L’arrivo di Madrid nel calendario di F1 era nell’aria da tempo, e ora è arrivata l’ufficialità. Dal 2026, le monoposto del Circus sfrecceranno in un tracciato ricavato nei pressi dell’aeroporto di Barajas, su un layout definito semipermanente, che va a sfruttare anche diverse arterie di comunicazione della capitale spagnola. Un altro cittadino che entra in calendario, dunque, a discapito di una pista vera. Un trend in continua ascesa nella F1 ai tempi del social, chissà come mai?

Ciao Barcellona, o forse no?

Partiamo da un dato: il tracciato di Barcellona non è certo uno dei più entusiasmanti del lotto. Perfetto per i test con i suoi curvoni e i suoi saliscendi, le gare qui molto spesso non sono altrettanto memorabili dal punto di vista di spettacolo e emozioni. La sua uscita dal calendario, quindi, anche se si tratta di un impianto storico, non è di per sé un avvenimento così tragico. Casomai, si discute del sostituto, ma ci arriviamo tra un attimo.

Quello che lascia un po’ interdetti è in realtà la nebbia che circonda l’impianto catalano. Domenicali ha dichiarato che “avere Madrid in calendario non esclude Barcellona”. Dichiarazione, in realtà, difficile da interpretare, anche perché torniamo a battere su un punto: i round in F1 sono già 24, vogliamo veramente aggiungerne altri? Molti addetti ai lavori ritengono altamente improbabile che ciò avvenga, ma in questi anni ci siamo abituati a tanti colpi di scena.

Circus da… passeggio

Parlando di Madrid, prima di farci etichettare come i soliti “boomer” criticoni a cui non va mai bene niente, diciamo subito una cosa. Valuteremo il tracciato tra due anni dopo la prima gara, come fatto con Miami e Las Vegas. A prima vista, però, un’osservazione ci sarà pur concessa: il layout non è che sembri proprio entusiasmante, ecco.

Ma quello che più preme sottolineare è il progressivo allontanamento della F1 dal suo terreno naturale: gli autodromi. C’è un dato che va sottolineato, e che francamente allarma gli appassionati, quelli veri ovviamente, mica i leoni da social e da indignazione facile. Tutte (o quasi) le nuove venues sono tracciati semi-permanenti o cittadini, ricavati all’interno di metropoli di ogni genere, magari in situazioni che favoriscano il jet set locale.

Madrid, in questo senso, è l’ultima di una lunga lista. Las Vegas, Miami, Jeddah, la fortunatamente scomparsa Sochi, Baku; questi sono solo alcuni degli esempi, a cui sarebbe da aggiungere il GP di Hanoi, praticamente pronto ad entrare in calendario nel 2020 e poi saltato per varie motivazioni. Quando ci si allontana dalla città, poi, peggio mi sento; si opta infatti per obbrobri inqualificabili alla stregua di Doha o Abu Dhabi.

Le città dalle luci abbaglianti

Viene da chiedersi: ma se Barcellona andava sostituita, veramente in Spagna non c’era nessun altro impianto? Lo sappiamo benissimo che si tratta di una domanda inutile e retorica, ma sarebbe lecita. La realtà è che l’impianto di Montmelò è tutto meno che fatiscente o poco moderno; semplicemente, oggi alla F1 dell’aspetto racing interessa il giusto, che per i padroni del vapore è ben poco.

Certo che ci sono impianti papabili in Spagna, ma questo non sposta di una virgola gli interessi di Liberty. Portare le gare in città garantisce sponsor, visualizzazioni, numeri da capogiro che, almeno nel breve periodo, mostrano al mondo la potenza di fuoco della “macchina”. Con buona pace dello sport e dei tifosi (ricordate quelli cacciati dopo aver visto circa un quarto d’ora di prove a Vegas?). Sì, anche dei supporter, perché un cittadino non avrà mai le disponibilità di tribune che avrà un impianto permanente.

A meno che, chiaramente, non si sia disposti a spendere migliaia di euro per pacchetti vip vari e paddock club; in questo caso, porte aperte, tappeto rosso steso, ostriche e champagne. Ma se avete voglia di vedere macchine da corsa e piloti veri che si sfidano all’ultimo millimetro, beh, state a casa che è meglio. A Liberty, di tutto ciò, frega ben poco.

E intanto la F.E…

Il motorsport è un mondo strano, fatto di contrasti apparenti e reali. Prendiamo, ad esempio la F.E, categoria full electric nata per correre in città e portare il motorsport veramente vicino alla gente. Ecco, lo sviluppo e il lavoro svolto sulle monoposto ha fatto sì che le potenze e le velocità raggiunte allontanassero sempre di più la categoria dalla sua natura, andando a prediligere impianti permanenti.

L’ultima città a farne le spese è stata Roma, il cui layout è stato reputato troppo pericoloso, a favore di Misano, che è andato a fare compagnia a Città del Messico, Portland e Shanghai. Stessa sorte per Vancouver e Cape Town. Insomma, per una F.1 che “esce” dagli autodromi, c’è una F.E che cerca sempre più di entrarvi. Cara Federazione, che qualcosa non funziona ve ne siete accorti, o dobbiamo fare uno schemino?

Entusiasmo alle stelle

In tutto ciò, ovviamente, c’è da registrare l’ovvio entusiasmo degli organizzatori e della loro corte dei miracoli. Carlos Sainz si è ovviamente detto orgoglioso, e forse il suo è il commento più comprensibile di tutti. Detto questo, restiamo in attesa di comprendere gli sviluppi, soprattutto per quanto riguarda il futuro di Montmelò in F1.

Per chiudere, tra il serio e il faceto, fateci lanciare una provocazione. Domenicali continua a dire che per Monza e Imola la storia non basta, e servono investimenti. Beh, a Roma si è appena liberato uno slot, in zona EUR… sarà il caso di farci un pensierino?

Nicola Saglia

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