Webber ha vinto 9 GP nella sua carriera in F1. Credits Red Bull Content Pool

Questo exploit attirò l’attenzione delle scuderie più blasonate come Jaguar (con la quale corse nel 2003 e nel 2004) e Williams (con la quale gareggiò nel 2005 e nel 2006). Ma entrambe erano in crisi nera, e con esse Mark stentò non poco. 

Approdato in Red Bull, Webber si ritrovò nella situazione di avere tra le mani una macchina vincente. Nel 2009 conquistò la sua prima vittoria, in Germania, ma il suo anno fu quello successivo. Con quattro successi, ed una regolarità da paura, il timido australiano trascorse mesi in testa al mondiale lottando ad armi pari contro Fernando Alonso e Lewis Hamilton. Alla fine il trofeo finì nelle mani del suo compagno di squadra Sebastian Vettel dopo la difficile finalissima di Abu Dhabi.

Il GP di Silverstone del 2012 fu l’ultima volta che salì sul gradino più alto del podio, una parentesi prima di salutare il ‘Circus’. Il suo palmares conta un titolo nel FIA World Endurance Championship nel 2015, ottenuto con Porsche Motorsport.

Daniel Ricciardo e Oscar Piastri, gli attuali portabandiera

Nella stagione attuale della F1, i due piloti che rappresentano i colori australiani sono Daniel Joseph Ricciardo e Oscar Jack Piastri. Ricciardo, originario di Perth, è cresciuto nel vivaio Red Bull, facendosi notare nel primo episodio della saga turbo ibrida. Nel 2014 fu l’antagonista del duo Mercedes ‘pigliatutto’, unica alternativa insieme a Vettel. 

Le stagioni successivi furono molto difficili, in quanto dovette affrontare un compagno di team velocissimo e sfacciato. Parliamo di quel Max Verstappen che oggi fa il bello ed il cattivo tempo. Schiacciato da tale presenza, Ricciardo provò a cambiare aria, lasciando la Red Bull per passare alla Renault prima e alla McLaren poi. Negli ultimi anni l'unica gioia è data settembre 2021 con una clamorosa affermazione a Monza.

Piastri, infine, è solo al suo secondo anno nel circus, ma ha già fatto vedere grandi cose. La scorsa estate a Spa nella sprint race ha concluso secondo dietro all’imperatore Verstappen, che ha poi battuto in Qatar, sempre nella gara breve. A questo dobbiamo aggiungere i titoli conquistati, in soli tre anni, in F2 e in F3, cosa che fanno di Oscar un talento precoce. 

Vedremo cosa succederà nei prossimi anni anche se obiettivamente, escluso Jack Doohan, sono pochi gli australiani che concretamente hanno una chance di approdare in F1.

Riccardo Trullo