Era da tempi immemori che la Suzuki non piazzava entrambe le moto sul podio come ha fatto in questo gran premio della MotoGP a Barcellona, simbolo che il 2020 potrebbe essere l’anno buono. Alex Rins e Joan Mir hanno compiuto una gara in rimonta girando nettamente meglio degli avversari sul finale, ora manca un po’ di motore.

UNA SUZUKI COSÌ...

Non ce la ricordiamo, una Suzuki così. Davide Brivio ha preso in mano il progetto della casa di Hamamatsu dal rientro nelle corse ed ha creato dal nulla una 4 in linea clamorosa. Considerando che la sua antenata, la GSV-R, era un 4 a V, il progetto della GSX-RR è partito dal foglio bianco. In soli 5 anni la moto è arrivata ad essere da vittoria, da podio per tutti i piloti e la più veloce nell’arco dell’ultima parte di gara. Un vero e proprio miracolo di ingegneria composto di duro lavoro, membri giusti e due tra i piloti più giovani in griglia.

RINS E MIR

Come già sappiamo, quando si aggiunse Joan Mir al già confermato Alex Rins la Suzuki schierò il duo ufficiale più giovane dell’era moderna. A tutti i detrattori che consideravano la mossa azzardata per una questione di sviluppo, il gran premo della MotoGP di Barcellona risponde con il doppio podio dei ragazzi della Suzuki, e con Mir in lizza per il titolo 2020. Attualmente lo spagnolo è solamente ad 8 lunghezze dal fenomeno Quartararo, risultato ottenuto senza ancora una vittoria ma con costanza e strategie di gara realmente azzeccate.

UNA MANCIATA DI CAVALLI

Ovviamente stiamo parlando di uno dei mondiali più strani a memoria d’uomo, orfano di Marc Marquez e quindi “dell’uomo da battere” con cui ognuno ha bisogno di misurarsi. Però se nel lasso di tempo rimanente fino al 2021 si trovassero quella manciata di cavalli che la Suzuki ancora accusa come svantaggio rispetto alle avversarie, la lotta per il titolo potrebbe trovare tutto un altro aspetto. A Rins serve più costanza, a Mir delle qualifiche migliori, ma la Suzuki si sta avvicinando molto più rapidamente di tante altre moto a quella che è la forma migliore possibile.

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Alex Dibisceglia