La stagione più surreale della Formula 1 si avvicina ad un avvio incerto, senza un nuovo patto della Concordia e con Liberty Media che non riesce ad incidere. Senza contratto, niente futuro. Ma di quale futuro parliamo?

Pochi anni, sufficienti ad appannarne il ricordo. La F1 di Ecclestone, l'epoca d'oro, dei milioni a pioggia e dei contratti faraonici è tramontata. L'eredità raccolta da Liberty Media a suon di miliardi pare essersi inceppata ed il 2020, annus horribilis per l'economia mondiale, rischia di far precipitare la categoria tutta nel baratro più profondo.

NIENTE PATTO

Ad oggi il patto della Concordia, in scadenza a fine 2020, non è ancora stato rinnovato. La situazione straordinaria imposta dalla pandemia, tra proposte di budget cap e incertezze sul futuro, non ha ancora prodotto la firma di un documento condiviso da tutti i team che devono sottoscrivere gli accordi (soprattutto commerciali) che li legheranno per i prossimi anni agli organizzatori, rappresentati ora da Liberty Media.

Contratti di forniture tecniche, motoristiche e con gli sponsor sono già stati firmati con durate pluriennali, che andranno a scadenza oltre il 2020, dunque non è in discussione la sopravvivenza stessa della categoria.

IL GIUSTO BUSINESS MODEL?

Le voci su una possibile levata di scudi da parte dei team, che potrebbero ribellarsi e associarsi per dare vita ad una nuova serie autonoma, è fondata, ma fantasiosa.

La proposta trova nuova popolarità ciclicamente; tante volte se ne è parlato, ma in fondo, gli accordi raggiunti hanno sempre in qualche modo soddisfatto tutte le parti. La domanda che si fa strada col passare degli anni ora è questa: quello di Liberty Media è il giusto approccio a questo business? L'intenzione della nuova proprietà, mai nascosta, di americanizzare la F1, si è rivelata finora un bicchiere mezzo vuoto.

GUSTO YANKEE

I gusti del pubblico sono difficili da cambiare e, vuoi per storia sportiva vuoi per abbondanza di alternative, agli americani la F1 più di tanto proprio non piace.

Gli eventi sportivi made in USA offrono un grado di spettacolarità maggiore rispetto a molti Gran Premi e per lo spettatore medio le regole del Circus sono inutilmente complicate. L'aumento del pubblico globale costante (circa il 9% nel 2019 per 1,9 miliardi di telespettatori) fa il paio con un incremento nel solo mercato statunitense del 7%.

Numeri interessanti, ma limitati, che non stanno portando, inutile nasconderlo, il ritorno di investimento previsto a fronte dei miliardi investiti. Di pochi giorni fa è la notizia di una nuova iniezione di liquidità da 1,4 miliardi per cercare di superare al meglio l'attuale situazione di emergenza.

COSA FAREBBE BERNIE?

Ad intervalli regolari si susseguono indiscrezioni di un possibile clamoroso ritorno dello Zio Ecclestone al timone della sua creatura, riacquistando il pacchetto di maggioranza a una frazione di quanto venduto.

Speculazioni per lo più prive di fondamento, ma che fotografano una situazione di costante incertezza con voci che vedrebbero Liberty Media sempre pronta a cedere la maggioranza del capitale ad altri investitori e nuovi soci.

Il vecchio Ecclestone è riuscito nel santo Graal di ogni investimento: compra a poco e vendi a molto, riuscendo a monetizzare alla grande la vendita della sua creatura. I nuovi proprietari, al contrario, si ritrovano in un certo senso con le mani legate sui possibili interventi, avendo acquistato al prezzo massimo e trovandosi con margini di crescita ristretti.

UN NUOVO ZAR

Trattandosi della sua creatura, plasmata e forgiata a sua immagine, ecco che il nome di Ecclestone viene fuori spesso come la soluzione a tutti i problemi della Formula 1. L'unico che potrebbe far funzionare le cose.

Per esempio la mostruosa somma di un miliardo di dollari l'anno da distribuire alle scuderie come montepremi, uno dei macigni più pesanti che gravano sul bilancio massacrato dallo stop prolungato. Spartizione generosa di una torta che ha sempre più o meno accontentato tutti, ma che ora pare come la punta di un iceberg non più sostenibile.

Oltre a Bernie, gli altri nomi caldi di quando in quando sono sempre quelli di Flavio Briatore e Roger Penske, entrambi con i numeri e le capacità sulla carta per guidare la F1 ma che per ragioni diverse mancano di un consenso trasversale. Ma il tempo passa, e un'alternativa seria per il futuro, drastica o di transizione, ancora manca all'orizzonte.

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Stefano De Nicolo'