Dieci anni. Di attesa, speranze, notizie incontrollate e, purtroppo, spesso poco affidabili. Da quel maledetto 29 Dicembre 2013, Michael Schumacher viaggia in una sorta di dimensione parallela: lontano dalle luci dei riflettori, protetto dal calore della famiglia, eppure sempre amato, esattamente come allora.

UNA CARRIERA IRRIPETIBILE

Il "Kaiser" è sempre con noi. Certo, in maniera diversa, ma comunque presente. Se non altro, nelle memorie di chi lo ha vissuto da vicino, in un'epopea di successi indimenticabili, di imprese ai limiti dell'impossibile, di sfide d'altri tempi. Senza cadere nella facile retorica, il tedesco ha senza dubbio scritto delle pagine irripetibili nella storia della Formula 1. E non soltanto perché ha firmato gran parte di esse al volante della Ferrari, quanto per la sua capacità di rimanere ai vertici di questo sport per quasi due decenni, affermandosi come il pilota più vincente della sua epoca ed inserendo a pieno titolo il proprio nome nella leggenda.

Il passato torna a galla come se fosse ieri, in un vorticoso turbinio di immagini che accompagnano la sua storia. Degna di un film, per certi versi: basterebbe pensare alla sua impetuosa ascesa, al suo affermarsi come astro nascente al cospetto di colui che rappresentava per tutti il punto di riferimento, il mito da sconfiggere. Una sfida, quella con Ayrton Senna, durata troppo poco e destinata a lasciare enormi rimpianti, visto il tragico epilogo di Imola. Ma capace di spianare la strada ad un talento fuori dal comune, capace di emergere, con i suoi punti di forza e le sue debolezze, in un ambiente poco incline ad accettare la superiorità dell'uno contro tutti.

DAL DILUVIO DI BARCELLONA AL TRIONFO DI SUZUKA

Perché Michael, in pista, è stato anche questo. L'unico capace di andare oltre i limiti del mezzo meccanico e di portarlo all'estremo della sua competitività. Come nel primo successo colto con la Ferrari, in un diluvio universale a Barcellona nel quale riuscì a rifilare fino a 4" al giro ai propri avversari. "Era dai tempi di Senna che non si vedeva uno spettacolo del genere" titolò Autosprint in copertina, proprio per voler riaffermare un parallelo che chissà quali altre emozioni avrebbe potuto regalare. Fu soltanto la prima perla di un cammino destinato a sfociare nella magica alba italiana di Suzuka, capace di porre fine al digiuno iridato più lungo nella storia del Cavallino.

"Michael Schumacher ce l'ha fatta! Sììì, Michael Schumacher campione del mondo! Riporta il titolo a Maranello ventuno anni dopo Jody Scheckter" furono le urla di Gianfranco Mazzoni che risvegliarono l'Italia, in quell'indimenticabile 8 Ottobre 2000 destinato a rimanere scolpito nella memoria di tutti i tifosi ferraristi e degli appassionati di Formula 1. In pochi però avrebbero scommesso che quello sarebbe stato solo il principio di uno dei cicli più lunghi e vincenti nella storia della categoria, caratterizzato da ben 72 vittorie e cinque titoli mondiali.

IL GUIZZO FINALE A MONACO

Numeri incredibili, soltanto per un soffio non impreziositi dal colpaccio finale, con il sogno del sesto e ultimo titolo in Rosso finito in fumo (insieme al motore Ferrari) nuovamente a Suzuka nel 2006, quasi a voler chiudere un cerchio beffardo. Per poi tornare alla ribalta soltanto tre anni più tardi, spinto dalla troppa passione e da una generosa mancanza di coraggio nel saper dire basta, così comune tra i vincenti. Un ritorno nei ranghi con la Mercedes, troppo spesso invischiato in posizioni che non gli competevano, fino a quel guizzo finale di Montecarlo che gli regalò una pole position (poi cancellata da una penalità) al termine di un giro semplicemente magico.

UN DESTINO BEFFARDO

E quando il sipario sembrava destinato a calare, per permettergli di dedicarsi agli amori familiari e alla crescita in pista del figlio Mick, il destino ha voluto metterci il proprio zampino. In maniera inesorabile, crudele e violenta. Spegnendo una luce, ma aprendo un mondo fatto di sguardi, speranze, sentimenti. E di sogni: quelli mai venuti a mancare, nella vita di un atleta straordinario che ha saputo affrontare ogni tipo di sfida. Anche quella con la morte, uscita suo malgrado sconfitta, e costretta a rintanarsi in un angolo al suo cospetto. Forse con un pizzico di egoismo, ma tutti noi Michael Schumacher ce lo teniamo ben stretto: il Paradiso può attendere.

Marco Privitera

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