Erano altri tempi per il Circus, per la sicurezza dei circuiti (anni luce lontana da quella attuale) e per tutti quei piloti che, ogni qualvolta indossavano il casco e scendevano in pista, non sapevano se poi sarebbero potuti scendere dalle monoposto con le proprie gambe per riabbracciare mogli, figli e familiari. Era tutto nelle mani di una variabile impossibile da decifrare e da decriptare, chiamata destino.

Paletti, milanese classe 1958, figlio di una famiglia facoltosa, non era nato con la passione per il motorsport. Se n’era avvicinato solamente all’età di diciannove anni, dopo aver fatto esperienza in sport completamente differenti per tipologia, come karate e sci alpino. Prima di approdare in Formula Uno, si diletta nelle categorie propedeutiche (Formula 2 e Formula 3) dove ottiene pochi risultati prestigiosi che fanno da contraltare ai tanti ritiri subiti. Alla fine del 1981 uno degli sponsor che ne segue la crescita professionale in pista – la Pioneer – lo convince al grande salto nella top class, malgrado le resistenze dello stesso Paletti che avrebbe gradito un altro anno di apprendistato ed esperienza. Nel 1982 è al volante della monoposto del team Osella in qualità di seconda guida. Tra ritiri e mancate qualificazioni, il pilota milanese arriva al Gran Premio del Canada senza essere mai riuscito a completare una gara.  

Non ci riuscirà neanche a Montreal: ma in quel caso, il conto riservatogli in gara dalla sorte sarà purtroppo di quelli salati. Partito 23°, Paletti – al contrario di molti colleghi – non riesce ad evitare la Ferrari di Didier Pironi che rimane ferma in griglia sulla piazzola numero uno. Il botto è violentissimo (avvenuto a circa 180 km/h): il pilota milanese perde conoscenza, venendo poco dopo avvolto dalla fiamme per via della benzina fuoriuscita dal serbatoio della sua Osella. Domato l’incendio, viene trasportato in ospedale, dove perirà poco dopo per le sostanze estinguenti respirate in quei secondi interminabili e per le serie ferite riportate all’altezza della zona toracica.

Paletti, che due giorni dopo avrebbe compiuto 24 anni, muore sotto gli occhi attoniti della madre, arrivata in gran segreto a Montreal per sostenere il figlio, e che invece ne osserva gli ultimi istanti di vita. Un dolore straziante per una giovane vita volata in cielo così presto. Alla memoria di Riccardo Paletti è intitolato il circuito di Varano de' Melegari, dove una targa campeggia con la seguente frase: "Qui ricordiamo la voglia di vivere e l'amore per l'automobilismo di un giovane campione di generosità".

Piero Ladisa 

 

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