Sono trascorsi esattamente trentacinque anni da una gara destinata ad entrare nella storia. Per motivi non esclusivamente sportivi, nonostante il calibro dei protagonisti allora impegnati in quell'afosa domenica di agosto. Perché il Gran Premio d'Ungheria 1986 segnò non soltanto l'avvento della Formula 1 sul nuovo tracciato di Budapest, ma rappresentò anche un evento altamente simbolico dal punto di vista politico. Esattamente come il concerto dei Queen, svoltosi proprio a Budapest soltanto pochi giorni prima.

UN MIX INEDITO

Formula 1, rock e politica. Un connubio alquanto insolito, ma che trovò in quelle giornate estive una concentrazione di eventi tale da rappresentare una vera e propria svolta epocale, sotto diversi punti di vista. Una ventata di novità in grado di scardinare schemi e confini, ideologici e culturali. Perché, in un certo senso, nessuno dei tre mondi fu più uguale a prima.

Superata la prima metà degli anni Ottanta, la Repubblica Popolare d'Ungheria si trovava alle prese con i primi timidi tentativi di attuare delle riforme di carattere socio-economico, pur continuando a rimanere sotto la stretta osservazione del regime comunista sovietico. Erano infatti ancora assai recenti gli echi della Rivoluzione del 1956, soffocata poi nel sangue con l'invasione dell'Armata Rossa e gli eccidi di massa tra gli oppositori al regime. Una pagina drammatica che però non aveva spento la sete di "democratizzazione" presente nel popolo ungherese, la quale sarebbe poi sfociata il 23 Ottobre 1989 nella nascita della Repubblica d'Ungheria.

DAI QUEEN ALLA FORMULA 1

Tra i passaggi-chiave di questo lento, ma inesorabile processo vi fu appunto quell'estate del 1986. La quale vide, nel giro di un paio di settimane, la capitale Budapest ospitare due eventi che avrebbero segnato la storia, nonché rappresentato un passo decisivo per avvicinare il Paese al mondo Occidentale. Da un lato, lo sbarco dei Queen. La più celebre rock-band inglese, che per prima decise di sfidare la cosiddetta "cortina di ferro" esibendosi al Nepstadion davanti ad una folla da sold-out. Dall'altro, il primo Gran Premio di Formula 1 in un Paese dell'Est europeo, in programma sul nuovo tracciato dell'Hungaroring.

Non soltanto per la popolazione locale, ma anche per i Paesi orbitanti nel blocco sovietico, si trattava di una vera e propria rivoluzione "culturale". Lo show-business del mondo Occidentale per la prima volta incontrava un mondo ancora alle prese con le rigide imposizioni di un regime ormai fiaccato dal peso degli anni, ed in grado di non saper più reggere il confronto con la ventata di novità e democrazia rappresentata da un modello sino ad allora antitetico.

UNO SHOW "REGALE"

Lo spettacolo fu davvero unico, in entrambe le occasioni. I Queen, guidati da Freddie Mercury, arrivarono sontuosamente in città a bordo di un aliscafo lungo il Danubio. Nei giorni seguenti, il batterista Roger Taylor si cimentò su un go-kart proprio sul tracciato che di lì a poco avrebbe ospitato la gara. Contemporaneamente, Freddie e Brian May riservarono una sorpresa particolare per il pubblico, preparando un'inedita versione del canto popolare "Tavaszi szél vizet àraszt". Il tutto si risolse in un vero e proprio trionfo artistico, certificato dall'ovazione delle quasi 80mila persone presenti nello stadio di Budapest.

Passarono soltanto due settimane prima di poter ammirare i bolidi del Mondiale di Formula 1 nel Paese allora guidato da Janos Kadar, fedele servitore dell'URSS e capo del Partito Socialista Operaio Ungherese. In una stagione caratterizzata dal confronto tra il campione in carica Alain Prost, il duo Williams formato da Nigel Mansell e Nelson Piquet, sino al giovane arrembante Ayrton Senna, il fine settimana ungherese entrò nella storia anche per la celeberrima foto che immortalò i quattro contendenti al titolo, grazie ad una semplice ma geniale intuizione di Bernie Ecclestone.

IL CAPOLAVORO DI PIQUET

La gara, poi, riservò uno dei sorpassi più memorabili nella storia della Formula 1. Dopo la pole position conquistata da Senna in 1:29.450, l'asso brasiliano della Lotus si ritrovò alle prese con la rimonta del connazionale Piquet nella seconda parte della corsa. Nonostante le difficoltà di attuare una manovra di sorpasso ed un primo tentativo andato a vuoto, il pilota della Williams riuscì letteralmente ad inventarsi un attacco all'esterno lungo il rettifilo principale. Piquet arrivò alla prima curva staccando al limite, riuscendo incredibilmente a controllare la vettura con una manovra quasi di stampo rallystico. Un vero e proprio capolavoro che consentì al carioca di involarsi verso la vittoria e precedere l'odiato rivale sul traguardo.

Fu un'epoca irripetibile. Due momenti tanto diversi, ma al tempo stesso così uguali. Capaci di rappresentare un punto di non ritorno, e segnare un passaggio decisivo in quel percorso che avrebbe poi condotto alla caduta del regime sovietico e dei retaggi del secondo conflitto mondiale. Una storia di sport, musica, cultura. Ma, soprattutto, di speranza nel futuro.

Marco Privitera