F1 | Track limits e tempo imposto, gli ennesimi fallimenti made in FIA
Difficile trovare qualcosa che abbia funzionato a dovere nell’ultimo weekend di F1 disputato in Qatar. Tra i tanti aspetti che sono saliti alla ribalta, dalla situazione gomme allo sfinimento anomalo dei piloti, ce n’è uno che da qualche anno a questa parte è diventato un vero e proprio leit motiv: il rispetto dei track limits. Questo, insieme al tempo imposto di percorrenza dei giri di lancio e di rientro in qualifica, rappresenta uno dei fattori che vanno ad incrinare pesantemente la credibilità dello sport, in prima battuta, e a ruota della Federazione Internazionale.
Caos in diretta TV
Che la confusione regnasse sovrana in F1 era già evidente da tempo, ma l’ennesima conferma è arrivata nella serata italiana di venerdì, al termine delle qualifiche che hanno determinato la griglia di partenza del GP. Per fare una sommaria sintesi dello show surreale a cui si è assistito, per capire chi dovesse scattare alle spalle dell’indiscusso Verstappen si sono dovuti attendere diversi minuti.
Ma, si sa, la diretta televisiva non può attendere i tempi biblici della Race Direction, intenta nel frattempo a controllare sensori e micro-settori. Fatto sta che a Norris e Piastri sono stati cancellati i tempi migliori quando erano già nel parco chiuso, con l’australiano che ha scoperto della penalità durante l’intervista da parte di una Naomi Schiff visibilmente e giustamente imbarazzata.
Tanti i giri cancellati anche nella Sprint Shootout, nonostante le modifiche ai cordoli apportate per eliminare i problemi alle gomme. Simpatica la reazione di Piastri, poleman e vincitore Sprint: “Vogliamo lasciare altri cinque minuti ai commissari, giusto per essere sicuri?”. Bravo Oscar, una risata spesso toglie l’amaro, ma il problema è enorme.
Limiti assurdi e abusati
La questione resta sempre la stessa: demandare il lavoro che dovrebbe essere svolto da un essere umano a dei sensori è un’assurdità bella e buona. Veramente c’è chi sostiene che un pilota che esce dalla riga bianca di un millimetro guadagni tanto in termini di tempo da vedersi cancellato il tempo? Siamo seri, suvvia!
Sono anni che questa situazione tragicomica va avanti, e dire che basterebbe stringere gli spazi oltre i cordoli e rimettere erba, ghiaia o al massimo la sabbia. Perché, diciamocelo chiaramente, vedere i track limits applicati alla Degner a Suzuka o alla Piratella di Imola è un vero e proprio colpo al cuore di tutti gli appassionati.
Il motorsport, e quindi la F1, torniamo a sottolinearlo, deve essere una sfida di mezzi e piloti; se uno di questi ultimi riesce ad andare sullo sporco, tenere giù il piede e fare il tempo, beh… giù il cappello! Russell nel 2020 alla Casanova-Savelli ce lo siamo già dimenticati? E a poco serve minacciare i circuiti di sparire dal calendario, come fatto oggi dal presidente Ben Sulayem, se poi è la Federazione stessa ad imporre certe scelte.
Tempo imposto… che disastro!
Un’altra bella, si fa per dire, innovazione decisa negli ultimi tempi è quella del tempo imposto tra le due linee di Safety Car nei giri di lancio e di rientro ai box in qualifica. Anche qui, come troppo spesso accade, si è preso un granchio colossale. In primo luogo, perché il problema del traffico non è stato certamente risolto; in seconda battuta perché i piloti hanno capito come aggirare l’ostacolo, andando pianissimo in corsia box e creando una situazione di pericolo se possibile ancora maggiore.
Anche in questo caso, perché andare a mettere dei paletti dove non servono? Esiste già una regola sull’impeding, basterebbe applicare quella. Un pilota deve poter fare il proprio giro di riscaldamento come meglio crede, ovviamente nei limiti del regolamento. Ma imporre tempi massimi di percorrenza significa togliere ancora di più libertà a chi è in macchina, che è sempre più costretto tra mille cavilli.
Insomma, la F1 torna dal Qatar con le ossa più che rotte. Purtroppo, gli organi che governano il Circus sono sempre più distanti da quella che è la realtà e la storia delle corse, e i risultati continuano ad essere sotto gli occhi di tutti. Sempre che li si voglia vedere…
Nicola Saglia