C'erano una volta i piloti-playboy. Tempi lontani che per la Formula 1 di oggi appaiono quasi eroici, in cui i "cavalieri del rischio" dovevano preoccuparsi di spingere a fondo in gara e poi...liberi tutti. Figure ben distanti dal prototipo del pilota moderno: atleta e professionista a 360°, uomo-immagine di scuderie e brand multinazionali, in cui basta un passo "falso" per rischiare di mandare in...fumo una carriera. Eppure, la storia di questo sport narra di imprese leggendarie: anche al di fuori delle piste.

Diciamoci la verità. Il pilota da corsa ha sempre esercitato un fascino speciale nei confronti del gentil sesso. Forti del motto "il pericolo è il mio mestiere", nel corso dei decenni sono stati diversi i protagonisti del Circus che hanno alimentato delle vere e proprie leggende metropolitane in tal senso, conquistandosi la fama di veri e propri "sciupafemmine". Oggi, il solo Kimi Raikkonen rappresenta forse il trait d'union con le passate generazioni, almeno sino all'arrivo dell'austera Minttu. Ma il passato ci ha regalato dei fuoriclasse capaci di unire ai propri successi in pista anche quelli...tra le lenzuola.

I MITICI ANNI SETTANTA: DA HUNT A REGAZZONI

Un nome su tutti: James Hunt. La sua fama di playboy, evidenziata anche nel celebre film "Rush", è ben nota agli appassionati e alle appassionate. Dal matrimonio (consumato in fretta e furia) con la splendida modella Suzy Miller alle "maratone di sesso" con le hostess giapponesi, l'inglese rappresenta il vero prototipo di pilota anni '70, tutto "sesso, droga e rock'n'roll". Come non citare, ad esempio, il suo periodo trascorso alla Hesketh, il team divenuto noto più che per i suoi party "esclusivi" nel paddock a base di vini pregiati e fanciulle disinibite che per i suoi risultati in pista. Abitudini che comunque non gli impedirono di laurearsi campione del mondo nel 1976 e di affermarsi come uno dei piloti più veloci e talentuosi della sua epoca.

Sempre rimanendo negli anni '70, un posto di diritto tra i viveur del volante lo merita Clay Regazzoni. Colto e galante, il pilota ticinese (oltre ad andare forte in pista) amava anche la bella vita e le belle donne. Fu lui stesso, ad esempio, a raccontare ad Autosprint di uno strip-party improvvisato durante un volo verso il Sudafrica, quando convinse una passeggera a spogliarsi completamente nuda dopo avergli messo in testa...il proprio casco. Clay adorava anche danzare, passando in questo senso dalla samba in mutande nei locali di Rio sino al tango in smoking con Raffaella Carrà, durante una puntata di "Canzonissima".

CAVALIERI DEL RISCHIO E BOMBER DI RAZZA

Facendo un salto ancor più indietro nel tempo, non mancano gli esempi celebri di piloti-playboy. Da Mike Hawthorn, l'elegante britannico noto anche per il suo vezzo di gareggiare con il papillon, sino a Eugenio Castellotti, celebre anche per la sua storia d'amore con la soubrette Delia Scala. Per non parlare di Graham Hill, il due-volte campione del mondo (e conquistatore...seriale) che non di rado terminava completamente nudo le proprie feste con il team nei club inglesi.

Eppure, prima di arrivare agli austeri (ci risiamo...) giorni nostri, anche i mitici anni Ottanta e Novanta ci hanno regalato dei "bomber" mica da ridere. Su tutti trionfa Nelson Piquet, la cui leggenda parla di figli sparsi...sui cinque Continenti. Per lui, di certo non valeva la regola secondo cui fare sesso prima delle gare avrebbe portato ad un calo di...prestazioni, tutt'altro. Per quanto riguarda poi i colleghi, un posto di rilievo in quel periodo va assegnato tra i piloti-playboy anche ad Alessandro Nannini, René Arnoux e Keke Rosberg, giusto per citare alcuni nomi.

Nelson Piquet in compagnia di una modella nel 1986

Fino ai giorni nostri. Dove le grid-girls vengono bandite dagli schieramenti di partenza in nome del "politicamente corretto". Dove il pilota "casa e chiesa" rappresenta non soltanto la normalità, ma praticamente un obbligo imposto. E guai ad uscire dagli schemi: sponsor, team e...Social Network potrebbero non gradire. Con conseguenze facilmente immaginabili: perché per essere messi alla gogna (chiedere ad un certo pilota russo) basta davvero poco.

Marco Privitera