F1 LIVE 🔴 GP Abu Dhabi 2025 - Gara

Credits: Formula 1 / X.com
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In Formula 1 è opinione comune che, per restare sulla breccia per diversi anni, sia necessario avere a disposizione budget faraonici, da spendere tra strutture, tecnici e piloti di prim'ordine. In questo panorama, Sauber ha rappresentato un’eccezione tanto bella quanto, per certi versi, assurda: una squadra nata quasi per caso e cresciuta trovando gli sponsor più disparati, eppure capace di affermarsi come un punto di riferimento a centro gruppo e di diventare la quarta scuderia con più gare nella storia della F1, dietro solo a mostri sacri come Ferrari, McLaren e Williams.

Dalle luci dei semafori alla vittoria di Le Mans (e l’arrivo in F1) con Mercedes

Eppure, agli inizi della storia il fondatore del team alle corse non ci pensava minimamente. Nel 1970, l’allora elettricista Peter Sauber stava per prendere in carico l’azienda di suo padre, che si occupava della costruzione dei semafori stradali. Il seme delle corse fu gettato da un amico, insieme al quale andò a ritoccare la sua Volkswagen Beetle appena comprata per un evento di cronoscalata. Fu quella fu la scintilla che spinse Peter a costruirsi le proprie auto, partendo dalla C1 (con la “C” che poi avrebbe caratterizzato tutte le vetture in onore di sua moglie Christiane) che si aggiudicò il campionato svizzero nello stesso anno, fino alla pista, tra Prototipi e Formula 2. Una crescita inarrestabile che, anni dopo, avrebbe portato la C9, spinta dai motori Mercedes, a vincere la 24 Ore di Le Mans e il Campionato Mondiale Sport Prototipi nel 1989. A quel punto, fu proprio la Casa automobilistica di Stoccarda a convincere Sauber a tentare l’avventura in Formula 1 con i propri motori, salvo poi fare un mezzo passo indietro.

JJ Lehto Sauber Kyalami GP Sudafrica F1 1993
Credits: Stake F1 Team KICK Sauber / X.com

Nel 1993 iniziò comunque la storia del team di Hinwil nel Circus con la C12 e un motore V10 della Ilmor, costruito in partnership con Mercedes (che poi sarebbe rientrata a tempo pieno nel 1994 dando il nome al propulsore britannico). L'esordio fu in grande stile per la scuderia di Peter: al GP Sudafrica a Kyalami, JJ Lehto riuscì a conquistare già i primi punti per il team grazie ad un sorprendente quinto posto, al quale seguirono altre buone prestazioni da parte del finlandese e di Karl Werdlinger, i quali raccolsero in totale 12 punti ottenendo la settima posizione nel Mondiale Costruttori: risultati più che dignitosi per la stagione di debutto. L'accordo tra Mercedes e McLaren, però, mise in seria difficoltà il team svizzero, costretto a guardarsi intorno con maggiore insistenza. 

Dalla Red Bull fino alla Audi: tutti i partner attratti dalla scuderia svizzera

Fu la perseveranza a contraddistinguere Peter e i ragazzi di Hinwil che, di ciclo in ciclo, sono riusciti a continuare a correre in Formula 1 insieme a partner importanti, iniziando già dal biennio 1995-1996 con l’arrivo di Red Bull come socio di maggioranza insieme ai motori Ford (un’accoppiata che tornerà in F1 dall’anno prossimo). Ma il legame più forte portò Sauber vicino alle porte di Maranello non una ma due volte: prima tramite l’accordo con la Ferrari dal 1997 fino al 2005 per la fornitura dei V10 del Cavallino (che allora vennero etichettati Petronas per motivi di sponsorizzazione) e poi con la title partnership di Alfa Romeo che durò dal 2018 fino al 2023.

Nel mezzo ci fu l’acquisto da parte di BMW per il periodo 2006-2009, che portò la casa bavarese a sostituire la compagine svizzera come costruttore (anche se il nome ufficiale rimaneva “BMW Sauber F1 Team”) e a vincere la sua unica gara al GP Canada del 2008 con Robert Kubica. La crisi finanziaria del 2009 causò il ritiro della casa bavarese dalla categoria e riportò il controllo delle operazioni ad un Peter che, spinto dall’amore per le corse, riuscì a salvare la sua creatura e ad iscriverla nuovamente in Formula 1, prima della cessione delle proprie quote alla Longbaw Finance S.A. nel 2016, che permise la sopravvivenza della squadra. Nonostante il ritiro da un ruolo attivo nel motorsport, Peter Sauber è rimasto vicino al suo team fino all’ultima gara disputata pochi giorni fa ad Abu Dhabi prima del passaggio del testimone ad Audi per il 2026.

