Il prossimo GP di Abu Dhabi vedrà il team Haas raggiungere l'importante traguardo delle cento gare disputate nella massima Formula. La storia di Gene Haas, proprietario della scuderia e fondatore della Haas Automation (nome noto tra i produttori di macchine utensili a controllo numerico), incarna il sogno americano. Alla vigilia del centesimo via, possiamo dire lo stesso della scuderia che corre in Formula 1?

Il ritorno di una scuderia americana

Il nome di Gene Haas non è una novità nel mondo delle corse, data la presenza in NASCAR del team Stewart-Haas Racing. Con esperienza nell'ambiente e già nell'elenco dei fornitori della Ferrari, la scuderia Haas fa il suo esordio nel Campionato del 2016. Il ritorno di una scuderia americana sulla griglia della massima Formula è un evento che sancisce un nuovo feeling tra il Circus e gli USA (mercato sul quale la F1 non ha mai veramente sfondato).

Tratto caratteristico della scuderia americana, sin dagli esordi, risulta essere il forte contributo di componentistica Ferrari a bordo delle proprie monoposto (con relative polemiche tecniche riguardanti similitudini sospette sorte... ben prima dell'affaire Racing Point).

Cinque stagioni sulle montagne russe

Alla vigilia del GP numero 100, in casa Haas il palmarès indica un totale di 200 punti conquistati. Il concetto di "montagne russe" descrive bene lo storico delle prestazioni relative alla scuderia americana, caratterizzato da due fattori dominanti.

Il primo, discusso durante la puntata de #lanostraf1 dedicata al GP del Portogallo (e sottolineato dal nostro ascoltatore Ontrya Senna), riguarda l'affidabilità. Dall'esordio ad oggi, in Haas hanno sommato una cinquantina di DNF (tra ritiri, squalifiche e non partenze). Nel medesimo periodo di tempo, in Mercedes AMG lo stesso conteggio si ferma a circa un quinto.

Il secondo, Mondiale 2020 a parte, è il calo endemico nelle prestazioni man mano che le stagioni avanzano. Come spiegare un andamento del genere? Consideriamo questo fatto: le monoposto Haas vengono progettate a Kannapolis (North Carolina, quartier generale della scuderia), Dallara pensa alla loro realizzazione, mentre lo sviluppo aerodinamico avviene con la galleria del vento Ferrari. Un "giro" tecnico del genere rende l'idea di come sia poco agevole l'attività di sviluppo.

Il futuro

Dal punto di vista finanziario, la stretta commerciale imposta dal Coronavirus nel 2020 ha lasciato qualche strascico in casa Haas. Possiamo ipotizzare che la risoluzione dello sgangherato accordo con Rich Energy nel 2019 abbia contribuito in maniera nociva sulle finanze del team.

Realisticamente, non possiamo parlare dei primi 100 GP della Haas in modo entusiasmante. A parte il pirotecnico Guenther Steiner e qualche giorno di gloria, non abbiamo molto altro da aggiungere. Non c'è nulla di scandaloso in tutto questo, perché in un mondo competitivo come la Formula 1, può succedere. Eppure il futuro può riservare prospettive interessanti.

Portare in pista Mick Schumacher nel 2021, oltre al ritorno di immagine, fidelizzerà il rapporto con Ferrari. La prospettiva di un percorso speculare a quello di Leclerc con l'Alfa Romeo Sauber nel 2018 rappresenta un'ottima moneta di scambio in un rapporto "do ut des" con Maranello.

Magari tra cento GP parleremo di Haas come junior team o scuderia fortemente associata alla Ferrari. Il futuro incerto dell'Alfa Romeo Racing e le congiunzioni attuali che hanno reso possibile (e pensabile) il recente cambio di casacca di Simone Resta sembrano dare forza al concetto.

Mutuando l'immagine dal linguaggio calcistico, in Haas hanno potenzialmente tra i piedi una palla giocabile. Il team americano dovrà sfruttare bene l'occasione, cominciando proprio dalla gestione del pasticcio creato da Nikita Mazepin su Instagram.

Luca Colombo