Finalmente sono stati tolti i veli alla nuova Ferrari che prenderà parte alla stagione 2020 di Formula 1: presentazione in grande stile per la nuova vettura, che ha l’obiettivo di riportare il mondiale in quel di Maranello. Una netta evoluzione della SF90, con tanto lavoro fatto su telaio e Power Unit, ma gli uomini in rosso non hanno tralasciato la parte aerodinamica. Procediamo dunque con l'analisi tecnica della Ferrari SF1000.

A prima vista può sembrare che la nuova arma del Cavallino abbia preso ispirazione più dalla Red Bull che dalla Mercedes, complice anche la “vicinanza“ tecnica fra le due monoposto già vista nelle scorse edizioni.

Pur montando soluzioni posticce ed elementi della SF90 (vedi alettoni), possiamo già procedere con l'analisi tecnica di alcuni particolari distintivi della Ferrari SF1000: uno su tutti il restringimento della zona Coca Cola dovuto ad un “compattamento” del gruppo Power Unit e relativi accessori come masse radianti e batterie.

Balza all’occhio anche un assetto picchiato (o Rake) ancora più accentuato, vuoi anche per via del passo accorciato per mezzo di una trasmissione più compatta e corta.

Andiamo a scoprire più nel dettaglio la neonata di Maranello. L’avantreno mantiene una stretta parentela con la monoposto della passata stagione: confermato il concetto dell’Outwash sull’alettone anteriore per aggirare le turbolenze generate dal rotolamento degli pneumatici anteriori e allontanare il flusso perturbato al di fuori del corpo vettura.

Si possono vedere gli upper flap con una svergolatura verso l’esterno (freccia azzurra), per far defluire il flusso, e gli endplate di stretta derivazione 2019, con annessa lavorazione del marciapiede per sigillare al meglio il flusso incanalato nel sotto vettura.

Anche il musetto segue il concetto visto nel pacchetto Singapore ’19: con la protuberanza centrale affiancata dalle due soffiature per alimentare l’S-Duct (frecce gialle), anche se leggermente più stretto per ridurre la resistenza aerodinamica in punta.

Si prosegue con i piloni di sostegno (freccia azzurra) e flap inferiori (o ala di manta) che lavorano in stretta sinergia con i turning vanes, ora dotati di molte più soffiature (freccia verde), per incanalare aria nel sotto vettura e, in seguito, nel fondo piatto.

Salendo su si può notare lo sfogo dell’S-Duct, che pesca aria dal sotto vettura per farlo defluire tramite flusso laminare sopra di essa, ben armonizzato con l’insieme della centina del telaio anteriore (freccia gialla).

La sospensione anteriore resta fedele al sistema Push Rod con il sistema POU (Pushroad On Upright) ben visibile nel rigonfiamento in corrispondenza del puntone (freccia verde nella prima foto); i vantaggi sono evidenti soprattutto in termini di riduzione del sottosterzo nei tratti più guidati, dove la parte telaistica prevale su quella aerodinamica.

Inoltre l’intero avantreno si abbassa per migliorare ulteriormente l’efficienza aerodinamica e marcare l’assetto Rake (o picchiato). Confermata anche l’assenza del Pivot che avrebbe rialzato il braccio superiore, ma nel contempo si è cercato di ottimizzare l’efficienza aerodinamica di tutto il complesso sospensivo, abbassandolo notevolmente rispetto alla SF90.

Ben nascosta la vera novità del 2020, ovvero il terzo elemento che ha l’obiettivo migliorare il “dialogo” fra vettura, telaio e pneumatici, nella fattispecie riducendo l’usura delle Pirelli facendole funzionare nella corretta finestra di utilizzo senza subire troppe variazioni in base alle temperature esterne.

Rivisto anche tutto ciò che sta all’interno del mozzo ruota: con l’impianto frenante Brembo che presenta una presa alleggerita e inclinata per cercare di espellere l’aria calda generata all’interno della ruota e spingerla al di fuori del cerchione anch’esso rivisto nel disegno (freccia rossa, ora le razze più sottili arrivano quasi fino al dado) e alleggerito.

