Il lungometraggio dedicato alla vita di Michael Schumacher è finalmente sbarcato sulla famosa piattaforma streaming Netflix andando a ripercorrere le gesta del campione tedesco. Sarà riuscito il colosso americano nell’impresa di accontentare i fan di Schumi? Scopritelo nella nostra recensione.

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UNO SCHUMACHER PIU' UMANO

Ci prova quindi anche Netflix a narrare le gesta di Michael Schumacher, ripercorrendo la vita del campione di Kerpen da quando ha mosso i suoi primi passi nei kart fino a quella disgraziata giornata sul Meribel che ha cambiato per sempre la vita del campione tedesco. 306 gare, 91 Gran Premi vinti, 155 podi e sette titoli mondiali. Numeri impressionanti ed inavvicinabili per chiunque ma non è questo il focus principale di questo documentario, e nemmeno della nostra recensione.

Il colosso americano infatti cerca una chiave di lettura diversa andando a riscoprire uno Schumacher più “umano” rispetto a quello a cui siamo sempre stati abituati a vedere. Oltre le vittorie e le gesta in pista risaltano subito all’occhio i momenti di vita privati che riescono nell’impresa di mostrare qualcosa di inedito. Un ritratto a tratti intimo del campione tedesco che sicuramente farà commuovere ed emozionare chi è cresciuto con le sue vittorie.

TANTE TESTIMONIANZE

Nell’ora e 52 minuti proposta da Netflix per questo lungometraggio infatti si ripercorre non solo la carriera e le vittorie più importanti, ma anche momenti intimi e documenti mai emersi prima su altri organi di stampa. Tutto questo riesce sicuramente a dare qualcosa in più alla produzione americana anche grazie alle numerose testimonianze di amici e colleghi tra cui: Jean Todt, Mika Hakkinen, David Coulthard, Ross Brawn, Fernando Alonso, Bernie Ecclestone solo per citarne alcuni. Rivederli oggi parlare di Michael e delle sfide che furono riescono a dare una prospettiva a tratti nuova di quegli eventi e di questo ci sentiamo di fare i complimenti a Netflix.

Ma le parti migliori, a nostro avviso, sono sicuramente le interviste fatte proprio a Schumacher che sono passate in secondo piano all’inizio della sua carriera in F1. Tra queste ci piace ricordare il resoconto del campione tedesco sull’incidente di Ayrton Senna ad Imola nel 1994, che mostra tutta la sua fragilità, ma anche lucidità nel raccontare quei momenti. Oppure l’incidente di Silverstone nel 1999 in cui Schumi ci regala una testimonianza inedita e molto dettagliata di quel difficile momento per la sua carriera.

UN RACCONTO A META'

Uno Schumacher inedito certo, ma Netflix non ha raccontato tutta la storia. Alcuni avvenimenti vengono volutamente omessi come il GP di Monaco del 2006 o il rapporto non idilliaco con il compagno di squadra Barrichello. Come se si cerchi di rappresentare l’immagine di un campione perfetto, ma sappiamo tutti come la realtà fosse diversa. D’altronde lo dice lo stesso Schumacher: “Perfezione al 100%, il mio obiettivo è raggiungere quel 100%. Sono fatto così, non posso accettare niente di meno”. Ed è questa l’impressione che si vuole dare del campione di Kerpen, riuscendoci però soltanto a metà. L’idea generale è che Netflix abbia voluto coprire i momenti più controversi per non alimentare polemiche e non mostrare quel lato "senza scrupoli" che tutti conosciamo.

E forse era l’unico modo di ottenere il via libera dall'entourage di Michael per la realizzazione del lungometraggio e potersi fregiare dell'ufficialità del prodotto. Netflix ha infatti cercato di rappresentare entrambi i mondi della vita di Schumacher, passando dalla sfera privata a quella sportiva senza però mai "osare" probabilmente per non mancare di rispetto proprio alla famiglia.

LA FAMIGLIA PROTAGONISTA

La famiglia di Schumacher che alla fine è la vera protagonista di questo documentario. Oltre ad aver concesso il materiale per la realizzazione infatti riusciamo ad avere finalmente un immagine inedita sia di Corinna ma anche di Mick. In entrambi traspare con evidenza la grande fragilità data da questa situazione e la sofferenza di non avere più il Michael di prima accanto. Già perché anche se Corinna dice testualmente “Michael è ancora tra noi” dai suoi occhi si può capire come la verità sia molto diversa da come descritta.

Anche il figlio Mick pronto a rinunciare a tutto pur di poter parlare di nuovo da adulto con suo padre di una passione finalmente comune, i motori, fa capire il momento di difficoltà che la famiglia sta vivendo senza il suo leader. E forse è questa la grande eredità di questo lungometraggio, lasciare un ricordo positivo di Michael, ricordandoci però quasi con fermezza che lo Schumacher di prima non lo rivedremo mai più.

CONCLUSIONI

Concludendo ci sentiamo di dire che Netflix ha sicuramente fatto un buon lavoro nel romanzare la vita sportiva e privata di Michael Schumacher, soprattutto grazie ai documenti esclusivi concessi dalla famiglia. L'impressione è che però si sia voluto ammorbidire il tutto andando volutamente ad omettere certe controversie per non scatenare polemiche e per non mostrare ai nuovi appassionati tutte le fragilità di un campione di cui oggi purtroppo si parla al passato.

Julian D’Agata