Il disegno espansivo della F1 targata Liberty Media vede il ritorno di Las Vegas in calendario già dal 2023. La nuova gestione del Circus vede una rapida espansione sul mercato americano, così come un veloce arricchimento delle date in calendario. La massima Formula sembra godere ottima salute per quanto riguarda gare e tracciati, tuttavia il quadro generale presenta qualche complessità da analizzare.

I tempi del Caesars Palace

Come annunciato in mattinata, la F1 tornerà a correre in quel di Las Vegas dalla stagione 2023. L'ultima volta che la F1 aveva girato nella città del Nevada, correva l'anno 1982, con Michele Alboreto vincente a bordo della Tyrrell - Ford. Ai tempi il GP veniva disputato nel parcheggio del Caesars Palace. Il caldo e, soprattutto, il risicato ritorno finanziario per lo stesso Caesars Palace Hotel ne hanno decretato l'abbandono dopo solo due edizioni (1981 e 1982).

La gara che vedremo nel 2023 (a meno di clamorose inversioni di marcia) non avrà niente a che fare con le gare del Caesars Palace: diversa location, diverso posizionamento (gara in notturna a Novembre) e diverso "polso della situazione" del rapporto tra F1 e USA. Spinto dall'entusiasmo generato dalle gare al COTA, il rapporto tra le due entità sembra virare verso il sereno, con ben tre gare sul suolo americano nel futuro prossimo venturo.

Azzardo a Las Vegas

Parliamo di Las Vegas, dunque possiamo asserire come la posta in gioco, per la F1 e gli Stati Uniti d'America, sia piuttosto alta. Per quanto riguarda i riscontri di pubblico sulla gara a Miami dovremo aspettare la prima edizione (che arriverà a breve). Soltanto in quel momento inizieremo a capire se effettivamente il pubblico USA ha "fame" di F1 o se i riscontri del COTA trovano giustificazione in un'alchimia che non può trovare eguali in altre location sul territorio.

All'oscuro di questi numeri, la F1 ha comunque giocato forte con Las Vegas, esponendosi doppiamente: l'ente promotore, Live Nation Entertainment, fa parte della galassia Liberty Media.

Numero critico

Nel 2022 la massima Formula dovrebbe correre 23 gare (lo slot del GP in Russia per ora rimane ancora con lo status di TBA). Per dare una dimensione tangibile parliamo di circa un terzo delle gare in più rispetto al calendario del 2007 o circa un quinto in più se guardiamo al 2017. Le scuderie, nel recente passato, hanno già evidenziato che una dimensione sempre più estesa del calendario sia insostenibile dal punto di vista finanziario e delle forza lavoro. L'entrata in vigore del cost cap, tra l'altro in forza nel momento in cui decollano i costi di materia prima e combustibili (dovuti all'invasione russa in Ucraina), non fa altro che esasperare la situazione.

Plausibilmente il calendario ha raggiunto una dimensione critica tale per cui nuove gare non possono trovare posto. Giocoforza, l'ingresso di una nuova location di gara potrebbe escludere l'inserimento di un'altra. Se tale ragionamento fosse effettivamente verificato nei fatti, chi andrebbe a fare spazio per la gara di Las Vegas? Chi potrebbe liberare uno slot per far rientrare una gara in Africa, come da piani sul medio termine dichiarati da Stefano Domenicali? La domanda, seppure dettata dalla speculazione, è lecita, vista la relativa facilità con cui nuovi tracciati presentano candidatura, trovano approvazione per il calendario e realizzano i progetti.

Soldi e story-telling

Come abbiamo visto durante il lock-down del 2020, la F1 moderna ha un disperato bisogno di girare il più possibile per "generare" ritorno economico. La scelta di estendere così tanto i calendari va letta in quest'ottica e nell'ottica di un allargamento del bacino di pubblico a cui vendere il "prodotto" F1. Da questo punto di vista risulta comprensibile anche l'inserimento in calendario di tracciati come quello di Jeddah, con tutto il relativo contorno di problematiche, e la necessità di tirare avanti nonostante esplosioni a pochi km di distanza dal tracciato.

Las Vegas, notoriamente meta "pacchiana" su tanti livelli, rappresenta l'esempio perfetto di questa mentalità. La gara del sabato sera passa davanti al Bellagio e alla finta Torre Eiffel e costruisce uno story-telling più vendibile al nuovo pubblico. Questo pubblico è meno hardcore e meno collegato all'idea di una F1 che vende il prodotto quasi esclusivamente grazie al proprio contenuto sportivo. Potenzialmente, a ruote ferme e senza aver visto nemmeno un metro di gara, tutto questo marasma di nuove location potrebbe portare all'estromissione di tracciati storici.

Spa-Francorchamps, ad esempio, ha una scadenza di contratto piuttosto vicina nel tempo. Se, per assurdo, la gara del Belgio fosse immolata sull'altare di una nuova location tipo Las Vegas, la F1 ne trarrebbe giovamento? Potremmo ancora parlare di pinnacolo dello sport motoristico o dovremmo parlare di punto più alto di intrattenimento motoristico? Ai posteri l'ardua sentenza.