L'anno è il 2001 e il giorno è domenica 19 agosto: mentre in tutta Italia impazza uno dei tormentoni musicali più diabolici mai pubblicati nella storia dell'umanità, Schumi vince il suo quarto mondiale in carriera, alla guida di una Ferrari che, quel giorno, porta a casa il Costruttori.

Tormentoni e ferragosto

Nel 2001 l'industria musicale italiana trova (chissà quanto volutamente) la quadratura del cerchio per coprire il mercato dei tormentoni estivi nazionali. Il risultato della quadratura è "Tre parole" di Valeria Rossi, un prodotto mefistofelico dove un'appiccicosa melodia incontra un testo mellifluo, al limite dell'illegale, che tutti ricordiamo per il ritornello: "Dammi tre parole / Sole, cuore e amore". Alla fine dell'anno sarà secondo nelle classifiche dei singoli dietro "Can't get you out of my head" di Kylie Minogue. E per dirla tutta, potremmo anche salutarci qui.

La settimana di ferragosto, negli Anni Novanta e nei primi Anni Duemila, rappresenta il climax per i tormentoni musicali, trascinati dal carrozzone del Festivalbar. Sempre in quegli anni, per i tifosi di Formula 1, la settimana di ferragosto significa una sola cosa: il GP all'Hungaroring. A Budapest come si parte si arriva, ma qualcosa può sempre succedere. Nel 1997, Hill sfiora la vittoria con la TWR. Nel 1998 Schumacher e la Ferrari mettono in scena una delle gare più leggendarie del duo.

Ungheria

Di solito l'Ungheria non decide nulla per quanto riguarda il campionato, ma abbiamo un precedente d'epoca recente. Nel 1992, Nigel Mansell e la Williams - Renault fanno piazza pulita degli avversari, portando a casa l'alloro iridato. Un alloro con un retrogusto amaro, per dirla tutta, perché la scuderia di Sir Frank non ha rinnovato il contratto al Leone per l'anno successivo.

Domenica 19 agosto 2001, dammi tre parole: Schumi, Ferrari e mondiale. Schumacher arriva a Budapest con 37 lunghezze di vantaggio su Coulthard. Il 2001, per la cronaca, è una stagione in cui i Gran Premi sono ancora un numero ragionevole, diciassette, posizionati tra inizio marzo e metà ottobre. Dopo l'Hungaroring ci saranno ancora quattro GP da correre. Basta un +3 alla fine del GP per chiudere aritmeticamente i conti.

La Ferrari dell'epoca non ha bisogno e non cerca alchimie di punteggio. Schumacher è ben coadiuvato dalla F2001 e i rivali si portano via punti importanti a vicenda, tanto che il 26 pari dopo quattro GP con Coulthard è diventato un +37 al tredicesimo. Con lo schema di punti "a bassa inflazione", 10-6-4-3-2-1, la strada per il titolo è solo una. Vincere. Schumi centra la pole, vince la gara e con Barrichello in seconda posizione arriva sia il Titolo Piloti che il Titolo Costruttori.

Retrospettiva e nostalgia canaglia

In retrospettiva il 2001 avrà il carattere di anno - baricentro. Per Schumi farà da punto centrale nella sua esperienza in Ferrari come pilota titolare (dal 1996 al 2006) e in carriera sarà equidistante nel conteggio dei sette titoli mondiali. Schumacher, con il quarto titolo, eguaglia il record di Prost, l'unico che ai tempi aveva osato avvicinarsi ai cinque mondiali di Fangio, un limite considerato allora quasi sacro ed inviolabile.

Se dopo Suzuka 2000 rimarrà scolpita nella storia la frase di Todt a Schumacher, quella per cui "le cose non potranno più essere le stesse", al netto del messaggio d'amore nel team radio di Michael a fine gara verso la propria scuderia, rimane una massima di Nigel Mansell (in una specie di eterno ritorno all'Hungaroring). L'inglese dichiarò: "Se la Ferrari dovesse mantenere l'impeto che ha attualmente e dato il personale...allora non riesco a vedere nessuno fermarli per i prossimi anni, a meno che qualcuno non trovi il pacchetto perfetto".

La storia dirà che le parole del Leone sono state profetiche e la nostalgia canaglia (tanto per buttare nella mischia un'altra citazione canora) fa ricordare quell'era come un periodo tutto sommato felice, nonostante i discutibili tormentoni. Di lì a poco con l'attentato dell'undici settembre le cose sarebbero cambiate radicalmente e vent'anni dopo, come tifosi, ci troviamo orfani di una Ferrari vincente. Per non parlare di quanto ci manchi Schumi.

Luca Colombo