1 Korea – Yeongam

Partiamo da una pista attuale che nessuno ha potuto dimenticare. Dal 2010 al 2013, Mister E ha insistito per mettere in calendario una gara in Corea. Per l’occasione è stato allestito un circuito giudicato “all’avanguardia”, riuscendo così a disputare un Gran Premio in un paese dove la Formula Uno suscita lo stesso interesse di quanto lo sci nautico riesca a fare in Russia. Alla FIA, piace pensare che l’evento coreano non sia più in calendario per problemi economici da parte del Paese ospitante, ma la realtà dice che nelle quattro edizioni disputate, sia stata la “visione futura troppo "avanzata” degli organizzatori a far capire che forse non era il caso di tornarci. Basti pensare che nell’ultima apparizione, per aumentare l’audience, una vettura medica ha deciso di partecipare alla gara…che geni!

2 India – Buddh

Un altro circuito “storico” per la Formula Uno, che difatti è stato inserito per ben “tre” stagioni nel calendario. Anche questa è stata un’altra ideona di Big Bernie: disputare un evento della massima categoria in mezzo al nulla più assoluto, in un paese dove i lavoratori più abbienti guadagnano “7 euro al mese” e il biglietto per assistere al Gran Premio ne costa 200. Con Ecclestone, la persona più orgogliosa dell’evento era Vijai Mallya, che dopo le sue dichiarazioni d’amore al tracciato è ora ricercato in mezzo mondo per problemi con la giustizia. Se a suo tempo Bin Laden rappresentava “l’asso di cuori” nel mazzo di carte dell’intelligence americana, il patron Force India per la Formula Uno è come il “due di coppe” nelle carte da gioco napoletane quando la briscola è a bastoni... inutile.

3 Australia – Adelaide

Rappresentava la tappa di riferimento australiana prima dell’avvento di Melbourne nel 1996. Una pista cosi spaziosa e agile, che al confronto il labirinto del famoso gioco “snake” sembrava avere l’ampiezza della galassia di Andromeda. Era così bello correrci, che difatti tutti gli appassionati lo ricordano solo per il famoso incidente tra Schumacher e Hill che regalò il primo titolo al Kaiser. Altro che Tilke….

4 Giappone – Aida

Così bello che è stato utilizzato in due sole occasioni, ovvero nei campionati del 1994 e 1995 dove rappresentava il Gran Premio del Pacifico. Il vincitore della prima edizione, manco a dirlo, è stato Michael Schumacher, anche se il layout della pista non è ricordato nemmeno dal genio che l’ha disegnato. Oltretutto, il “larghissimo” posto dove sorgeva, aveva permesso di costruire un tracciato dove per coprire la distanza di gara di 300km erano serviti la bellezza di 83 giri. Yahoo...

5 Stati Uniti – Phoenix

Ha rappresentato l’evento USA dal 1989 al 1991. Un tracciato ereditato dalle tipiche corse di Indycar americana, dove a farla da padrone è stato re Ayrton. All’epoca l’autodromo è stato inserito in calendario perché rispettava i più alti canoni di sicurezza, grazie ai suoi lunghissimi rettilinei che terminavano con curve a gomito contornate da “muri” di cemento armato precompresso a bordo pista. Wow!

6 Las Vegas – Caesar’s Palace

Ospitò lo speciale Gran Premio del Caesar's Palace nel 1981 e nel 1982, in una pseudo pista appositamente creata nel parcheggio dell’omonimo, famosissimo hotel. Un circuito per il quale non serve esprimersi, perché per capirne l’assurdità basta cercare il layout su Google. Aggiungiamo solo che sarebbe stato abbastanza per far diventare blasfemo anche il più teologico dei kartisti…

7 Germania – Avus

Questa è una perla che in pochi conoscono. Ha ospitato il Gran Premio di Germania nel 1959. Per chi si aspetta battute sul layout, sappia che non ce ne saranno. Ma non perché tutto andava bene, ma semplicemente perché “non c’era” nessun layout da poter criticare. La pista praticamente non era una pista. Si trattava di una lingua d’asfalto assolutamente dritta lunga circa 4 km, che portava ad un tornantino che altro non faceva se non riportare le auto su uno rettilineo parallelo di altri 4 km, che serviva per ritornare indietro. Praticamente lavorando sulla trazione in uscita dal tornantino, ai giorni nostri si potrebbe provare a vincere la gara anche con una Bugatti Veyron.

8 Azerbaijan – Baku

Torniamo ai giorni nostri, e prendiamo in esame l’ultima tappa nata dalla mente perversa di Ecclestone. Nel 2016 si è corso per la prima volta a Baku, in un circuito “racimolato” nel centro storico della città. Anche se fortunatamente non è successo nulla di rilevante, il circuito è ricordato per essere stato in grado di far recitare il rosario a tutti i 22 piloti della griglia, specie pensando al famoso tratto del castello che ricorda la tipica stradina dei centri urbani a senso unico. Contenti voi…

9 Singapore

Da qualche anno è tappa fissa del Mondiale, anche se secondo rumors c’è l’eventualità che gli organizzatori vogliano tirarsene fuori al più presto. Come ormai per tutti i circuiti di nuova concezione, il tracciato rispecchia perfettamente la doti del suo progettista Hermann Tilke, famoso architetto tedesco noto per la progettazione delle migliori piste da...go-kart che la storia ricordi. A lui si deve la scomparsa dei veri autodromi dal calendario di Formula Uno… mito!

10 Monaco – Montecarlo

Sì d'accordo...con quest’ultima nomination siamo pienamente coscienti di rischiare il linciaggio. Ma quando una cosa va detta, va detta. Basta con Montecarlo. Sarà la pista glamour per eccellenza, sarà la vetrina su asfalto della Formula Uno, sarà la tappa più attesa per prestigio e per ciò che rappresenta, ma c’è da dire che è anche la tappa che quasi ogni anno più ci “scartavetra” gli zebedei. Non è un gran premio, è una sfilata. Salvo errori (rari vista la precisione delle auto moderne), da quanto hanno tolto i rifornimenti ai pit stop l’evento non ha più senso. Il vincitore è quasi sempre colui che in qualifica riesce a fare la pole, dato che poi in gara, anche se uno è più veloci degli altri di 24 secondi al giro, può stare tranquillo che se ha qualcuno davanti non lo passerà mai. Volevano salvare la Manor nel 2016? Bastava piazzarli in pole a Monaco…e avrebbero vinto la corsa.

Daniel Limardi

 

 

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