Nella giornata di ieri è toccato alla Red Bull presentare la sua nuova RB16, con la quale scuderia di Milton Keynes prenderà parte al mondiale 2020 di Formula 1: la nostra analisi tecnica sottolinea, come prima impressione, il lavoro di fino che hanno svolto gli uomini diretti da Adrian Newey, soprattutto nel retrotreno per pulire i flussi diretti verso il diffusore e incrementare il suo effetto deportante.

L’obiettivo, non ci sarebbe neanche bisogno di specificarlo, è la riconquista del mondiale con Max Verstappen, mentre Alex Albon è chiamato a confermare sul campo quanto fatto vedere di buono nella scorsa stagione. Andiamo a vedere nel dettaglio le novità della monoposto.

Si comincia dal musetto e già qui si possono notare le prime estremizzazioni: la protuberanza si conferma aperta (per evitare il deleterio blocco aerodinamico), ma questa volta è dotata di altre due soffiature in più (freccia verde) per incrementare ulteriormente la portata d’aria del flusso diretto verso il corpo vettura.

Sono presenti anche due setti, ai lati del bulbo centrale (freccia arancione), di derivazione Ferrari per incanalare al meglio il flusso d’aria fra S-Duct e fondo. Proseguendo si può notare la presenza delle zanne, di scuola Mercedes, che fungono da diffusore contrario per incanalare il flusso nel sotto vettura (freccia azzurra).

Continuando con l'analisi tecnica della RB16 e passando al profilo alare anteriore, il mainplane si presenta abbastanza tradizionale, seguendo la filosofia sperimentata negli ultimi Gran Premi della passata stagione, con un andamento sinuoso e più rialzato verso la parte terminale.

Stupisce la presenza degli upper flap con una corda costante verso gli endplate (freccia rossa): per ora in Red Bull preferiscono non seguire il concetto dell’Outwash, ma vedremo come evolverà questa soluzione già nei prossimi test.

Confermato in blocco il sistema d’estrazione dell’S-Duct visto nelle ultime gare sulla RB15 (freccia verde), con la gobba che sporge dalla struttura del muso per espellere il flusso laminare sulla scocca della monoposto. Notiamo come i condotti del sistema siano più corti per via dell’arretramento delle narici sul musetto, protette dai piloni di sostegno dell’alettone.

Anche sulla RB16 l’estrattore del condotto è “circondato” da flap che puliscono il flusso verso l’abitacolo.

Riviste le sospensioni anteriori: i triangoli sono inclinati vistosamente in avanti rispetto all’ancoraggio alla scocca, sintomo di come la nuova vettura vanti un passo più lungo rispetto alla sua progenitrice. Inoltre il triangolo superiore è collegato al portamozzo in una posizione leggermente più rialzata (ingrandimento freccia rossa), ma nulla a che vedere rispetto al sistema a Pivot introdotto dalla Mercedes.

È stata posta massima cura nell’intero sistema sospensivo, ora più basso per generare meno turbolenze verso la zona centrale. Da notare l’elevata inclinazione del puntone del Push Rod (freccia gialla) che si “innesta” al portamozzo per mezzo di un bracket, così da gestire al meglio la variazione d’assetto della monoposto.

Sistema frenante di scuola Ferrari con le feritoie nella campana del disco, per migliorare l’estrazione dei flussi e ovviare al divieto del mozzo forato. Completano il tutto i cerchi OZ che presentano razze più sottili e maggior spaziatura fra di loro (prima foto freccia gialla).

I bargeboard mantengono, per ora, la conformazione della RB15 con la parte superiore frastagliata, per cercare di rinvigorire il flusso che altrimenti stagnerebbe in questa zona. Il direzionamento avviene verso le fiancate con due profili a boomerang orizzontali paralleli (freccia rossa), che si legano ai deflettori laterali leggermente modificati nella parte bassa per sigillare i flussi fra il corpo macchina e l’esterno.

Si passa ora alle pance laterali, con l’ingresso posto sopra il cono anti-intrusione (freccia verde) per pescare aria pulita e, al contempo, formare un sottosquadro verso il pavimento del fondo piatto incrementando i flussi, che ruotano attorno alle fiancate, e vanno ad alimentare lo scivolo del fondo stesso. Confermati gli specchietti retrovisori soffiati dotati del doppio supporto che fungono da deviatori di flusso.

Rivista, e migliorata, la zona dell’abitacolo: i flap posti immediatamente sotto l’airbox, ora di forma ogivale, e dietro la struttura di ancoraggio dell’Halo (frecce azzurre) servono a far “riattaccare” la vena fluida perturbata dal sistema di sicurezza e migliorare la qualità che andrà ad investire il retrotreno.

Ridisegnata la zona delle fiancate: ora presentano una forma simile a quella vista sulle Mercedes, con un incavo (frecce verdi) che ha la funzione di incanalare il flusso che scende verso il pavimento.

Rastremata, come al solito, la zona Coca Cola per lasciare più spazio alle componenti meccaniche (in giallo). Interventi di micro aerodinamica anche sul fondo con le piccole derive, poste immediatamente dietro ai deflettori (cerchio azzurro), e le classiche soffiature lungo la superficie per gestire la flessione del fondo e l’effetto Tyre squirt.

La sospensione posteriore, pur mantenendo lo schema Pull Rod, ha subito diverse modifiche: con il triangolo superiore che presenta un bracket molto accentuato (freccia verde) e con il relativo braccio del tirante molto lungo (freccia rossa). Ricordiamo che i cinematismi sono incastonati fra la Power Unit e la trasmissione, in modo da presentare un disegno complessivo completamente rivisto.

La pinna del cofano motore termina lineare, ma si possono notare i supporti per la Deck-Wing, mente l’alettone posteriore è sorretto dal doppio pilone (cerchio azzurro), anziché uno singolo con anello, per far posto allo scarico del motore e ai due scarichi a Diapason della valvola Wastegate, con il chiaro intento di provare a sfruttare il soffiaggio dei gas verso il dorso del mainplane e incrementare l’estrazione del diffusore.

Concludiamo la nostra analisi tecnica della RB16 con una nota: ancora una volta i motoristi della Honda saranno chiamati a seguire le linee guida molto stringenti di Newey, mantenendo affidabilità e prestazioni... due concetti che molte volte non vanno d’accordo. Sarà la monoposto del riscatto? Il verdetto passa alla pista!

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Articolo e grafiche a cura di Michele Montesano