Villeneuve Pironi Imola 1982 / Credits: Wikipedia (https://it.wikipedia.org/wiki/File:Gp_Imola_1982.jpg)
Villeneuve Pironi Imola 1982 / Credits: Wikipedia (https://it.wikipedia.org/wiki/File:Gp_Imola_1982.jpg)

Quarantadue anni fa andava in scena sul tracciato di Imola l'edizione 1982 del GP di San Marino, passata alla storia per la battaglia interna tra le Ferrari di Didier Pironi (vincitore della gara) e Gilles Villeneuve, secondo alla bandiera a scacchi. Un episodio che avrebbe scatenato le ire del pilota canadese nei confronti del compagno, con il destino che avrebbe giocato il suo ruolo beffardo soltanto due settimane più tardi a Zolder.

Quell'ambiguo cartello “slow”

Il boicottaggio delle scuderie FOCA aveva portato sul Santerno una gara valevole per il Campionato F1 a ranghi ridotti. Nonostante questo, il GP aveva assunto una piega interessante, soprattutto per le posizioni di testa. Villeneuve aveva preso il comando su René Arnoux al giro 27. Quattro giri dopo, Arnoux e Pironi lo avevano superato, prendendone la scia verso la Tosa.

Al giro 41 Villeneuve superò nuovamente Pironi alla Tosa, riconquistando il secondo posto. Contemporaneamente, il motore Renault di Arnoux era andato in fiamme, costringendolo il francese al ritiro. Dal muretto box Ferrari, visto il facile uno-due in vista, in via cautelativa (le auto si rompevano facilmente...) era stato esposto un ambiguo cartello "slow": per rallentare i ritmi o per…mantenere le posizioni?

Malintesi e tradimenti

Cosa intendesse esattamente il muretto Ferrari, con questo messaggio, rimarrà un tema di discussione per l'eternità.

Di sicuro, Villeneuve lo aveva interpretato come un congelamento e mantenimento delle posizioni. Pironi, invece, fu di tutt'altro avviso. Da quel punto in avanti, la gara dei due ferraristi diventò un duello rusticano, dal quale Gilles ne uscì sconfitto subendo un sorpasso all'ultimo alla Tosa.

"Non mi è mai venuto in mente di coprire la linea...stupido, vero?"

Il canadese nell'immediato dopo gara aveva un umore pessimo e non le mandò di certo a dire. Convinto di essere stato scippato della vittoria, tradito da chi pensava essere un amico, Villeneuve se ne andò da Imola con l'intenzione di non rivolgere mai più la parola a Pironi. E di rimettere a posto le cose in pista, a cominciare dalla gara successiva, che sarebbe stata a Zolder.

Domande senza risposta

Purtroppo non possiamo mutare il corso della storia, così come non possiamo sapere cosa passi nella testa di una persona o i perché di determinate scelte. Soprattutto se le persone a cui porre queste domande sono passate a miglior vita, e il tempo non ha avuto modo di smussare determinati spigoli.

Secondo alcune letture a posteriori, il clima avvelenato ha portato Gilles a prendere un inutile rischio, che si rivelerà fatale, nel successivo GP. Ma è andata veramente così? Chi può assicurare che l'Aviatore, senza l'episodio di Imola, non avrebbe tentato la stessa manovra, spinto dalla generosa indole di andare sempre al massimo con qualsiasi mezzo a propria disposizione?

Didier aveva veramente rotto un patto tra i piloti, disobbedito ad un ordine di scuderia, o piuttosto aveva assecondato la natura di pilota, quella che spinge determinate persone a rischiare la vita pur di puntare sempre al primo posto? Nel surreale dopo gara, il francese aveva dichiarato:

“Per una volta, penso che una mia vittoria non sia poi ingiustissima. Capisco la delusione di Villeneuve, ma non può essere arrabbiato con me, fra noi sono sempre esistiti ottimi rapporti di lavoro ed amicizia. E’ un successo della scuderia e deve far piacere anche a lui”.

Il non-ruolo della Ferrari

Pare che in un chiarimento tra Enzo Ferrari e Gilles Villeneuve, richiesto da quest'ultimo per sentire una sponda in seno alla scuderia dopo la gara di Imola, il Drake avesse proprio fatto riferimento al caro concetto per cui è importante la vittoria della macchina, indipendentemente dal pilota che la guida. Avvelenando ancora di più l'atmosfera.

Del resto, come dare torto al Drake? A Imola 1982, Ferrari segnava la doppietta 27 della propria storia. Risultato maturato per una certa superiorità in pista, forse non bene supportata dal muretto dei box che, senza Mauro Forghieri al timone, aveva istruito i propri piloti con un segnale sibillino.

Marco Piccinini, DT proprio a Imola, nel dopo gara aveva dichiarato:

"Ritengo naturale che Didier abbia cercato di conquistare il primo posto. Se ci sarà uno strascico nei contrasti fra i due piloti cercheremo di superarlo".

“Se” e “ma”

Sfortunatamente non ci sarebbe stato tempo per superare lo strascico nei contrasti, il destino avrebbe disposto diversamente.

Se Imola 1982 non fosse stata teatro di questo duello fratricida, come sarebbe cambiata la storia? La Ferrari nel 1982, del resto, aveva la monoposto e le potenzialità per portare a casa sia il Mondiale Piloti che il Mondiale Costruttori.

Le monoposto, tuttavia, erano troppo pericolose. Ammesso e non concesso che Imola abbia effettivamente fatto da prologo a Zolder, sarebbe poi andato “tutto liscio”? L'incidente di Pironi a Hockenheim, la propensione a decolli con voli fuori controllo, unita alla fragilità delle vetture: tutto lascia propendere per il “no”.

Certamente, la facilità con cui le 126 C2 costruivano un vantaggio competitivo sulla concorrenza avrebbero rappresentato la base giusta con la quale portare a casa il titolo. Poco importa, però: con i “se” e con i “ma”, purtroppo, non si scrive la storia. Nemmeno in Formula 1.

Luca Colombo