Frentzen, Raikkonen e Leclerc: la fucina di talenti “Made in Hinwil”

Ma Sauber non è solo sinonimo di sopravvivenza o di grandi partner al proprio fianco: seppur con un budget di gran lunga inferiore a quelle delle grandi scuderie, il team svizzero è riuscito a lanciare in F1 talenti come Heinz-Harald Frentzen, Nick Heidfeld, Felipe Massa, Sérgio Perez e soprattutto Kimi Raikkonen. Leggendaria la storia di quest'ultimo, con Peter che lo scoprì in un test al Mugello e decise di farlo debuttare nel 2001, anche andando contro la stessa Red Bull che voleva mettere su quel sedile il brasiliano Enrique Bernoldi (che poi sarebbe stato “dirottato” alla Arrows, causando il raffreddamento del rapporto con l'azienda austriaca). Una scommessa vinta, dato che alla fine il team svizzero, grazie alle prestazioni di “Iceman” e di Heidfeld, conquistò il suo miglior risultato di sempre in F1 con il 4° posto finale nel Mondiale Costruttori.

Kimi Raikkonen Peter Sauber Formula 1 2001
Credits: Stake F1 Team KICK Sauber / X.com

Impossibile non inserire tra questi nomi anche quello di Charles Leclerc, lasciato per ultimo come “scoperta” più recente dalle parti di Hinwil. Dopo aver vinto il titolo GP2 nel 2017, la Ferrari fece in modo per l'anno successivo di dare uno dei due sedili alla neonata Alfa Romeo Sauber al monegasco (l’altro preso dal riconfermato Marcus Ericsson, con loro dal 2015) che fu effettivamente l’ultimo grande talento fatto debuttare dalla Sauber. Dopo un inizio del Mondiale 2018 altalenante per lui e per il team, Leclerc è salito alla ribalta a Baku con un impressionante sesto posto nel GP Azerbaijan, conquistando a fine stagione un totale di 39 punti contro i soli 9 di Ericsson: risultati che convinsero la Ferrari a promuoverlo al posto da titolare a Maranello dopo un solo anno.

Il saluto di Peter alla F1: “Un incredibile percorso, Montreal 2008 e il 4° posto nel 2001 i miei momenti speciali”

Si potrebbe scrivere molto altro della storia della Sauber e dei suoi aneddoti in Formula 1 e ci sarà tempo per andare più in fondo a questi episodi, ma per descrivere Peter basta solo vedere le immagini, i video e i ricordi di chi ci ha corso e ha lavorato con i ragazzi di Hinwil. Una scuderia nata in un Paese che aveva bandito le gare su pista dopo il tragico incidente a Le Mans del 1955, ma che è stata capace di riuscire a resistere alla prova del tempo con oltre 30 anni e 544 gare disputate in Formula 1: un numero inferiore solo a quello di Ferrari, McLaren e Williams.

Lo stesso Peter Sauber, presente ad Abu Dhabi per la 544a ed ultima gara del suo team, si è commosso dopo la bandiera a scacchi: immagini che faranno senza dubbio commuovere i nostalgici di uno sport che ha visto nel team di Hinwil un rimando ai tempi d’oro della Formula 1, tra garagisti e imprenditori che tentavano l’avventura nell’ignoto senza sapere come sarebbe andata a concludersi. E per Peter, intervistato a fine weekend da RSI Sport, questo capitolo è andato oltre ogni più rosea aspettativa:

Ripensando a quanto fatto, mi rendo conto che ha dell’incredibile, non avrei mai pensato che tutto questo sarebbe stato possibile. Cinquantacinque anni fa, quando ho iniziato con i motori, non immaginavo di vincere la 24 Ore di Le Mans e ancora meno di arrivare in Formula 1 con una mia scuderia. Ho proceduto passo dopo passo e credo che sia eccezionale il percorso che abbiamo fatto. Che il nome Sauber sarebbe scomparso dalla Formula 1 lo sapevo ormai da più di un anno, ma fa comunque un certo effetto l’idea che questo stia per diventare una realtà concreta. Se devo individuare dei momenti davvero speciali, sicuramente il pensiero va al 2008 con la vittoria a Montréal di Kubica davanti a Heidfeld. Ma ci sono anche altri momenti che non posso scordare, come il 4° posto nella classifica costruttori del 2001: se penso che oggi al 4° posto c’è la Ferrari credo che questo basti per capire la dimensione del traguardo per la piccola scuderia svizzera che eravamo. 

Andrea Mattavelli