Campioni, certo, i magnifici tre. Ma anche un po' carogne, spesso egoisti, privi ormai di qualsivoglia forma di fair-play consona al ruolo che ricoprono. Lorenzo, Rossi e Marquez si sono lasciati andare alla più sfrenata anarchia comportamentale, ognuno dei tre forte delle sue convinzioni e delle sue ragioni, colonne portanti di un "odio" sportivo che lascia talvolta attoniti per la "violenza" verbale con il quale si propaga fuori la pista, soprattutto tra tifosi (se così si possono chiamare) che non aspettano altro. A qualcuno piace questo clima duro, bastardo, con la tensione che si taglia a fette. Molti ci sguazzano, campano facendo polemica e alimentandola, dall'altra parte però c'è anche chi ammira i piloti capaci di essere leali, sportivi, gentiluomini nei limiti di una competizione motoristica. Duri ma corretti.

Nel GP delle Americhe ha dominato il diavolo Marquez, non certo uno stinco di santo, anzi. Secondo è arrivato Lorenzo, fenomeno alla guida ma anche machiavellico fuori. Terzo è arrivato Iannone, apparso - non ce ne voglia - fin troppo poco pentito per l'errore di Rio Hondo e troppo pronto ad auto-assolversi.

L'immagine più bella del GP ce l'hanno però data due piloti caduti: Dani Pedrosa e Andrea Dovizioso. Educato il primo, un signore d'altri tempi, di una compostezza fuori dal comune in un mondo di squali. Un gentleman anche Dovizioso, una carriera con poche polemiche, un ragazzo veloce in moto che non ha mai fatto troppa scena. Due piloti seri e leali, e non è un caso se nel loro sfortunato scontro texano s'è (ri)visto finalmente il lato perbene della MotoGP, ormai latitante da troppo tempo.

Non una polemica tra i due, né una parola fuori posto. Significative le doppie scuse di Pedrosa, al momento del fatto e dopo nei box; di grande dignità il comportamento di Dovizioso, che si è civilmente spiegato col collega della Honda. Eppure anche loro sono top rider, piloti ufficiali di due grandi Case. Fosse successo tra altri piloti, forse, sarebbe scoppiata una rissa in pit-lane che nemmeno nei peggiori bar di Caracas.

E' davvero così difficile sognare di vedere la stessa correttezza - anche nell'errore - da parte di tutti i protagonisti di quello che è un meraviglioso spettacolo? Per ora sembra di sì: sono troppe le scorie, i veleni, le rivalità, le ambizioni tra un manipolo di piloti tutti in lotta per la vetta del mondo o per mantenere la propria sella alle porte di un mercato piloti quantomeno "movimentato". Immaginatevi cosa sarebbe la MotoGP se all'altissimo tasso tecnico corrispondesse un congruo contegno da parte di piloti tanto veloci quanto, ultimamente, fin troppo incattiviti...

Antonino Rendina