Le prime tre gare del Mondiale 1983 (Jacarepaguà, Long Beach e Paul Ricard) sorridono a Nelson Piquet, che con la vittoria nella sua Rio e il secondo posto conquistato nel GP di Francia guida la classifica iridata con 15 punti, cinque in più di Niki Lauda. Se il brasiliano può essere ottimista per i risultati ottenuti al volante della Brabham BT52 nel primissimo scorcio di stagione, non può fare altrettanto Riccardo Patrese, il quale rappresenta invece “l’anima triste” del box della scuderia di Bernie Ecclestone. Il padovano, nel trittico iniziale di gare, ha infatti ottenuto solamente un mesto 10° posto, a cui si sommano due ritiri per problemi tecnici.

Per Patrese, quindi, ancora a secco di punti, e alla guida della monoposto più performante del lotto, l’appuntamento di Imola rappresenta lo spartiacque della stagione: per rientrare nella lotta iridata deve cercare di portare a casa la massima posta in palio. La sessione di qualifica del GP di San Marino premia il ferrarista René Arnoux, che coglie la pole position in 1’31”238. Il primo degli inseguitori del transalpino della Rossa, Piquet, è ad oltre sette decimi. Apre la seconda fila l’altra Ferrari di Patrick Tambay davanti alla Renault di Alain Prost. Patrese invece non va oltre il 5° tempo a 1”7 dalla vetta.

Dopo un sabato sottotono, il pilota padovano inizia però la gara col piglio giusto, rimontando il gruppo ed issandosi in testa alla corsa nel corso del sesto giro. Nel valzer dei pit-stop, per via di una sosta poco brillante, la Brabham numero 6 dell’italiano perde la leadership, tornando in pista alla spalle della Ferrari di Tambay. Patrese però non si perde d’animo e si mette all’inseguimento della Rossa 126 C2 del transalpino.

Giro dopo giro, Patrese azzera il gap che lo separa dal rivale, riuscendo a sopravanzare Tambay. Tornato in testa al GP di San Marino, il padovano continua a spingere, ma quando mancano soltanto poche tornate alla conclusione, ecco materializzarsi il colpo di scena. A causa dello sporco presente in pista nella zona delle Acque Minerali, Patrese sbanda e termina violentemente contro le barriere di gomma presenti ad esterno pista. Gara finita e con essa i sogni di una possibile vittoria.

Ed è proprio in questo preciso istante che si verifica l’episodio incriminato, dai contorni incredibili e paradossali: i tifosi della Ferrari, anziché consolare con applausi il pilota italiano, per l’ottima prestazione mostrata in pista, lo sommergono di beceri fischi. Il motivo? Aver ostacolato in precedenza la marcia della Rossa di Tambay, scippandole la leadership. Quasi un reato di lesa maestà, che innesca un comportamento assolutamente da condannare, lontano anni luce dai genuini principi che le competizioni sportive vogliono trasmettere agli appassionati.

Diventa spontaneo chiedersi quale sarebbe stata la reazione del pubblico della Formula Uno contemporanea, nel caso in cui si fosse verificata una situazione analaga. Soprattutto alla luce del fatto che ormai i piloti italiani sono divenuti una specie in via di estinzione nella classe regina del motorsport: assisteremmo ancora a fischi o si udirebbero applausi di incoraggiamento? Il dubbio rimane.

Tornando al GP di Imola ’83, Tambay riesce a vincere la gara riportando la Ferrari sul gradino più alto dopo nove mesi di astinenza, formando un podio tutto francese con Prost e Arnoux. Proprio quella Top 3 è, ad oggi, l’ultima in cui piloti della stessa nazionale hanno conquistato i tre gradini del podio.

Per Patrese invece lo “zero” di Imola non fa altro che allungare la crisi tecnica iniziata con l’avvento della nuova stagione, a cui avrebbero fatto seguito altri cinque ritiri. Per l’italiano le uniche soddisfazioni di quel Mondiale (concluso al nono posto) sarebbero giunte solo dalle gare di Monza e di Kyalami, dove conquista un terzo posto e una vittoria.

Sette anni dopo la “ferita” di Imola, il tempo – come sempre galantuomo – restituisce a Patrese quanto tolto dal 1° maggio 1983. Al volante della Williams, il padovano coglie una grande vittoria sul tracciato sammarinese, il 13 maggio 1990, ricevendo questa volta il giusto tributo da parte del pubblico che applaude il connazionale. Da Imola a Imola: il cerchio si chiude definitivamente con il giusto lieto fine. 

Piero Ladisa