Un tempo gli studenti stavano svegli grazie al caffè, magari sfornato da caffettiere anteguerra. Oggi però esiste una bevanda...magica, la Red Bull. L’azienda nasce in Austria a Salisburgo nel 1984 dall’idea di Dietrich Mateschitz, ispirato da alcune aziende asiatiche, dove queste bevande erano già molto popolari. La leggenda narra che l'attuale magnate austriaco fosse in Thailandia per affari, quando di fronte alla necessità di dover restare sveglio tutta la notte per lavoro, si fece consigliare dal barman dell'hotel una bevanda...adatta per tale scopo. L'effetto fu azzeccato e da lì Mateschitz ebbe l'illuminazione che lo avrebbe reso milionario. L’azienda oggi è prevalentemente monoprodotto e conta più di 4 miliardi (sì...4 miliardi) di lattine vendute ogni anno. I tori rossi però non appaiono solo sopra le lattine, ultimamente stanno conquistando il mondo, dallo sport alla musica. Diciamo che il toro scarlatto è diventato un po’ il simbolo dello sport estremo, del divertimento, dell’energia. Una parola ha permesso questo: marketing. Perché ammettiamolo: la bevanda può anche non piacere a tutti, però è molto cool, festaiola e luminescente. Nel 2005 qualcuno pensò: “Facciamo un po’ di festa nel paddock F1” ed ecco che nacque la Red Bull Racing, un team straordinario con professionisti del calibro di Adrian Newey, Christian Horner e Sebastian Vettel. Dopo 8 titoli di cui 4 piloti e 4 costruttori, cos'altro rimane da conquistare? Le tifoserie da “total red” si stanno piano piano vestendo sempre più da lattine e tori, gli ospiti adocchiati nel paddock sono i più cool come Mr. Bean e David Hasselhoff (Mitch di Baywatch per intenderci) e poi la fantastica energy station (il loro motorhome) dove la musica è sempre "a palla". Il progetto Red Bull Racing si estende anche “in piccolo” con la scuderia satellite Toro Rosso con base a Faenza e il Junior Red Bull Team, dove vengono coltivati i giovani talenti come Daniil Kvyat, pilota Toro Rosso 2014. Alla fine il colore vincente è sempre il rosso ma questa volta è un toro e non un cavallino, il quale sta diventando sempre più un...cavalluccio (ahimè).