Tanto rumore per nulla. La Mercedes esce con una semplice ammonizione dalla vicenda del test-gate di Barcellona ma, ancora una volta, è la stessa credibilità della Formula 1 ad uscirne pesantemente ridimensionata. La sentenza del Tribunale Fia ha difatti sancito il divieto alla Mercedes di poter svolgere il test collettivo per giovani piloti in programma dopo la gara di Silverstone, come “punizione” per aver percorso senza la preventiva autorizzazione gli ormai famosi 1000 km con la vettura 2013. Anche la Pirelli ne esce con una reprimenda ufficiale, per aver infranto il codice di lealtà sportiva previsto dall’articolo 151. Ma mentre la Mercedes ha già annunciato che non farà ricorso contro la decisione (e vorremmo ben vedere…) la casa milanese dovrebbe invece ricorrere in appello, non riconoscendosi come attore soggetto all’autorità del tribunale parigino. Passa dunque la linea morbida della Federazione, che ha scelto di non infierire sulla palese violazione commessa dalla scuderia di Brackley. Lascia molto perplessi il fatto che sia stato lo stesso Ross Brawn, in qualche maniera, a “suggerire” la sentenza al Tribunale, proponendo di saltare le prove di Silverstone per poter riparare al danno commesso: ci si chiede, però, quale sarebbe invece stata la pena qualora i rookie test si fossero già svolti. Altro che squalifica, quindi, altro che penalizzazione in punti: la Fia ha scelto di graziare uno dei Costruttori più ricchi e politicamente influenti del Circus. Il quale, se non altro, ne esce con le ossa rotte almeno dal punto di vista dell’immagine: da un lato, cadendo nel ridicolo dopo aver dichiarato che i caschi anonimi dei piloti titolari erano stati utilizzati per questioni di “privacy”; dall’altro, avendo tentato inutilmente di coinvolgere anche la Ferrari nel processo, dichiarando (manco fossimo sui banchi di scuola...) che anche il Cavallino aveva provato con un pilota titolare. Peccato che, come ben noto, la Ferrari avesse provato con Massa e De La Rosa con una vecchia F150, mentre la Mercedes era scesa in pista con la vettura 2013. Insomma, chi sperava nella “linea dura” è rimasto deluso. Ma anche chi credeva ancora in un minimo di credibilità della giustizia sportiva.

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