Prima di Alberto Ascari e della sua leggenda, c’è il padre Antonio che per primo diventa pilota, in un’epoca in cui la F1 è ancora lontana. Antonio Ascari condivide con il figlio sia la passione per le corse, sia la tragicità del numero 26.

Antonio nasce a Verona nel 1888 e fin da piccolo ripara i trattori, per poi passare alle macchine: lavora prima alla De Vecchi e poi all’Alfa Romeo. Guidando proprio un’Alfa Romeo, Ascari debutta nel 1911, ma subito è costretto a fermarsi per l’inizio della Prima guerra mondiale.

Il vero inizio della sua carriera come pilota è nel 1919, quando su una Fiat Grand Prix 4500 vince la cronoscalata Parma-Poggio di Berceto. Seguirono un'altra vittoria nella cronoscalata della Consuma e la partecipazione alla Targa Florio. Il primo tentativo si conclude con un ritiro: Antonio parteciperà altre tre volte alla Targa, ma senza cogliere il tanto agognato successo. Il suo miglior risultato è quello del 1923 con il primo posto di classe e il secondo posto assoluto.

In quella occasione Ascari è primo, ma l'auto si rompe poco prima del traguardo ed è superato dal compagno Ugo Sivocci. La Targa Florio sarà il trampolino di lancio di Ascari e l'Alfa Romeo con cui comincia a cogliere i primi risultati nel 1923, con la vittoria all'autodromo di Cremona.

Quell'anno Ascari va a Monza per competere i gara e collaudare la nuova P1, ma l'Alfa Romeo si ritira, dopo la morte di Sivocci durante le prove. L'anno 1924 è quello in cui Ascari coglie il suo più importante successo in carriera: la vittoria del Gran Premio d'Italia a Monza.

L’anno dopo l’AIACR istituì il Campionato Mondiale Costruttori, antenato della Formula 1. L'Alfa Romeo non partecipa alla prima gara, la 500 miglia di Indianapolis. Partecipa a quella in Belgio, dove Ascari ottiene la vittoria. L'appuntamento successivo è il Gran Premio di Francia, in programma il 26 luglio 1925.

Ascari è in testa, ma al ventitreesimo giro la sua Alfa Romeo affronta una curva a sinistra e prende un paletto di una staccionata. La monoposto impazzisce e ricade sopra al pilota, sbalzato prima fuori dall’abitacolo. Antonio Ascari muore sull’ambulanza che lo sta portando in ospedale, a soli 36 anni. L’Alfa Romeo ritirò Campari dalla gara per segno di rispetto.

Oggi nel mondo delle corse con il cognome Ascari è subito associato il nome di Alberto e poche volte è associato quello di Antonio. La sua passione per le corse sarà eredita dl figlio, che nonostante la morte del padre e la ostilità della madre, diventerà lui stesso pilota e vincitore di due titolo iridati.

Chiara Zaffarano