Il primo GP di F1 disputato a Miami ha regalato agli appassionati una gara che non passerà agli annali per grossi temi di discussione, a meno di non considerare il dibattito sul mare finto e le barche vere: in Florida il kitsch esce unico trionfatore.

Il GP di Miami, nel suo sviluppo e con il suo contorno, pone la solita domanda su cosa voglia dire "spettacolo" in F1. La dicotomia è presto servita. Il pubblico più affezionato considera spettacolare il tema agonistico della gara. I piani alti di questo sport, invece, considerano come spettacolo il "pacchetto" che un GP può proporre.

Oggettivamente Miami non ha offerto granché come tema sportivo. Nel corso degli anni abbiamo assistito a gare più noiose e certamente abbiamo visto gare più divertenti. In Florida la F1 non ha trovato il circuito più eccitante per quanto riguarda la sfida in pista. Il tracciato piatto, figlio di una concezione di design molto contemporanea, ha mostrato i limiti della nuova generazione di monoposto. Vediamo più inseguimenti e fasi in scia, ma senza il DRS non si passa.

Guardando il lato social della gara notiamo un'altra storia. Il pubblico in tribuna pare avere apprezzato la gara e le varie celebrità hanno postato le immancabili foto di presenza all'evento. Fino a quando durerà l'idillio della F1 negli USA, non è dato saperlo. Come "pacchetto" Miami ha mostrato di avere le carte in regola.

Il problema fondamentalmente risiede tutto qui. La F1, come tutti i prodotti, subisce un forte imprinting del produttore. Liberty Media ritiene che la maniera migliore per far tirare dal punto di vista commerciale la F1 sia una spettacolarizzazione nel senso più cheap del termine.

Passino le polemiche su un tracciato ritenuto inadeguato. Passino le polemiche relative ai pacchetti "experience" venduti a 14'000 dollari, organizzati e realizzati malamente. La F1 ha scoperto che stereotipare un evento (effettivamente la promozione di Miami sembrava orientata a far passare la città come un fenomeno dell'outrun, dove ancora si respirano gli Anni Ottanta e Miami Vice) vende.

Da questo ne discende il porto con il mare finto, i piloti scortati sul podio in un (brutto) remake di CHIPS e i caschi da football al posto dei cappellini Pirelli. Ne discende anche una gara sulla strip di Las Vegas, capitale del kitsch e di tutto quello che ne consegue.

Funzionerà? Fino a quando durerà? Fosse per noi Miami rimarrebbe un esperimento estemporaneo. Sfortunatamente non sarà così. Gli accordi commerciali per avere altre gare a Miami sono forti, il pubblico pare essersi divertito ed i numerosi VIP accorsi hanno avuto le loro foto e il loro attimo di celebrità in un contesto esotico.

Probabilmente ad un certo punto la F1 di questo decennio dovrà affrontare un pericoloso corto-circuito innescato dal concetto di "spettacolo". Il kitsch vincente di Miami ne è solo un'avvisaglia.

Luca Colombo