La Scuderia Ferrari aveva iniziato il campionato di F1 2022 mettendo in scena delle prestazioni che la proiettavano virtualmente verso la vittoria di entrambi i titoli. Sfortunatamente, per i tifosi della scuderia, durante la stagione gli eventi hanno preso una piega totalmente differente. Come considerare dunque il 2022 della Rossa? Dove e perché la Ferrari ha perso il mondiale?

I numeri

I risultati delle prime gare vedono un avvio bruciante: doppietta schiacciante nel GP di apertura in Bahrain e sequenza primo-secondo-primo di Charles Leclerc nelle prime tre gare. Nel fine settimana di Imola parte una flessione nei risultati, dovuta a qualche errore e problemi tecnici. Nella prima settimana di luglio la Ferrari F1-75 suona la carica due volte (a Silverstone e al Red Bull Ring), ma dalla Francia in poi la Rossa conta nove arrivi a podio.

Una miseria, considerando le dichiarazioni che prefiguravano una Ferrari molto competitiva nell'ultima parte di campionato. Per un momento a Maranello hanno accarezzato l'idea di ricalcare quanto accaduto nel 2007, con una Rossa capace di ricucire lo strappo con la Red Bull, già in fuga prima della pausa estiva. La storia del campionato, invece, vede una scivolata nelle prestazioni e l'allungo decisivo della Red Bull nel trittico di Spa-Francorchamps - Zandvoort - Monza. La scuderia che ha dominato la primissima fase di campionato dovrà difendere il secondo posto nel Costruttori e nel Piloti (con Leclerc) fino all'ultima gara. Una situazione paradossale.

Lezioni impartite, ma non recepite

Per quanto possa valere un'analisi proveniente dall'esterno, a Maranello hanno uno storico consolidato di "lesson learnt"...non recepite. Prendendo spunto da esempi recenti (2017 e 2018 su tutti) per rimanere in linea di galleggiamento con i requisiti di una corsa verso il titolo, a Maranello non dovevano ripetere gli stessi, ormai ricorrenti, pasticci in tre macro-aree: capitalizzare le occasioni, sviluppo tecnico ed errori individuali e/o collettivi. Va sottolineato come queste tre aree abbiano dei confini ben definiti, ma, come spesso accade in F1, esiste una sovrapposizione di effetti.

Capitalizzare le occasioni

Il deludente rapporto tra pole position e vittorie fornisce un buon punto di partenza nella nostra disamina. Prendiamo il GP a Montecarlo: occupazione completa della prima fila in qualifica, non trasformata nella vittoria in gara. Questo evento fornisce la dimensione di quanto in Ferrari non abbiano avuto un'efficienza ottimale nel capitalizzare le occasioni costruite per strada. Questa scarsa efficienza trova un forte riverbero, ad esempio, nel conto dei ritiri per noie tecniche: statisticamente paragonabili a quelli della Red Bull, risultano più significativi in termini di punteggio. Tornando indietro con la memoria, il ritiro di Leclerc in Spagna ha dato il primo via libera al dilagare della scuderia di Milton Keynes.

Sviluppo del progetto

Lo sviluppo tecnico rappresenta oramai un tasto endemicamente dolente in casa Ferrari. Quest'anno Da una parte abbiamo un'area nebbiosa, ovvero il contributo "nocivo" dalla DT039. L'impatto sul progetto della direttiva non ha mai avuto contorni ben definiti, così come non abbiamo ben capito se e quanto la Rossa abbia subito politicamente la direttiva tecnica attuata in corso d'opera.

Quello che sappiamo, tra l'altro già commentato nel dettaglio in precedenza, riguarda una battuta d'arresto nella correlazione tra la realtà e la modellizzazione, contestuale all'introduzione della nuova specifica di fondo sulla Ferrari F1-75 (in Francia). Inspiegabilmente, mentre la Mercedes ha lavorato (con successo) su un allineamento con i dati raccolti in pista, Ferrari ha imboccato il senso opposto. Secondariamente, l'allocazione delle risorse ha fatto sì che lo sviluppo tecnico trovasse un'interruzione "precoce" dovuta ai dettami del cost-cap. Anche qui vale la pena chiedere per quale motivo Mercedes abbia messo in atto una pianificazione migliore e perché la Ferrari no.

Errori individuali e collettivi

Infine arriviamo alle dolenti note degli errori individuali e collettivi. Errare è umano, perseverare è diabolico. L'errore di Leclerc in Francia, forse il momento più evidente da questo punto di vista, è stato molto grossolano. I piloti dovrebbero avere un campionario di errori limitato, tuttavia l'incidenza dell'errore in pista diventa statisticamente più alta se un pilota deve spingere un mezzo che tecnicamente non è a punto come quello della concorrenza.

Le strategie elaborate dal muretto box, invece, meritano un capitolo a parte. La gara in Ungheria esemplifica bene un problema ormai noto da tempo. In un circuito dove le F1 non sorpassano, in Ferrari non hanno capitalizzato il risultato delle qualifiche, andando a scrivere un nuovo capitolo nel libro delle strategie evitabili. Qui il problema stratifica su più livelli. Innanzitutto le altre scuderie "chiamano" strategie consistentemente meglio rispetto alla Rossa. Secondariamente, lo "stratega da salotto" spesso fornisce un'interpretazione più semplice e migliore della situazione di pista di quanto faccia il box.

Quest'ultimo punto rappresenta un concetto molto delicato. La differenza tra chi decide dalla comodità della propria poltrona e chi lo fa in pista risiede nella responsabilità delle decisioni. Il tifoso da casa non ha nessuna responsabilità e non ha nemmeno la mole di dati unita alla potenza di calcolo a disposizione del muretto Ferrari. A Maranello dovrebbero assumere chi lancia le proprie strategie su Twitter? Ovviamente no, ma questa sfumatura sottolinea un inghippo di tipo procedurale e, visto l'andazzo degli ultimi anni, ancora una volta endemico.

Dove e quando la Ferrari ha perso?

Abbiamo esplorato i perché della debacle Ferrari di quest'anno, ora non rimane che capire dove e quando tale scivolone ha avuto origine. Fondamentalmente la Ferrari ha perso il treno per i titoli in F1 nel momento in cui ha messo nero su bianco gli intenti ed aspettative per l'anno in corso.

Con tutta probabilità, come chiarito in una dichiarazione di Mattia Binotto a metà campionato, a Maranello, nel 2022, non hanno mai considerato di salire quel treno. La pianificazione aziendale va rispettata e, alla luce del roboante zero vittorie del 2020 e 2021, il 2022 va ricordato come uno degli anni migliori della Scuderia.

Per i tifosi che seguono l'illusoria impalpabilità di qualsiasi segnale per aggrapparsi al sogno del titolo mondiale, sentire le dichiarazioni di John Elkann (rilasciate nel fine settimana di Monza) equivale a farsi dire che su quel treno la Ferrari non vuole salire nemmeno nel futuro a breve termine. Arrivati a questo punto bisogna trovare soluzione ad un dilemma: questa "non volontà" è figlia di un investimento sul futuro o è una limitazione di visione dei piani più alti della dirigenza? Ai posteri l'ardua sentenza.

Luca Colombo