Credits: michael-schumacher.de
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8 ottobre 2000: 25 anni fa, Michael Schumacher riportò la Ferrari sul tetto del mondo in Formula 1 21 anni dopo Jody Scheckter in quel GP Giappone che ancora oggi vive nella memoria e nel ricordo di tutti i tifosi del Cavallino Rampante. Un passato che ancora oggi ci sembra vicino e attuale, ma che si scontra con la realtà di un presente tutt’altro che pieno di soddisfazioni per il Cavallino Rampante.

Il 2000: l’anno spartiacque per Schumacher e il Cavallino

In Italia c’è una F1 prima e dopo “Suzuka 2000”: vi sembra esagerato? Parliamo di uno sport in cui la Ferrari era protagonista fin dagli albori, certo, e in cui aveva vinto ben 9 Titoli Piloti e Costruttori, diventando una delle squadre più iconiche e vincenti della Formula 1. Però la Scuderia di Maranello non vinceva un Mondiale Piloti dal 1979 e il periodo negativo della prima metà degli anni 90 era stata talmente buia che anche l’attuale trio Schumacher-Todt-Brawn, nonostante i tanti progressi dal 1996 e il Mondiale Costruttori conquistato nel 1999, sembrava giunto ad un punto di non ritorno.

Si arrivò dunque al 2000 con la sensazione di un anno da dentro o fuori: o si vinceva il titolo iridato oppure si sarebbe rischiata la rivoluzione a Maranello. Quella stagione fu di nuovo dettata dalla sfida al vertice tra la Ferrari di Schumacher e la McLaren di un Mika Hakkinen che nei due anni precedenti aveva sempre beffato all’ultimo metro il Cavallino Rampante per la corona. Il duello, come da previsione, si rivelò appassionante con un inizio a razzo del Kaiser (tre vittorie nelle prime 3 gare) e un recupero sorprendente del Finlandese Volante con il famoso successo di Spa-Francorchamps dopo il Sorpasso (mettiamo apposta la S maiuscola) su Michael al rettilineo Kemmel.

Schumacher Ferrari Suzuka GP Giappone F1 2000
Credits: michael-schumacher.de

Così si ritornò di nuovo a Suzuka: stavolta come penultima prova di un Mondiale 2000 che si sarebbe chiuso due settimane dopo a Sepang. Ma il clima e la tensione che si respirarono attorno al circuito nipponico furono uguali a quella di una finale della Coppa del Mondo. Fu di nuovo Schumacher vs Hakkinen, ma stavolta a parti invertite, con Michael che aveva 8 punti di vantaggio nei confronti di Mika. Finendo davanti al suo rivale avrebbe regalato alla Ferrari e all’Italia un titolo che mancava da troppo tempo, mettendo la parola fine ad anni di delusioni e promesse non mantenute.

L’apoteosi di Suzuka: una dimensione mai più raggiunta dalla Ferrari

Per i tifosi, invece, tale gara rappresentò forse l’ultima chance per vedere il loro sogno diventare realtà, tanto che l’attesa fu davvero pesante nei giorni che precedettero il weekend. Fortunatamente, sappiamo tutti a memoria come andò la gara: Michael Schumacher trionfò dopo 53 giri a Suzuka, diventando così il primo Campione del Mondo con la Ferrari 21 anni dopo Jody Scheckter. Un’attesa eterna che però giunse finalmente al termine, con le campane che tornarono a suonare festose in quel di Maranello e tutta l’Italia che festeggiò con esso il ritorno al vertice della Formula 1 di un Cavallino Rampante che da lì in poi inizierà un ciclo dominante con Schumacher, Todt e Brawn, i tre uomini simbolo della serie di vittorie e record della Ferrari negli anni 2000.

Venticinque anni dopo, ritorniamo qui a celebrare un passato glorioso che per la stessa Scuderia, però, appare più lontano che mai. La Ferrari è stata spesso tra le protagoniste del Mondiale con Alonso nel 2010 nel 2012 o con Vettel nel 2017 e nel 2018, senza dimenticare la rimonta quasi riuscita sulla McLaren per il Costruttori dello scorso anno: tutte stagioni in cui però non si riuscì mai a compiere l’ultimo passo che serviva per battere i propri rivali. E tutto ciò, insieme ai risultati scadenti di quest’anno, ha finito per spegnere la magia tra i tifosi del Cavallino Rampante.

Maranello, oggi: stessi problemi di allora?

Eppure l’andazzo non è troppo dissimile a quello di 25 anni fa: Frédéric Vasseur è al terzo anno da team principal della Ferrari e con lui c’è stato una prima stagione di “assestamento”, una seconda in cui il titolo è sfuggito solamente all’ultima gara e quella attuale in cui si sono ritrovati tecnicamente inferiori ai rivali della McLaren. Un andamento simile agli inizi del ciclo Schumacher/Todt/Brawn. Ciò che manca oggi, purtroppo, è la leadership: ad oggi, Vigna e Elkann rappresentano delle sorti di “fantasmi” all’interno della Scuderia di Maranello.

L’obiettivo primario non è più diventato vincere, bensì vendere e far crescere il proprio fatturato: una ricerca sfrenata verso il marketing che ha portato a dichiarazioni “distaccate dalla realtà” degli uomini in Rosso, a feste in giro per Milano prima ancora che la pista dette i suoi primi verdetti e, all’origine di tutto, al “colpaccio” Lewis Hamilton. Un trasferimento che ogni giorno diventa sempre più simile a quello di Cristiano Ronaldo alla Juventus, con lo stesso clamore all’arrivo con tanto di foto fatte per fare “aura farming” e, purtroppo, anche gli stessi strascichi che si sono andati a creare all’interno della squadra tra una stagione fallimentare e dichiarazioni polemiche.

Vero, c’è sempre il prossimo anno (mantra ormai ripetuto all'infinito nell’ambiente di Maranello) e con i regolamenti del 2026 potrebbe succedere di tutto e il contrario di tutto, quindi anche vedere una Ferrari dominare la stagione oppure crollare nelle retrovie. Ad oggi, però, il clima lasciato dagli uomini al comando lasciano presagire il peggio ai tifosi, che dopo quasi 20 anni dall’ultima corona conquistata da Raikkonen non riescono più a sognare un Cavallino Rampante di nuovo sul tetto del mondo. E questo fa riflettere più di qualsiasi parola detta ai microfoni, di qualsiasi voce che circoli nel paddock o di un sesto e un ottavo posto conquistati in pista.

Leclerc Hamilton Ferrari GP Singapore F1 2025
Credits: Ferrari Media Centre

Andrea Mattavelli