Si è da poco chiuso il settimo appuntamento stagionale, corso in Catalunya in un mix di eventi che ha reso evidenti le immense lacune della Moto3. Al Montmeló si è arrivati pochi giorni dopo un GP d'Italia tristemente noto per la prematura scomparsa di Jason Dupasquier, deceduto a causa dei forti traumi scaturiti dall'incidente avvenuto nella Q2.

La tragica notizia ha sconvolto tutti e riportato al centro il tema della sicurezza soprattutto nella più piccola della classi presenti in pista. Si è discusso tanto, anche ricordando il 19enne svizzero tra post social, dediche e commemorazioni sicuramente toccanti. Squadre e piloti si sono presentate in Spagna con adesivi su carene, tute, caschi e via dicendo, dimostrandosi uniti nel tentativo di ricordare quel giovane rimasto vittima di uno sport che per natura rischioso lo è e sempre lo sarà.

Ma oltre all'apparenza è cambiato qualcosa? Le tanto criticate qualifiche hanno preso una direzione diversa rispetto alla brutta strada intrapresa negli ultimi anni? I piloti hanno gareggiato con rispetto valutando il posizionamento in pista degli avversari? No, niente di tutto questo si è verificato, tutt'altro.

CRONACA DI UNO SCEMPIO SU DUE RUOTE

Dopo una Q1 tutto sommato godibile, iniziata la sessione successiva abbiamo assistito ancora una volta a lunghe attese ai box, ad eccezione di quei pochi scesi in pista da soli per dimostrare chi fosse più forte a prescindere dal gioco delle scie (comunque dinamica ormai intrinseca della moderna Moto3). Questo episodio, tuttavia, va in secondo piano dal momento in cui si spengono i semafori, il segnale che da il via alle ostilità.

Dopo qualche giro tranquillo, in linea con la solita logica di gara della Moto3, i piloti iniziano a lanciarsi in attacchi avventati, cambi di direzione improvvisi in pieno rettilineo e scarti repentini in mezzo ad un gruppo composto da circa 15 moto. L'apice della scellerata condotta di gara si raggiunge quando i vari leader delle gara rallentano in percorrenza di curva 12/13 spinti dall'obiettivo di farsi passare e sfruttare la scia nel km di rettilineo, teatro di vere e proprie rivoluzioni della classifica.

LA GARA DIVENTA UN FAR WEST

Ma andiamo in ordine analizzando ciò che è successo da metà GP in poi. Siamo al giro 11 dei 21 in programma e Sergio García inizia il T4 al comando della classifica. Lo spagnolo del team Aspar, partito 19°, vuole evitare di essere risucchiato da tutto il gruppo nel rettilineo del traguardo, dunque allarga la linea in curva 12 e rallenta.

Pedro Acosta, in quel momento 2°, capisce il gioco di García ed a sua volta alza il gas in piena traiettoria obbligando Binder, Rodrigo, Sasaki e tutti gli altri a decelerare vistosamente. Risultato? García rimane davanti e chiude il giro con il tempo di 1:51.146 quando nel passaggio precedente il portacolori Aspar aveva fermato il cronometro sull'1:49.470 (+1.676").

Passiamo direttamente al giro 13: stavolta è Jeremy Alcoba a copiare ed incollare la strategia inaugurata da García due tornate prima. Dietro lo spagnolo di Gresini Racing c'è sempre Acosta, che stavolta prosegue per la sua strada pur rallentando prima di curva 13. Al 3° posto c'è Deniz Öncü che protesta vistosamente contro Alcoba.

L'INUTILE AGGRESSIVITÀ DI RODRIGO

Passano poche curve ed il gruppo torna sul rettilineo catalano, dove Gabriel Rodrigo si rende protagonista di una manovra da brivido. Il pilota argentino esce dalla curva 14 al 5° posto e grazie alla scia si lancia all'attacco della leadership, posseduta da Acosta. Quest'ultimo rimane sempre vicino alla linea bianca interna mentre Rodrigo passa da sinistra a destra affiancando Acosta. Senza nemmeno aver completato il sorpasso Rodrigo scarta verso sinistra, incrociando la traiettoria di un Acosta per fortuna dotato di ottimi riflessi.

L'episodio si archivia con un lieve contatto tra lo pneumatico anteriore di Acosta e il posteriore di Rodrigo ma, soprattutto, con tanto spavento per una manovra non necessaria. Se il giovane Acosta non avesse rallentato e chiuso il gas l'azione sarebbe sfociata in un contatto in pieno rettilineo con ben cinque moto posizionate direttamente alle spalle del pilota Ajo. Il perché del cambio di traiettoria così repentino e anticipato da parte di Rodrigo rimarrà un mistero vista la totale assenza di cognizione e percezione dello spazio a disposizione.

