Dopo il colpo a vuoto fatto registrare in Bahrain, la Red Bull è tornata in grande spolvero sulla pista cittadina super veloce di Jeddah. All’indomani della prima gara della stagione, Verstappen e il suo team erano sembrati preoccupati per il doppio zero in classifica, ma comunque fiduciosi per le prestazioni della vettura. Quanto mostrato in Arabia Saudita ha dato loro ragione, pur sottolineando come il team rivale di questo 2022 (Ferrari, in attesa di un ritorno Mercedes) non sia certo da sottovalutare.

Velocità in rettilineo e strategia: la costruzione di un successo

Quella tra Leclerc e Verstappen in alcuni momenti è sembrata una vera e propria partita a scacchi, in cui la strategia e i giochetti mentali sono sembrati prevalere sulla pura guida. Esempio ne è sicuramente la ripartenza dopo la prima safety car. Charles spinge inesorabilmente Max verso il muretto esterno per fargli alzare il piede ed evitare così di trovarselo in scia nel rettifilo successivo.

Lo stesso olandese, peraltro, ha dato l’impressione di voler in qualche modo, almeno indirettamente, innervosire il suo avversario con messaggi via radio relativi ad un suo presunto tocco della linea dei box. La gestione perfetta da parte sua del DRS e della VSC nel finale gli hanno poi consentito di trovarsi nella posizione migliore per attaccare il rivale e andare a prendersi la vittoria, la prima con il numero 1 sulla carrozzeria.

Non c’è solo questo, però. La Red Bull è parsa essere sensibilmente più veloce rispetto alla Rossa, perlomeno nel dritto. Se Ferrari fa della trazione in curva il suo punto di forza, infatti, la power unit Honda ha mostrato di essere quella messa meglio in termini di cavalleria. 334,6 km/h di Verstappen contro i 320 di Leclerc. Chiaro, la scelta di scaricare di più aerodinamicamente ha pagato per i ragazzi di Chris Horner, ma il divario in termini di motore c’è, seppur non incolmabile.

Perez e affidabilità i nodi cruciali

C’è poco da discutere a proposito del giro che sabato ha consegnato la pole a Sergio Perez. I 25 millesimi rifilati a Leclerc hanno reso il tutto ancora più epico, con il pilota di Guadalajara incontenibile all'interno del cockpit della sua Red Bull. Peraltro da ricordare come Sergio sia l'unico messicano della storia a conquistare la prima piazzola in griglia.

Questo inizio di stagione per lui è sembrato decisamente migliore rispetto al 2021. Certo, perde ancora qualcosa rispetto al team mate campione del mondo, ma i distacchi non sono più così abissali. Anzi, sul pericolosissimo circuito saudita, Perez ha mostrato di trovarsi perfettamente a suo agio con la vettura. La sua costanza di rendimento sarà fondamentale per il team lungo tutta la durata della stagione. Detto in altri termini: non basterà più essere fenomenali per due giri e tenere dietro il diretto rivale di Max. Checo dovrà dimostrare di essersi meritato il rinnovo per questa stagione.

C’è però un altro aspetto che potrebbe dare qualche grattacapo a Adrian Newey e soci, come già visto in Bahrain: si tratta dell’affidabilità. Certo, rispetto a quanto visto a Sakhir, l’Arabia è sembrata una passeggiata di salute, con entrambe le vetture tranquillamente sotto la bandiera a scacchi. In casa Alpha Tauri, però, non è andata esattamente così.

Yuki Tsunoda, infatti, è stato fermato da un problema tecnico già nelle qualifiche, in cui non è riuscito ad uscire dai box per problemi tecnici. Non gli è andata tanto meglio in gara. Il giapponese ha dovuto posteggiare la sua AT03 nel giro di schieramento, e dire addio alla competizione ancora prima di iniziarla realmente. Insomma, un weekend tutt’altro che tranquillo per lui e per il team.

In conclusione, se Horner può festeggiare per la vittoria ottenuta, al Red Bull Powertrains, il reparto che si occupa delle power unit montate dai due team, bisogna ancora lavorare alacremente per risolvere tutti i problemi patiti in questo inizio stagione. I jolly da giocare non sono poi tanti, e nella F.1 attuale sappiamo benissimo quanto possa essere fatale perdere anche solo pochissimi punti.

Nicola Saglia