Il 28enne nativo di Perth, alla sua settima stagione completa in F1, non è più una promessa, ma un affermato top-driver, cui manca il titolo di campione del mondo per potersi dire e considerare davvero un pilota affermato. Nell’arco della sua carriera, va detto, non hai mai disposto di una vettura in grado di lottare per il mondiale, posto che è solo dal 2014 che è stato promosso al team RedBull. Tre anni di gavetta in team di rincalzo -HRT nel 2011 e Toro Rosso nel biennio 2012-2013 - dove ha potuto dare prova del suo valore e della sua capacità di essere uomo squadra. Jean Eric Vergne,allo stesso livello di Daniel, a quel tempo, infatti, pagò a caro prezzo il suo carattere poco incline all’umiltà e all’empatia con la squadra. Tanto che nel 2014, con l’avvento delle nuove PU ibride, Helmut Marko e i vertici RedBull, decisero di affiancarlo al quattro volte campione del mondo Sebastian Vettel. Una scommessa vinta da entrambe le parti, con il giovane talento australiano affamato di successo, che riuscì nella non facile impresa di battere l’ingombrante compagno di squadra che – a onor del vero - in quell’anno incontrò moltissime difficoltà, sia di adattamento alla vettura, che di affidabilità dei motori Renault.

Una volta che Sebastian Vettel lasciò la RedBull per vestire i colori della Scuderia Ferrari, Daniel Ricciardo fu affiancato da Daniil Kvyat. Il problema principale per lui e il suo compagno, fu la vettura, ormai lontana parente di quella che aveva regalato a Vettel e alla RedBull un totale di otto titoli.

Dal 2014 ha continuato la rincorsa al trofeo più ambito, senza mai disporre di un mezzo in grado di dare costanza e sostanza agli sforzi del generoso Daniel, che alla soglia dei 29 anni (li compirà il primo di luglio), può vantare sette vittorie e due pole position.

E qui entra in gioco la notizia, di queste ore, del nuovo sodalizio biennale tra Honda e Aston Martin RedBull, per i campionati 2019 e 2020. Cosa comporta questa scelta per Daniel? Quali reazioni può generare in un pilota, così apprezzato in tutto il paddock ma che, al di là, del suo atteggiamento scanzonato, ormai non può più permettersi di gettare intere stagioni di F1, alla ricerca di affidabilità e potenza, accontentandosi di un paio di vittorie a stagione?

La verità è che le opzioni per lui sono davvero poche. Come già detto, non è sufficiente essere considerato un top driver, se poi, non ti viene data una vettura per vincere i campionati e per farlo, al momento, solo Mercedes e Ferrari assicurano la costanza e le prestazioni per il raggiungimento del suo obiettivo. La RedBull, con questa nuova scommessa, alimenta l’incertezza sulla capacità del team di lottare per il mondiale e costringe Daniel Ricciardo a guardarsi attorno. Se Mercedes è intenzionata a rinnovare entrambi i piloti, con contratti biennali, forti di un ambiente sereno e competitivo al punto giusto, in Ferrari, si trovano, come ogni anno, con l’incognita Kimi Raikkonen, al tramonto della sua carriera, ma pur sempre veloce (a sprazzi) e ben voluto dal team e disposto ad un rinnovo annuale.

A questo punto, Daniel Ricciardo non ha alcuna alternativa al suo attuale sedile, al di fuori di quello Ferrari, dovesse Sergio Marchionne, decidere di ringraziare Kimi per i suoi servigi e creare una squadra, molto più consistente e competitiva di quella attuale, con buona pace di Sebastian Vettel e Charles Leclerc. Il primo, infatti, dovrà sudarsi lo status di capitano, mentre il secondo, nonostante le buone cose fatte vedere, dovrà macinare ancora moltissimi chilometri, prima di poter pensare di approdare al team del Cavallino Rampante. Anche per Daniel Ricciardo, dunque, se deciderà di sfogliarla, la “Margherita” (ricordando la Ferrari SF16H), potrà essere solo rossa.

Michele Bertolini