Il 10 maggio ricorre l'anniversario della scomparsa di Lorenzo Bandini, avvenuta per le conseguenze del tragico incidente occorsogli il 7 maggio 1967 durante il GP di Monaco. Ancora oggi il pilota nato in Libia rappresenta per tutti gli appassionati un simbolo della fede ferrarista, un uomo amato dal popolo, sfortunato in Formula 1 ma protagonista assoluto delle corse di durata degli anni '60.

Nel palmares di Bandini infatti figurano infatti una vittoria nella 24 Ore di Le Mans ed una vittoria nella 24 Ore di Daytona, oltre che altri successi in gare importantissime in quel periodo, quali la 1000 km di Monza e la leggendaria Targa Florio. Proprio il trionfo nella “corsa più importante del mondo”, in coppia con Ludovico Scarfiotti, gli apre le porte della Ferrari in Formula 1 e nel 1964 Enzo Ferrari lo mette sotto contratto come seconda guida. Bandini risulta determinante per la conquista del titolo del suo compagno di squadra Surtees. Importantissimo infatti il suo contributo nel GP del Messico, ultimo appuntamento stagionale, dove tiene testa a Graham Hill, in lotta per il mondiale. Sempre nel 1964 arriva il primo sigillo in Formula 1 nel GP d’Austria, prima e unica vittoria di Bandini. Al termine della stagione è quarto con 23 punti.

Il 1965 si apre invece con la vittoria nella Targa Florio in coppia con Nino Vaccarella, ma nel resto dell’anno non sembra andare nulla per il verso giusto. Il miglior risultato arriva nel GP di Monaco, dove ottiene il secondo posto, ma per il resto le prestazioni non sono soddisfacenti, con soli altri tre appuntamenti in cui conquista punti. A fine anno è solo sesto in campionato.

La fiducia di Enzo Ferrari nei suoi confronti inizia a svanire, ma nel 1966 è ancora al via del mondiale di Formula 1 con la Scuderia di Maranello. La stagione inizia anche nel verso giusto, grazie ad un secondo posto a Montecarlo ed un terzo posto in Belgio. Sembra essere l’anno del riscatto, ma la sfortuna colpisce Bandini in più occasioni: durante il terzo round stagionale, in Francia, ottiene la pole position ed è in testa per oltre metà gara, ma è costretto al ritiro per la rottura del cavo dell’acceleratore; a Monza, dopo essersi preso immediatamente la prima posizione, è costretto al ritiro già al secondo giro. La sorte lo punisce anche negli Stati Uniti, dove dopo una lotta con Jack Brabham per la vittoria rompe il motore. Tante delusioni che alla fine gli fanno concludere l’anno soltanto al nono posto nella classifica piloti con 13 punti.

Per il 1967 Bandini è motivatissimo e deciso a dimostrare il proprio valore. Quell'anno la Ferrari decide di non presentarsi al primo appuntamento in programma in Sudafrica. Si comincia dunque da Montecarlo, dove l’imperativo è vincere. L’occasione per dimostrare finalmente tutto il suo potenziale è forse l’ultima, ma questa volta Bandini gode anche dell’appoggio di Enzo Ferrari, che gli affida il ruolo di prima guida.

Durante la sessione di qualifiche è secondo alle spalle di Jack Brabham, ma al via del GP si porta subito al comando, prendendo il largo. Nel frattempo Brabham accusa un problema al motore già al primo giro, ma rimane in pista cercando di tornare ai box, lasciando olio in pista.

Tutti i piloti riescono a vedere la macchia, ma Bandini, trovandosi davanti a tutti è ignaro del pericolo. Non riesce ad evitare la macchia e sbanda, riuscendo poi a ripartire in terza posizione, alle spalle Denny Hulme e Jackie Stewart, ma con distacco.

A questo punto inizia una rimonta furiosa, a suon di giri veloci. Più tardi Stewart è costretto al ritiro e dunque la caccia è solo nei confronti di Hulme. Tra i due ci sono dei doppiati e tra questi spicca Graham Hill, che forse per “vendetta” per i fatti del GP del Messico del 1964, mette in difficoltà Bandini, che riesce a farsi strada dopo ben due giri passati alle spalle del britannico. A causa di questo intoppo il distacco cresce di circa 5 secondi, che diventano addirittura 20 all'80° giro.

Alla tornata successiva Bandini supera il tunnel ed arriva alla chicane del porto ad una velocità elevatissima, non riuscendo a controllare più la sua monoposto. Finisce contro una bitta sulla banchina del porto, per poi rimbalzare in pista con l’auto completamente in fiamme.

I soccorsi impiegano più di qualche minuto per arrivare sul luogo dell’incidente. Intervengono allora il principe Juan Carlos di Borbone e l’amico pilota Giancarlo Baghetti, che assistono alla corsa proprio in quel punto. Bandini è ancora vivo, ma privo di sensi per le ferite riportate. Viene trasferito all’ospedale Principessa Grace, dove viene operato per diverse ore. Le ustioni, le fratture e le lesioni polmonari riportate però gli sono fatali e Bandini muore dopo tre giorni di agonia il 10 maggio 1967.

Quello preannunciato come l’anno del riscatto si trasforma nell’anno della tragedia, ma di Lorenzo Bandini ne è riconosciuto comunque il valore, sia umano che sportivo. Quest'ultimo è dimostrato ampiamente anche nell'anno della sua morte con le vittorie nella 24 Ore di Daytona e nella 1.000 km di Monza.

Proprio il successo nella celebre corsa americana, in coppia con Chris Amon, assume una fondamentale importanza; la Ferrari è infatti reduce dalla concente sconfitta della celebre 24 Ore di Le Mans 1966, raccontata nel recente film 'Le Mans '66 - La grande sfida'. Questa pellicola, per quanto spettacolare, non mette di certo in luce il personaggio di Lorenzo Bandini. Per quanto rappresentato come portabandiera della Scuderia di Maranello, viene infatti ridotto all'antagonista dallo sguardo cattivo, spavaldo e sicuro della supremazia Ferrari. Ovviamente in quel frangente si mira ad esaltare la storica vittoria Ford, ma Bandini non era di certo quello. Era un ragazzo pacato, dal carattere mite e proprio per questo amato da tutti: un "pilota del popolo".

Carlo Luciani