Credits: Team Laglisse su Instagram
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Borja Gomez ha perso la vita a Magny-Cours in seguito a un grave incidente. Il tragico episodio ha riaperto con forza il dibattito mai risolto sulla sicurezza. Le prime testimonianze fanno emergere la mancanza di bandiere al momento dell'incidente e il ritardo nei soccorsi. Quando si perde una vita, è legittimo chiedersi se sia stato fatto tutto per evitarlo.

Bandiere assenti e ritardi nei soccorsi: troppe domande senza risposta

Borja Gómez aveva solo vent'anni e questo sembrava essere il suo anno. Le vittorie erano arrivate e il giovane spagnolo era in vetta ad entrambi i campionati ai quali prendeva parte. Ma il titolo purtroppo non arriverà mai. Gómez si è spento a Magny-Cours, in seguito a un tragico incidente. Una tragedia che, ancora una volta, solleva interrogativi su cosa si sarebbe potuto fare diversamente. La dinamica dell'incidente ricostruita dalle prime testimonianze restituisce un quadro estremamente grave. Per rispetto non entreremo nei dettagli di quanto accaduto. Ma tutte le testimonianze dei piloti presenti al momento del tragico incidente, sottolineano le mancate condizioni di sicurezza e un ritardo nell'intervento dei soccorritori. 

Una delle testimonianze più impattanti è stata quella di Filippo Fuligni, anche lui coinvolto nell'incidente. Fuligni ha dichiarato: “Appena mi sono reso conto della situazione, ho cercato di avvisare gli altri piloti per la mancanza di bandiere. Quando ho guardato intorno a me, ho visto il mio amico, il mio compagno di pista, in condizioni molto gravi e ho cercato di fare tutto il possibile, restando al suo fianco per quello che mi è sembrato un tempo infinito mentre aspettavamo i soccorsi, che sono arrivati in ritardo. Purtroppo, non ho potuto fare nulla e mi sono sentito molto impotente davanti a questa situazione”. È legittimo chiedersi come sia stato possibile che, in un incidente che vedeva coinvolti tre piloti, non sia stata esposta alcuna bandiera.

Si è schierato contro gli organizzatori e contro il JuniorGP anche Mathias Tamburini che ha dichiarato: “È una perdita inaspettata che, purtroppo, deve essere tenuta in considerazione quando si pratica questo sport, ma in questo caso è successo per la mancanza della sicurezza in pista e la mancanza di aiuto nel momento giusto”. Le tragedie nel mondo delle moto sono purtroppo più frequenti di quello che si vorrebbe, e nonostante si promettano sempre dei progressi, ci troviamo ancora una volta a piangere un'altra vita spezzata. Solo la settimana scorsa, il tema della sicurezza era stato riaperto a seguito dell'incidente di Luca Lunetta, a causa della mancata esposizione di una bandiera rossa. A distanza di pochi giorni, ci ritroviamo a parlare dello stesso episodio che questa volta ha avuto un epilogo diverso. Le parole non bastano più, sono necessari dei provvedimenti da parte della Federazione che garantiscano ai piloti di correre in sicurezza, nonostante i rischi di questo sport. 

Il Circus non si ferma nemmeno davanti alla tragedia

Il dibattito è sempre lo stesso: come ci si dovrebbe comportare di fronte a una morte? La risposta giusta, forse, non ce l'avremo mai, ma sicuramente non si può portare avanti un weekend come se nulla fosse successo. “Il campionato correrà in suo onore e nella sua memoria” è una frase ormai vuota che viene ripetuta dopo ogni tragedia. Domenica abbiamo visto interviste post gara, festeggiamenti dei podi e delle vittorie come in un weekend normale, ma non era un fine settimana come tutti gli altri. La vita continua è vero, e i piloti inevitabilmente torneranno a correre, è nella loro natura, ma ogni tanto bisognerebbe fermarsi. 

Molto contundente riguardo a questo, è stato Jaume Masiá: “Vorrei complimentarmi con tutti quei piloti che sono a Magny-Cours e che continuano a pubblicare normalmente e persino a dire a chi li segue quanto sono andati bene nelle prove. Penso che siano momenti in cui l'ultima cosa a cui pensi sono i follower, e non c'è alcuna necessità di pubblicare i risultati delle prove. Spero che si rifletta su questo. Si dovrebbe dimostrare più rispetto per Borja Gómez". Parole molto dure da parte dello spagnolo che spingono inevitabilmente a riflettere. Di fronte a queste situazioni, le vittorie, per quanto belle, passano in secondo piano e perdono significato. 

Dedicare minuti di silenzio diventa inutile se non si iniziano a prendere azioni serie in merito alla sicurezza in pista. É un tema che non può più essere ignorato. I piloti e le grandi voci dello sport devono iniziare ad alzare la voce e ad esigere un cambiamento fortemente necessario. 

Giulia Pea