Mettiamo da parte per un momento il tanto sbandierato orgoglio nazionale e diciamocelo chiaramente. Stefano Domenicali (e con lui Liberty Media) stanno imprimendo alla Formula 1 una direzione ben lontana rispetto a quella desiderata dai tifosi. Le ultime esternazioni del numero uno della società che gestisce il Circus, infatti, sono quantomeno "allarmanti" sotto svariati punti di vista. Andiamo a vedere quali.

Questione circuiti: che fine faranno i templi del motorsport?

“Il circuito di Le Castellet non sarà in calendario nel 2023”, ha dichiarato Domenicali. Fin qui poco male: la pista transalpina, soprattutto nella sua configurazione attuale, non ha mai fatto impazzire praticamente nessuno. I problemi iniziano alle parole successive: “Stiamo lavorando con gli stakeholder del GP di Francia per organizzare, magari già dal 2024, la gara su un circuito cittadino ricavato a Nizza”.

Ci risiamo: ma con (ad esempio) Magny Cours omologata, perché andare a correre sull'ennesimo cittadino? Se ciò dovesse avvenire, si ricadrebbe ancora una volta in quella spettacolarizzazione artificiale che uccide il motorsport, come quell’orrida messa in scena che è la finta...marina di Miami. In pratica, si guarda al contorno: il succo, ovvero il tracciato, finisce per passare in secondo piano nell'ottica di monetizzazione dell'evento.

Sempre a proposito di piste, la situazione d'incertezza legata a circuiti storici come Spa e Monza continua a suscitare il malcontento dei fans. È vero, si tratta di impianti con infrastrutture non propriamente all'avanguardia ed in grado di offrire budget non comparabili a quelli dei "nuovi mercati". Però rimangono tra gli ultimi circuiti sui quali i piloti possono fare la differenza, suscitando nel pubblico emozioni altrimenti non replicabili. Se si dovesse correre solo su 'tilkodromi' e circuiti cittadini senz'anima, allora sì che la situazione finirebbe per diventare drammatica dal punto di vista sportivo: altro che “strutture poco aggiornate”!

No a Andretti: una Super League a quattro ruote

Ma l'aspetto forse più controverso delle ultime dichiarazioni di Domenicali riguarda la chiusura delle porte ai nuovi team in ingresso. “Credo che al momento non ci sia una necessità urgente di aumentare il numero di squadre per avere un vantaggio immediato come Formula”. Traduzione: meglio spartirsi la torta in dieci che in undici o dodici. Concetto già praticamente espresso più volte da Toto Wolff, e messo in pratica da Liberty.

Si tratta, in pratica, di un’ennesima porta in faccia a Andretti, che aveva recentemente presentato il progetto della nuova sede in Indiana. Ora, premesso che il team americano farebbe bene in primo luogo a sistemare i propri problemi in IndyCar, queste dichiarazioni vanno nella direzione opposta a quello che è sempre stato lo spirito della competizione in F.1. Se il Circus è diventato grande, lo deve certo a Ferrari, Mercedes, Alfa Romeo, Renault e tanti marchi, ma anche a nomi come McLaren, Williams, Tyrrell e, perché no, Minardi.

Parlare del concetto di “vantaggio come Formula” è profondamente sbagliato, una specie di onda lunga della gestione ecclestoniana che pensavamo di esserci lasciati alle spalle, ma che continua ad imperare. Davvero un team che abbia le strutture e i quattrini per entrare in Formula 1 non può farlo perchè la categoria è diventata a "numero chiuso", a meno di non chiamarsi Porsche o Audi?

Dieci team, venti vetture: saremo costretti a questa miseria ancora per tanto. Un sistema aperto sarebbe certamente più sostenibile (altro che le ciarle su carburanti eco-friendly e specchietti per le allodole vari) e più interessante per gli appassionati veri: ma questo non sembra interessare all’establishment, team compresi.

24 gare, meno prove libere

Il target per la prossima stagione sarà quello di arrivare ad avere 24 gare in programma. Non si tornerà in Russia, ma si andrà a Las Vegas, e di Spa non v’è certezza. Con buona pace del valore delle corse, oltre che della salute di chi vi lavora all’interno. Se 22 gare sembrano già tante, due in più sono una follia; ne sono consapevoli tutti, al di là delle dichiarazioni di facciata, ma, come si dice, “pecunia non olet”.

Infine, la bordata finale: “Le prove libere sono molto interessanti per gli ingegneri ed i piloti, ma alla fine credo sia più interessante lottare per qualcosa, per un obiettivo”. Verrebbe da ridere, se non fosse che Domenicali lo ha detto davvero. Non basta aver ridotto a zero i test, ora si vogliono togliere anche delle sessioni fondamentali in cui i piloti possono veramente provare la vettura e i suoi sviluppi. Ebbene sì, la F.1 sarà sempre di più l’unico sport al mondo in cui non ci si può allenare: roba da matti!

I numeri sono positivi, ma in futuro?

Ora, qui nessuno è cieco. Da un punto di vista numerico e “marketing oriented”, Domenicali e soci stanno facendo un lavoro sontuoso. Netflix e la presenza di campionati e gare combattute fino all’ultimo danno sicuramente una bella mano, così come il ritorno di una Ferrari competitiva e in lotta per il titolo. Certamente gli autodromi pieni sono una gran bella cosa, ma di questo bisogna soprattutto ringraziare gente come Hamilton, Verstappen e Leclerc, e con loro tutti gli altri.

Questo, però, non deve farci perdere il bello del motorsport, che non sono certo né i fumogeni né le barche finte. Le piste, le macchine, il rumore, gli errori, i sorpassi (quelli veri, no DRS, per intenderci): questo vogliono vedere i race fans, altro che cantanti e attori più o meno vistosi che girano nel paddock, non distinguendo una gomma da una scatola del cambio. Domenicali e Liberty Media, oltre che la FIA, pensino bene a come vogliono impostare il proprio lavoro: prima o poi, la realtà verrà a galla, e bisognerà fare i conti con essa.

Nicola Saglia