Oggi Jochen Rindt, il pilota austriaco unico Campione del Mondo postumo nella storia della Formula Uno, avrebbe compiuto 78 anni. Una carriera breve la sua, ma ricca di vittorie e di soddisfazioni. Avrebbero potuto essere tante di più se la sua corsa non si fosse bruscamente interrotta contro il guard rail della Parabolica di Monza il 5 settembre 1970.

Nato tedesco, a Magonza, Rindt perse i genitori sotto un bombardamento Alleato, e fu adottato dai nonni residenti a Graz, diventando così, dopo la guerra, cittadino austriaco. La grande passione per le corse e l’automobilismo lo spinse nel 1961 a vendere l’azienda ereditata dal padre per gareggiare con una SIMCA nei rally, per poi trasferirsi nel mondo del Turismo con una Alfa Romeo Giulietta.

L’esordio in monoposto avvenne in Formula Junior nel 1963, dove mostrò il suo valore contro rivali del calibro di Jackie Stewart e Jo Siffert. Fu in quegli anni che si guadagnò il soprannome di Tigre, per via del suo naso schiacciato. Molti giornalisti d’Oltremanica, però, non lesinarono critiche al suo stile di guida, veloce ma molto aggressivo, forse troppo. Nel 1964 il debutto in Formula 2, con la vittoria a Crystal Palace davanti a Hill, Clark e Stewart.

Il 1965 fu l’anno della svolta. Rindt entrò in pianta stabile in Formula 1 e vinse la 24 Ore di Le Mans in coppia con Masten Gregory, veloce driver statunitense, al volante della Ferrari 250 LM. Nel Circus, invece, approdò sulla Cooper, in coppia con Bruce McLaren. Nel 1968 passò alla Brabham, senza ottenere però grandi soddisfazioni; alla fine della stagione la svolta della carriera, con l’approdo alla Lotus, alla corte del geniale Colin Chapman, in coppia con Graham Hill.

L’anno successivo, ecco arrivare le prime soddisfazioni per Jochen, con la vittoria al Watkins Glen dopo il terribile incidente del GP di Spagna, dove rimediò anche una commozione cerebrale. Negli Stati Uniti, invece, fu il veterano Hill a rompersi entrambe le gambe, consegnando a Jochen il ruolo di prima guida Lotus per l’anno successivo.

Il 1970 si apprestava a diventare trionfale per Jochen Rindt. Cinque vittorie, di cui la prima a Montecarlo, seguita da un filotto iniziato in Olanda e chiusosi in Germania. A Monza Rindt si presenta per chiudere il campionato definitivamente, ma non ha fatto i conti con la sorte e con la velocissima ma instabile Lotus 72. In qualifica, mentre si avvicina alla staccata della Parabolica, qualcosa va storto, Jochen perde il controllo della vettura e va a sbattere violentemente, perdendo i sensi. Morirà poche ore dopo al Niguarda, a causa delle lesioni irreparabili. Le cause vere e proprie restano tutt’oggi un mistero, ma Chapman sarà messo violentemente sotto accusa per la pericolosità delle sue macchine.

La stagione prosegue con Jacky Ickx su Ferrari che si avvicina a Rindt in classifica; nell’ultima gara, però, al Watkins Glen, la vittoria di un allora giovanissimo Emerson Fittipaldi gli impedirà di coronare la sua rimonta. Monsieur Le Mans si dovette accontentare della seconda posizione mondiale e non avrà più la possibilità di vincere il Titolo.

A posteriori, la storia di Jochen Rindt resta una pagina bella e dolorosa allo stesso tempo, struggente come solo il Motorsport sa essere. L’austriaco avrebbe sicuramente vinto molto di più, ma è riuscito comunque ad entrare nella leggenda della Formula Uno.

Nicola Saglia