Correva la stagione 1979. La Brabham, motorizzata dal nuovo Alfa Romeo 12 cilindri a V, risultò essere una monoposto veloce ma al tempo stesso fragile, come testimoniato dai tanti ritiri a cui Niki Lauda e Nelson Piquet dovettero far fronte. La mancanza di competitività della scuderia gestita da Bernie Ecclestone spinse Lauda al clamoroso ritiro a due gare (Montreal e Watkins Glen) dalla conclusione del Mondiale. Con la Formula Uno che apparteneva oramai al passato, Lauda si diede all’imprenditoria nel settore dei trasporti, andando a costituire una propria compagnia aerea (Lauda Air). Ma il richiamo al mondo delle corse, con tutto il suo bagaglio di adrenalina (unito a qualche difficoltà economica) si fece via via sempre più incessante nella mente dell’austriaco, che così decise di tornare in pista nel 1982, accordandosi con la McLaren. In quattro stagioni disputate con la scuderia di Woking, Lauda ottenne 8 vittorie e il titolo iridato, il terzo e ultimo in carriera, conquistato per mezzo punto sul compagno di squadra Alain Prost nel 1984. Titolo che fu anche l’ultima gemma incastonata nella sua florida carriera, visto che l’anno seguente diede il definitivo addio alla classe regina del motorsport.

Per ritrovare un caso analogo a quello di Lauda, ovvero di un campione del mondo che lascia momentaneamente la scena, bisogna fare un balzo in avanti nel tempo fino ai primi anni ’90. Con modalità però, rispetto al caso Lauda, completamente differenti. Nel 1991 la Ferrari, rispetto alla stagione precedente, non fornì ad Alain Prost una monoposto all’altezza per competere per il titolo contro il rivale Ayrton Senna. Dopo il quarto posto colto a Suzuka (ad oltre 1'20" dalla coppia McLaren Berger-Senna), il Professore non riuscì a contenere la frustrazione per un’annata assolutamente fallimentare, definendo “un camion” quella monoposto Rossa che nel bene o nel male tutti i piloti avrebbero voluto guidare. Il sinonimo coniato da Prost, per definire le prestazioni della macchina del Cavallino, fece infuriare i vertici del team che decisero di licenziarlo in tronco. Ma il pilota francese, da uomo navigato, intelligente e scaltro, restò fermo nel 1992, dove si dilettò come commentatore per la televisione francese. Lo stop strategico di Prost ebbe il suo perché, visto che Nigel Mansell al termine di quell'annata decise di chiudere la propria esperienza in Formula Uno da campione del mondo, approdando negli Stati Uniti in direzione IndyCar.

Ecco che si concretizzò dunque il disegno di Prost: pazientare un anno per tornare a guidare la migliore monoposto all’epoca in circolazione. Naturalmente, la scelta presa sorrise al Professore, che fece suo il titolo del 1993, conquistando così il quarto e ultimo titolo prima del definitivo saluto al mondo della Formula Uno. Il sedile lasciato libero da Prost venne occupato da Senna ma, gli eventi tragici di Imola del 1 maggio 1994, costrinsero la scuderia di Sir Frank a dover sostituire il compianto pilota brasiliano. E così ad affiancare Damon Hill fu messo dapprima David Coulthard e poi (per alcune saltuarie apparizioni) il rientrante Nigel Mansell

Nella sua nuova parentesi in Williams, a due anni di distanza dall’iride, il Leone d’Inghilterra colse la vittoria nella gara conclusiva della stagione disputata in Australia sul tracciato cittadino di Adelaide (quella passata alla cronaca per l’incidente tra Schumacher e Hill). Nel 1995 Mansell firmò quindi con la McLaren, ma il sodalizio con Woking non portò risultati. Allora l’inglese, approfittando di una clausola presente nel contratto, si liberò dalla scuderia d’Oltremanica dando il saluto definitivo alla top class.

Nel 2006, dopo aver conquistato 5 titoli piloti in 11 stagioni al volante della Ferrari, Michael Schumacher decise di appendere il casco al chiodo, chiudendo l’esperienza con la Rossa e con il mondo della Formula Uno, regalando un'ultima gara mozzafiato ad Interlagos. Ma il motorsport rimase parte della vita del tedesco anche dopo il ritiro, con varie uscite in pista su due e quattro ruote. La Formula Uno però per Michael restò l’attrazione principale, la categoria più bella dove continuare a spendere energie fisiche e mentali, la stessa che gli aveva regalato tantissime gioie. E allora, ecco materializzarsi nel 2010 il grande ritorno nella classe regina con la Mercedes. Un colpo al cuore, sportivamente parlando, per tutti i tifosi della Ferrari che invece lo avrebbero voluto rivedere a Maranello nel 2008, come sostituto dell’infortunato Felipe Massa, quando le trattative per uno Schumi-bis si arenarono sul più bello per motivi fisici dopo un test condotto dal tedesco al Mugello.

Nel triennio in Mercedes, Schumacher è però risultato essere l’alter ego di quello ammirato nella sua prima vita professionale. Gli unici risultati di rilievo sono stati la pole position - poi revocata - a Monaco e il terzo posto colto nel GP d’Europa a Valencia (dove con Fernando Alonso e Kimi Raikkonen formò un podio tutto iridato) colti entrambi nel 2012, stagione conclusiva della sua seconda vita in Formula Uno. Poco più di un anno dopo il ritiro definitivo, il destino - alle volte cinico, baro e beffardo - ha riservato a Schumacher un tiro mancino, con il drammatico incidente verificatosi sulle nevi di Meribel il 29 dicembre 2013.

 

Ques'anno, Nico Rosberg ha deciso di salutare la compagnia a soli 31 anni, dopo ave rconquistato il suo primo titolo iridato al termine della gara di Abu Dhabi. E se anche il giovane tedesco decidesse, prima o poi, di aggiungersi alla...compagnia degli illustri predecessori? 

Piero Ladisa