Si passa ora alla zona centrale: per quanto riguarda i bargeboard, le prime appendici ad essere sostituite in funzione dell’aerodinamica complessiva della monoposto, per ora si possono notare due flap a corna, o boomerang, (frecce gialle) di derivazione Red Bull. Queste, partendo dalla fiancata, arrivano a concludersi verso i deflettori rivisti per sigillare i flussi esterni, con l’obiettivo di “preparare” l’aria che investe le pance laterali.

Rivisto il disegno dei deflettori laterali, ora divisi in corrispondenza del sidepod (freccia verde) per alleviare la zona di pressione generata in questa porzione e nel contempo direzionare il flusso verso le fiancate.

L’ingresso delle pance è disposto, come ormai da due anni, al di sopra del cono anti-intrusione per “pescare” aria più pulita (freccia gialla), per poi scendere sinuosamente verso il fondo piatto (freccia verde) in modo da creare un generoso sottosquadro con relativo effetto downwash.

Rivisti gli specchietti retrovisori che presentano la ormai classica soffiatura superiore (freccia azzurra) per indirizzare il flusso al di sopra del corpo centrale. Anche sulla SF1000 sono ancorati alla scocca per mezzo di due supporti che fungono da deviatori di flusso: uno orizzontale (freccia gialla) che lambisce la parte superiore delle pance e l’altro verticale (freccia verde) per deviare il flusso all’interno dei radiatori.

L’airbox mantiene la forma triangolare già vista sulla SF90 (freccia azzurra), diviso sempre in due parti per alimentare la parte endotermica e la parte elettrica della Power Unit.

La particolarità tecnica rilevata nella nostra analisi che incuriosisce di più di questa Ferrari SF1000 sono le corna (freccia verde) poste dietro alla presa dinamica (sullo stile di quanto visto sulla McLaren nel 2005 e BMW Sauber nel 2007) che ha il compito di pulire l’aria in questa zona, perturbata anche dalla presenza dell’Halo, e farla defluire verso l’alettone posteriore.

Molto più compatte le pance laterali: dopo le masse radianti si stringono immediatamente (confronto linee verdi), tratto distintivo di casa Red Bull, per scendere verso il fondo piatto mostrando una zona Coca Cola molto rastremata (freccia verde).

Presenti anche le fessure dietro l’abitacolo per far raffreddare i componenti meccanici. Oltre a rivedere l’efficienza aerodinamica esterna si è studiato accuratamente la fluidodinamica interna per cercare di ridurre gli ingombri e creare più spazio nella zona della rampa del diffusore.

Il fondo piatto per ora riprende i tratti distintivi di quello utilizzato nelle ultime gare della passata stagione, con le soffiature e derive orizzontali; anche questa zona subirà modifiche da qui all’inizio della stagione agonistica.

La sospensione posteriore presenta un Bracket ancora più rialzato (cerchio giallo); confermato lo schema Pull Rod, con barre e ammortizzatori montati fra la scatola del cambio e il differenziale, il tutto più accorciato (si parla di circa 40 millimetri).

La zona posteriore è quella che ha subito una modifica più pesante: ora più compatta e leggera per lasciare spazio ai canali del diffusore chiamati a generare più deportanza (vero tallone d’Achille della SF90). Complice la riduzione del passo, si parla di circa 20 millimetri in meno, la SF1000 ora presenta un assetto Rake ancora più estremo (linee costruttive rosse) per cercare di incrementare l’efficienza complessiva del diffusore.

Al termine del cofano motore, dotato del taglio sulla pinna, è presenta la Deck-Wing biplano (freccia azzurra) che lavora in sinergia con il doppio pilone di sostegno dell’alettone posteriore, quest’ultimo per ora identico alla Ferrari della passata stagione.

Procedendo con l'analisi tecnica della Ferrari SF1000, come più volte detto in quest’inverno la maggior parte delle novità non sono visibili all’esterno: stiamo parlando, oltre della trasmissione delle sospensioni, anche del motore.

Il sei cilindri ha subito diversi interventi: sono state ridisegnate le camere di combustione e le testate; inoltre è aumentato il rapporto di compressione conseguente aumento del regime di rotazione. Rivisto anche la parte elettrica con il gruppo MGU-H e MGU-K ora più efficienti e in grado di generare più potenza nell’arco del singolo giro.

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Articolo e grafiche a cura di Michele Montesano