Ciò che personalmente rende molto grave l'episodio è lo spostamento da una parte all'altra della pista quando si è in lotta con ben quindici piloti racchiusi in pochi secondi. Stavolta è andata bene ma sorge un dubbio: perché un pilota con 109 gare all'attivo e tanta esperienza in Moto3 debba rendersi protagonista di azioni del genere mettendo a rischio gratuitamente l'incolumità propria e dei colleghi? Questo non è un processo a Rodrigo, anzi, l'argentino non è stato l'unico a comportarsi in questo modo. Tuttavia Gabriel ha fornito l'esempio più eclatante dell'osceno spettacolo catalano, non adatto ad un campionato di riferimento mondiale.

IL CIRCO DELLA MOTO3 PROSEGUE

Non è finita qui comunque, anzi, mancano altri 8 giri alla bandiera a scacchi, purtroppo. Trasferiamo la nostra attenzione verso il 20° giro, il penultimo: i piloti raggiungono il T4 con Jeremy Alcoba a comandare il serpentone di moto. Per la seconda volta il classe 2001 di Tortosa si sposta all'esterno, decelera, guarda a destra sperando di essere superato da Acosta, sempre 2°, Binder e via dicendo. Completata la curva 12 la classifica rimane la stessa, tutti hanno rallentato ed aspettato Alcoba, il quale prima di arriva in curva 13 si volta e rallenta ancor di più.

Il rallentamento di massa nel quarto settore

Alla penultima piega Alcoba rimane fuori traiettoria, Acosta e Binder lo raggiungono e tutto lo sciame di moto si riunisce in pochi metri. Romano Fenati, in quel momento 13°, alza il braccio sinistro e lancia qualche imprecazione contro i protagonisti di questo scempio. Dopodiché inizia l'ultimo giro con Darryn Binder in testa al gruppo. Il sudafricano chiude il 20° passaggio con il tempo di 1:51.035 perdendo solo nel T4 ben 1.6" rispetto al giro precedente. Pensate che il tempo di Binder al giro 20 sia ben 2.826" più lento del record registrato in gara dal pilota Petronas al giro 5 (1:48.209). Da ciò si può capire che tipo di gara (se così si può chiamare) sia andata in scena in Catalunya, forse il punto più basso di sempre di una Moto3 ormai ingestibile.

SAFETY COMMISSIONE E STEWARD PANEL CHIAMATI A REAGIRE

Lo Steward Panel ha provato ad intervenire, a tenere sotto controllo gli animi dei piloti, a limitare la caccia alla scie in qualifica, ma domenica è sorto un problema del tutto diverso, frutto di una categoria ormai imprevedibile solo perché "scia-dipendente". Quello di ieri non si può inserire nella categoria "spettacolo", forse si può intendere per tale ma solo avvalendosi della sua accezione negativa. I 21 giri del GP di Catalunya rappresentano, comunque, una risorsa troppo importante perché peggio di così non credo si possa fare, dunque ai piani alti del Motomondiale si dovrà lavorare per risollevare una categoria ad oggi fuori da ogni logica, non più formativa per le classi successive né tantomeno sicura in riferimento agli standard moderni.

Per fortuna McPhee, Migno, Suzuki, Foggia, Artigas e soprattutto Sasaki stanno bene, con quest'ultimo che ha perso conoscenza nell'incidente in curva 7-8 avvenuto nel giro finale. Due dinamiche potenzialmente critiche, simili a ciò che è successo al compianto Dupasquier. C'è da dire, comunque, che gli incidenti provocati dagli high-side di McPhee e Sasaki non siano strettamente legati al comportamento descritto in precedenza. Quel tipo di caduta, con pilota/moto che tornano in traiettoria, rappresenta il più grande pericolo del motociclismo, dunque si può fare ben poco come detto da Franco Uncini (responsabile sicurezza FIM) nel weekend del Mugello.

STEWARD PANEL INERME: NESSUNA SANZIONE

Si può invece lavorare sul comportamento dei piloti, rei di aver contribuito ad aumentare esponenzialmente i pericoli con manovre utili solo a creare caos attraverso zig-zag, rallentamenti, contatti. Per carità, il Motorsport è pericoloso ed eliminare il 100% dei rischi rimarrà sempre impossibile. Ma se si può diminuire il tasso di rischiosità, perché non collaborare ed aiutarsi a vicenda nel nome di un singolo obiettivo? Lo Steward Panel, presieduto da Freddie Spencer, ha radunato i piloti durante il GP della Moto2, ma nessuna penalità è stata inflitta, dunque ogni critica rivolta ai piloti rischia di trasformarsi in aria fritta.

Fonte: motogp.com

I commissari hanno parlato di sanzioni più pesanti dal GP di Germania in poi, ma perché non reagire subito? Gli strumenti per correre ai ripari ci sono. La Safety Commission è composta da figure di primo livello che potrebbero influenzare positivamente l'operato di squadre e piloti. Non c'è stata alcuna penalità, né una multa, niente di niente. E allora diventa inutile e per di più ipocrita salire sul podio indossando la maglietta dedicata a Jason Dupasquier quando fino a pochi minuti prima si è corsa una gara a chi buttava giù l'avversario, tra inutili cambi di traiettoria e patetiche decelerazioni in piena corsa.

Matteo Pittaccio

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