Con i se e con i ma, si sa, la storia non può essere raccontata. Questa volta, però, trattandosi di Ayrton Senna, uno dei più grandi di sempre nel motorsport, facciamo uno strappo alla regola. A ventinove anni da quel maledetto Primo Maggio ’94, non vogliamo tuffarci in una serie di ricordi e aneddoti, di segni premonitori mal interpretati, spesso frutto della fantasia di chi guarda. E, come nel film Sliding Doors, interpretato dalla sontuosa Gwyneth Paltrow, ci siamo semplicemente chiesti: cosa sarebbe successo se quel GP di San Marino ci avesse raccontato tutta un’altra storia?

Una stagione complicata

Quel 1994 era un anno cruciale per la carriera di Senna. Dopo aver vinto tutto quello che poteva con la McLaren di Ron Dennis, dopo aver infiammato il pubblico con le lotte contro rivali del calibro di Prost e Piquet, per il brasiliano era giunta l’ora di cambiare. La Williams creata da Adrian Newey era la vettura migliore del lotto, i due titoli consecutivi ’92 e ’93 erano lì a dimostrarlo; e allora, Ayrton fece le valige e si trasferì a Grove.

Ma il cambio di casacca non fu indolore come ben sappiamo; difficile per Senna adattarsi alle forme così ristrette imposte dal genio inglese, con conseguenti problemi nell’adattamento. I primi due GP furono un disastro, con due ritiri, di cui il primo particolarmente doloroso in casa, a Interlagos. Ma a Imola, pista amata dal paulista, finalmente, le cose sembravano cominciare a marciare nel verso giusto. Ayrton era in testa alla gara, prima di finire contro il muro al Tamburello, e probabilmente sarebbe risultato vincitore al termine.

Ecco, se Senna fosse sceso dal relitto della sua Williams dopo il botto di Imola, come sarebbero andate le cose? Diciamocelo chiaramente: difficile battere Schumacher e la Benetton. La B194 portata in pista dal tedesco si rivelò un’arma micidiale, tanto che Michael vinse otto GP sui sedici stagionali. Certo, la Williams poi vinse il titolo Costruttori, ma il risultato fu pesantemente influenzato dai due GP di squalifica inflitti al team guidato da Flavio Briatore. Il ’94, dunque, pare una storia chiusa quasi in partenza; ma gli anni successivi cosa avrebbero riservato a Magic?

Il tanto agognato approdo in Ferrari

Facciamo un salto indietro, nel maggio ’91. Senna, a colloquio con Ezio Zermiani, gli rivela: “Vedi quelle tribune piene di spettatori? Il giorno che guiderò una Ferrari cadranno giù per l’entusiasmo”. Non è mai stato un segreto per nessuno che Ayrton volesse un giorno pilotare la Rossa. Lo aveva sempre dichiarato, rivelando come fosse uno dei suoi sogni sin da bambino.

Negli ultimi mesi, poi, l’allora team principal di Maranello Jean Todt, ha rivelato che le parti avevano praticamente già raggiunto un accordo per il ’95, almeno a livello verbale. Lo stesso Senna si era proposto già per il’94, secondo il francese, ma i contratti firmati con Alesi e Berger non lasciavano scampo. Attenzione, perché non siamo di fronte a un dettaglio di poco conto. L’arrivo di Ayrton a Maranello avrebbe spostato non poco l’asse della storia del motorsport.

Perché un dato è chiaro: con il brasiliano a Maranello, Schumacher la fabbrica Ferrari l’avrebbe vista se si fosse trovato a fare un giro con la famiglia nel modenese, al massimo. E, inoltre, tutto questo avrebbe portato a quello che abbiamo vissuto dopo, nei primi anni 2000? Il gruppo di lavoro creato da Todt, infatti, aveva nel tedesco un vertice imprescindibile. Senna non era certamente da meno per qualità, dedizione al lavoro e tutti gli altri fattori fondamentali, ci mancherebbe. Ma sarebbe stato il posto giusto al momento giusto? Non avremo mai la risposta, ma, a posteriori, è difficile credere che gli equilibri sarebbero stati gli stessi.

La chiusura in Minardi, poi chissà…

Una cosa è certa: Senna aveva promesso a Giancarlo Minardi che avrebbe chiuso la carriera con il team di Faenza. E se Senna si era impegnato in questa direzione, possiamo essere certi che le vetture romagnole sarebbero state pilotate dal paulista nell’ultimo valzer di una storia mitica. Che rabbia, a pensarci bene, non aver potuto vivere quei momenti!

E poi? Sì, perché la vita continua, non si ferma mica una volta tagliato l’ultimo traguardo nel mondo delle corse. Alzi la mano chi vedrebbe bene Senna nella F.1 attuale. Nessuno? Beh, non c’è da stupirsi. Troppo contorno, troppi orpelli, troppo cinema per uno abituato sempre e comunque ad essere sé stesso.

Chissà cosa avrebbe potuto fare Ayrton fuori dai GP. Sicuramente si sarebbe dato anima e cuore alla sua Fondazione, ma difficile pensare che si sarebbe limitato a questo. Avrebbe guardato ben oltre, come suo solito; chissà, magari un tentativo in politica, quella seria, pulita, per il bene della sua gente, che continua ancora oggi a tributargli tutti gli onori del caso.

Purtroppo, tutto questo è solo un volo pindarico, lo sappiamo bene. Ma a volte è anche bello cercare di immaginare come avrebbe potuto evolversi questa storia, che per molti è e sempre sarà la storia del più grande di sempre.

Nicola Saglia