Torna la rubrica "i miti del motomondiale" su LiveGP.it e stavolta vi raccontiamo la storia di una leggenda sfortunata, alla quale la pista ha dato e tolto molto: Wayne Rainey. Nato a Los Angeles il 23 ottobre 1960, inizia la sua avventura con le due ruote sulle piste americane di dirt-track, dove prende confidenza con moto potenti ma difficili, spesso poco sofisticate e pericolose da guidare. Un fattore, questo, che gli insegna a "guidare sui problemi", come spesso dirà negli anni successivi.

Nel 1983 vince il Campionato AMA Superbike, guadagnandosi così il diritto di entrare nel motomondiale in classe 250 nel team dell'ormai ex-pilota Kenny Roberts. Un'annata non soddisfacente per l'americano che, complice una Yamaha poco competitiva, non riesce a vincere nemmeno una gara, arrivando a fine Campionato con 29 punti che gli valgono l'ottava posizione. Rainey, deluso dall'esordio poco produttivo, torna in America dove per tre anni consecutivi domina il Campionato Superbike con la Honda, riprendendo fiducia nelle sue potenzialità e nel suo talento. Nel 1988 cede nuovamente alla "corte" di Roberts e torna nel motomondiale, stavolta in classe 500.

Il pilota sale in sella alla Yamaha e finalmente, sul circuito di Donington, porta a casa la sua prima vittoria nella classe regina: Rainey chiude il Mondiale in terza posizione e il suo morale e la sua determinazione crescono, unendosi all'impegno maniacale che mette nel lavoro. Nel 1989 lotta con Schwants e Lawson per tutta la stagione. I tre animano ogni gara con cattiveria in pista e un pizzico di follia, regalando agli appassionati duelli indimenticabili. Rainey si trova spesso in difficoltà a causa dei pneumatici Dunlop, meno performanti delle Michelin montate sulle moto dei suoi diretti avversari, ma l'americano arriva ad un soffio dal titolo. Chiude infatti quella stagione in seconda posizione, dietro a Lawson.

Finalmente arriva la stagione 1990 e con essa il primo titolo mondiale di Rainey, che domina il campionato sia nelle prove che nelle gare in sella alla sua Yamaha. Il driver statunitense non scende mai dal podio, tranne in Ungheria (ritiro) e chiude il Mondiale con 255 punti. L'anno successivo difende il titolo dagli attacchi degli avversari con costanza e determinazione, contribuendo ad alimentare il suo mito: quello di un pilota che non si lascia distrarre dai problemi e dalla pressione del mondo esterno e che in gara si isola e vince nuovamente "guidando sui problemi".

La stagione 1992 inizia in maniera negativa per l'americano, data la supremazia di Doohan che con una Honda rimessa a nuovo domina incontrastato sulle piste di mezzo mondo. Quando tutto sembra perduto, il pilota australiano incappa in una scivolata che gli crea non pochi problemi (Doohan rischiò addirittura l'amputazione della gamba, ndr). Un imprevisto che, di fatto, lo esclude dalla lotta al titolo. Arriva così la terza vittoria iridata per Rainey con un mix di talento, costanza e fortuna.

Inizia la stagione 1993 e le premesse per un Mondiale con i fiocchi ci sono tutte. Rainey deve difendere il titolo, sulla Suzuki Schwantz si mostra finalmente costante e pericoloso per la lotta al vertice, mentre Doohan si riprende in fretta dall'infortunio dell'anno precedente. I tre fanno divertire il pubblico con i loro duelli epici. Il californiano ha tutte le carte in regola per puntare al quarto titolo consecutivo,  ma il 5 settembre - sul circuito di Misano Adriatico - Rainey scivola in gara (che lo vede assoluto dominatore) e si frattura la spina dorsale, riportando così la paralisi degli arti inferiori.

Un dramma difficile da metabolizzare, che lo costringe a lasciare il mondo della corse che tanto ama. "Non accetterò mai le cose per come sono andate a finire, ma mi sono fatto una ragione rispetto a ciò che perso. Questa è la parte più difficile. C’è stato un tempo in cui le gare mi mancavano molto, ma è la vita ciò che mi manca di più", ha affermato Rainey in un'intervista molti anni dopo l'incidente.

Rainey reagisce alla sfortuna che lo ha colpito e, sulla sedia a rotelle, torna nel mondo della due ruote come consulente e team manager. Inoltre soddisfa il suo bisogno di correre grazie ai go-kart, perché è un pilota vero, di quelli che non si sono mai arresi e mai lo faranno. Spinti da qualcosa che va oltre alla comune voglia di vincere, una motivazione che viene da dentro e che permette di correre con un proprio stile e di dominare in pista come un leone.  Un pilota inimitabile anche dai campioni contemporanei. 

A Rainey è intitolata una curva sul tracciato di Laguna Seca, ricevendo anche l'onore di essere inserito tra le "leggende del motociclismo americano". Il giornalista Paolo Beltramo, suo grande amico, ha scritto che una volta Rainey gli disse: "Sai che mi manca più correre che camminare?". Una frase che racchiude una passione intramontabile. Piloti del genere restano di diritto nel cuore degli appassionati.

Alice Lettieri