Sono passati sette anni dalla scomparsa di Jules Bianchi. Il pilota francese ha lasciato un vuoto incolmabile nel Circus, ma soprattutto in casa Ferrari. Rimane tutt’oggi uno dei più grandi rimpianti dei tifosi della Rossa quello di non aver mai potuto vedere Bianchi alla guida di una monoposto del Cavallino Rampante come pilota titolare.

UN PERCORSO PREDESTINATO

Jules fu il primo prodotto della neonata Ferrari Driver Academy, ingaggiato dalla Scuderia nel 2009 e messo dopo pochi mesi alla guida della F60 in un test. Dopo il 3° posto in GP2 nel 2011 passò in Formula 1 nel 2013 alla guida della Marussia, in seguito ad una parentesi come tester in Force India.

Una squadra che non poteva mostrare in toto il talento del francese a causa degli importanti limiti tecnici, ma qualunque appassionato di questo sport ricorda l’impresa compiuta a Monaco nel 2014, portando la squadra russa per la prima volta in zona punti.

IL LEGAME CON LECLERC ED IL RAPPORTO CON GLI ALTRI PILOTI FDA

In attesa di un posto libero, Jules faceva di tutto per crescere e farsi notare. L’approccio al lavoro, i test: si potrebbe dire che la strada era destinata verso la Ferrari, poiché il transalpino sarebbe stato il primo pilota in Rosso proveniente dall’Academy. Il caso vuole che quest’ultimo sia Charles Leclerc, il quale ha continuato la sua carriera grazie al supporto di Bianchi. I due si sono conosciuti nel 2010 ed il loro legame è diventato sempre più stretto. Nicolas Todt, allora già manager del francese ha iniziato il suo percorso (che perdura ancora oggi) con l’attuale pilota Ferrari.

Separarsi da Jules è stato difficile per Charles, come per gli altri piloti della FDA del tempo, i quali portano con affetto il numero 17 sul loro casco. Tra questi sicuramente troviamo Raffaele Marciello, tra i più vicini a Bianchi ai tempi dell’Academy Ferrari.

L’ultima guida di una monoposto Ferrari fu durante la seconda giornata di test a Silverstone, conclusa peraltro con il miglior crono alla guida della F14-T. Un modo dolceamaro per ricordarlo, con quel rimorso di non averlo mai potuto vedere vestito di Rosso, ma con quel numero 17 che sarà per sempre suo.

Antonio Fedele