Ferrari è andata in Ungheria con la volontà di rilanciarsi nuovamente per le speranze mondiali con una doppietta. Team principal e piloti all'unisono invocavano la possibilità di rivalsa dopo il gran premio di Francia. Ciò che la scuderia di Maranello ha ottenuto, però, non è neanche un podio: game over iridato. Il gran premio d'Ungheria ha messo in luce ancora una volta le problematiche del team, a cominciare dalle dichiarazioni discordanti di team principal e piloti.

Discrasia ai microfoni

Secondo Mattia Binotto, i problemi della Ferrari non sono collegati alle strategie, ma piuttosto al passo scadente della F1-75. "Ci aspettavamo un risultato diverso. Oggi la macchina non ha funzionato. Sento parlare di strategie, ma non esistono problemi di strategia, semplicemente in queste condizioni la F1-75 non ha funzionato. Forse le bianche non erano le gomme giuste, lo ammetto, ma il tutto va ricollegato alla performance della macchina". Mattia Binotto non solo non ha fatto autocritica, ma ha difeso le scelte del muretto, pur correggendo il tiro. Linea di pensiero condivisa da Carlos Sainz, che ha lamentato evidenti problemi di settaggio della vettura, oltre che il pit stop lento.

Charles Leclerc, tuttavia, non è dello stesso parere: "Non sono contento, ovviamente. Nel primo stint andava tutto bene, la macchina aveva il passo sulle medie, e così anche nel secondo stint tanto che ho chiesto di allungarlo. Alla fine abbiamo deciso di andare sulle hard e abbiamo perso tantissimo tempo. Devo parlare con la squadra, per migliorare." Poche parole sulla strategia, facendo ben comprendere però come la scelta delle mescole dure sia stata scellerata.

Due opinioni contrastanti che fanno pensare ad un problema ancora più grande in casa Ferrari: l'inadeguatezza, l'immaturità e la fragilità del team. La forza della vettura ha portato grandi speranze di rivivere una stagione gloriosa come quelle del passato. Speranze che ci si aspetta da un tifoso e appassionato, non di certo da chi lavora per inseguire quell'obiettivo, quel sogno. Bisogna essere realisti, obiettivi, essere consapevoli dei propri limiti, ammettere i propri errori. Avere onestà intellettuale.

Che si vinca o si perda, in Formula 1 lo si fa insieme: in pista scende sì il pilota, ma alle sue spalle c'è un intero team pronto a preparare la vettura, a decidere la strategia migliore. In Ferrari, però, soffrono la pressione, hanno paura di rischiare e sbagliare: tutti elementi fatali in uno sport in cui le decisioni devono essere prese al momento. E il team sbaglia, commette errori che ultimamente stanno diventando troppo frequenti.

In Ferrari c'è onestà intellettuale?

Qualsiasi sia il tipo di errore, una cosa è certa: quando viene commesso, la cosa migliore da fare è riconoscerlo e provare a porvi rimedio. Non scusarsi per un errore fatto è un altro errore. Ammettere di aver sbagliato, perciò, è un pregio, è fare la cosa giusta. Come detto da Confucio, però: “Non ho mai conosciuto un uomo che vedendo i propri errori ne sapesse dar colpa a se stesso.” Mattia Binotto ha impersonificato l'uomo descritto dal filosofo nelle dichiarazioni post gara difendendo i suoi uomini per proteggerli dalle critiche e prese in giro diffusesi tra tutti gli appassionati e protagonisti di motorsport (primi fra tutti, i piloti a podio).

La questione, però, non è "imparare dai propri errori". Nessuno nel team vuole ammettere che gli errori commessi sono per incompetenza. Non c'è lucidità di analisi, non c'è nulla se non una continua arrampicata sugli specchi con giustificazioni che fanno acqua da tutte le parti, ridondanti e stucchevoli. È così da anni e così è successo a Monaco "Peccato, si poteva fare meglio", Silverstone "Ha comunque vinto Sainz. Leclerc penalizzato da circostanze esterne". Non c'è ammissione di colpa, il nulla totale.

Gli errori continuano, e Mattia Binotto, ancora una volta, indossa le vesti dell'ingegnere, anzichè del team principal, quale è. Un team principal deve prendersi le sue responsabilità essendo responsabile della squadra. Deve ammettere gli errori commessi senza cercare scuse facilmente smontabili e senza puntare il dito sui colleghi. Perchè a questo punto non sei il parafulmine, lo scudo: semplicemente menti a te stesso, e agli altri.

In Ferrari, però, non solo Binotto mente a sè stesso. Lo fanno anche i piloti. Primo fra tutti Charles Leclerc che, al termine del gran premio di Francia aveva detto: "Mi prenderete per matto, ma per me è ancora tutto possibile". Certo, forse è per caricarsi, è quell'ottimismo che caratterizza il pilota e che gli consente di andare a più di 300 km/h ogni weekend. Lui ci crede, ma visto il continuo aumentare del gap sul leader Max Verstappen che in questa stagione sta sbagliando davvero poco, è ancora lecito farlo? Sarebbe il caso di essere realisti. Giusto provarci, la realtà dei fatti, però, è un'altra.

Si dice che errare è umano e perseverare è diabolico, ecco perciò che Ferrari deve imparare velocemente. E, soprattutto, è arrivato il momento di essere umili. Di accettare le critiche, fare autocritica e ripartire per conquistare il secondo posto nella classifica costruttori. Perchè ormai è rimasto solo quello: ne va della propria dignità, per la Rossa, da preservare con umiltà.

Non è più il tempo di capire, ma di agire.   Anna Botton