Dopo l’incredibile gara di apertura del Mondiale MotoGP in Qatar, che ha visto il miglior Valentino Rossi di sempre vincere con una rimonta da “assatanato” sulle due Ducati di Dovizioso e Iannone, il Circus delle due ruote è pronto a scendere di nuovo in pista per la seconda tappa del campionato prevista in Texas, sul circuito di Austin.

Un tracciato, quello disegnato da Hermann Tilke, presente sul calendario FIM da soltanto 3 stagioni. Poche, è vero, ma sufficienti a far capire quali siano le accoppiate moto/pilota che meglio si adattano alle caratteristiche di questa pista. Una su tutte? Marc Marquez e la sua Honda Repsol HRC, unici vincitori finora da quando si è disputato l’evento. Non che esista una domenica dove Marquez non “tiri a vita persa”, per carità: ma quella di Austin è una tappa che, almeno fino ad oggi, è sempre sembrata cucita addosso al giovane spagnolo.

Un circuito di quelli definiti “stop & go”, ovvero formato da lunghissimi rettilinei seguiti da curve lente e strette. Dove per andar forte, oltre che di una buona velocità di punta, c’è bisogno di sfruttare i rettilinei fino all’ultimo metro tirando delle “staccatone”, e riuscire a rialzare la moto il prima possibile in uscita di curva per anticipare l’apertura del gas e sfruttare tutta la trazione.

Caratteristiche, queste, che finora si sono sempre adattate perfettamente alla Honda. Forte come sempre di un motore incredibile, di un ottimo software per la gestione della potenza in fase di accelerazione, e di una proprietà “torsionale” del telaio fuori dal comune, che permette ai piloti (soprattutto a Marquez), di frenare più tardi degli altri e di girare molto più stretto spigolando le curve.

Con queste doti, i vertici del colosso nipponico potranno sicuramente aspettarsi un’ottima gara dal loro team factory, ma saranno sicuramente amareggiati per non potersi avvalere domenica anche dell’aiuto di Daniel Pedrosa. Il pilota spagnolo, come ormai noto, dopo l'annuncio shock nel post-Qatar (che in un primo momento aveva addirittura fatto pensare ad un ritiro definitivo dalle corse), ha comunicato che sarà assente per un numero indefinito di GP a causa di alcuni problemi ad un avambraccio (sindrome compartimentale), che gli provocano dolori atroci durante la gara non permettendogli di esprimersi al meglio.

Al suo posto, in attesa di certezze post-operatorie da parte dell’equipe medica del pilota numero 26, la Honda schiererà il fidato collaudatore Hiroshi Aoyama. Per un attimo si era addirittura pensato che la casa giapponese mettesse in griglia Casey Stoner, ma le “palpitazioni” si sono fermate quando Livio Suppo (team manager Honda) ha negato di voler far correre l’australiano, affermando che un eventuale rientro di Stoner, visto il livello altissimo in pista, avrebbe meritato una preparazione adeguata.

Come dargli torto. Anche se, diciamoci la verità: alzi la mano chi non sarebbe stato contento di rivedere correre il “canguro mannaro”. Guardare Stoner in pista insieme a Marquez, Rossi, Lorenzo e le due Ducati, sarebbe stato a dir poco “gustoso”. Roba da ritrovarsi a “leccare la tv”, altro che “in piedi sul divano” (come suol dire un famoso commentatore). Ma per Honda va bene cosi. Tanto, basta Marquez per “rallegrare” i loro weekend. Specie pensando che domenica il “cabroncito” vorrà anche rifarsi per l’errore compiuto nel GP del Qatar, dove dopo essere andato lungo alla prima curva (con una staccata forse eccessivamente ottimistica) si è ritrovato ultimo, senza riuscire poi a rimontare sul gruppo dei primi e dovendosi accontentare di una quinta posizione.

Davanti a lui a Losail (in quarta posizione) ha tagliato il traguardo Jorge Lorenzo. Partito a cannone in gara, apparentemente pronto a giocarsi la vittoria, ridimensionato poi sul finale dal compagno di squadra e dalle due Ducati. Il maiorchino, alla guida di una Yamaha che non ha mai amato particolarmente la pista di Austin, cercherà sicuramente di rifarsi sotto, anche se sembra subire di nuovo (come l’anno scorso) la presenza di Rossi nel box che diventa sempre più ingombrante. Soprattutto dopo la gara di apertura, dove “l’animale da gara” pesarese è riuscito a tirar fuori dal cilindro una delle sue perle più belle, tagliando per primo il traguardo e promettendo battaglia per tutto il proseguo della stagione. Alla domanda “titolo mondiale”, Valentino Rossi ha risposto: ”Dieci è un bel numero”, alludendo ovviamente al suo palmares di titoli, fermo a quota 9.

Capitolo a parte, per concludere, merita la Ducati: semplicemente “mostruosa” in Qatar. Non si vedeva una rossa così sin dai tempi dell’accoppiata Stoner/Capirossi. Competitiva dal primo all’ultimo giro, con una velocità di punta sufficiente a staccare via gli adesivi degli altri durante i sorpassi in rettilineo, con ottime proprietà in staccata/ingresso curva (punto debole della moto precedente) e “gentile” sulle gomme quanto basta per riuscire a finire la gara. L’ingegner Dall’Igna quindi, a capo del progetto tecnico a partire dalla passata stagione, è riuscito (almeno cosi sembrerebbe) a compiere il miracolo. E se questa è la performance che riescono a fare con una moto completamente nuova che non aveva praticamente mai girato, nelle prossime gare ci sarà da divertirsi. Specie pensando a quel Dovizioso “assatanato” vistosi in Qatar, il quale ad Austin vorrà sicuramente rendere un piccolo “favore” a Valentino Rossi, ed al suo ottimo compagno di team Andrea Iannone, che vorrà ripetere il podio di Losail (il suo primo in MotoGP). Senza contare che, già l’anno scorso su questa pista, nonostante una moto “problematica”, la Ducati aveva arpionato un podio incredibile.

Le premesse per divertirsi dunque, ci sono tutte. Ok, battere Marquez qui in Texas, più che difficile rimane quasi impossibile. Ma visti i “cannibali” in pista, possiamo stare certi che “non rimarrà nulla di intentato”. Non prendete impegni per domenica sera dunque… Austin arriva!!

Daniel Limardi

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