"Le sue condizioni sono purtroppo peggiorate e non gli permetteranno di rientrare. Per me è stato un vero e proprio mentore, un collega e un amico", con queste parole ai dipendenti FCA, John Elkann motivava le recenti nomine ai vertici dell'azienda torinese. Poche ma significative parole, che lasciavano intendere che le condizioni di salute di Marchionne non fossero dipendenti solamente da complicazioni post operatorie in seguito all'intervento alla spalla destra.

La sua ultima apparizione pubblica, il 26 giugno, era stata la consegna di una Jeep ai carabinieri a Roma, dove il manager italo-canadese era apparso piuttosto debilitato e stanco. Il giorno successivo il ricovero nella clinica universitaria di Zurigo per un intervento programmato alla spalla destra, e con appuntamenti lavorativi fissati per la settimana seguente. Poi, come un fulmine a ciel sereno, le nomine in Ferrari di John Elkann (Presidente), Mike Manley (amministratore delegato) e Louis Camilleri (ad), a seguito di un consiglio di amministrazione riunitosi d'urgenza nella giornata di sabato 21 luglio.

Nato in Abruzzo ma cresciuto in Canada approdò in Fiat (sull'orlo della bancarotta) nel 2004 chiamato dalla famiglia Agnelli per un salvataggio che sembrava impossibile. Per tutti, non per lui che nel giro di 14 anni ha riportato in salute un'azienda con zero debiti,  e che chiuderà il 2018 con 4 miliardi di liquidità in cassa e un utile netto previsto di 5 miliardi e 125 miliardi di ricavi: un successo su tutta la linea.

In Ferrari approdò nel 2014 e subito impose il suo modello basato sul made in Italy, ingaggiando Maurizio Arrivabene e collocando nelle posizioni strategiche personale italiano. "Avere una Ferrari vincente in F1 è un punto non negoziabile e rimane un obiettivo chiaro. Non possiamo accettare una cosa diversa da quella. Vedere persone in settima o dodicesima posizione non interessa né a me né alla Ferrari", la sua dichiarazione appena arrivato a Maranello. Da quel momento è stato un crescendo continuo, fino ad arrivare alla stagione attuale dove si è potuta ammirare una Ferrari decisamente in grado di contrastare lo strapotere nell'era ibrida della Mercedes.

Alle porte vi è il Gran Premio d'Ungheria e per la Ferrari si presenta una doppia occasione: vincere per dedicare la vittoria all'uomo del rilancio e per rimettersi in corsa dopo la deblacle di Hockenheim. Riportare il Mondiale a Maranello sarebbe la chiusura del cerchio perfetto per un personaggio che, con la sua metodologia di lavoro, ha rivoluzionato l'industria automobilistica italiana e straniera.

Vincenzo Buonpane