Ospite del podcast "Beyond The Grid", Adrian Newey ha ripercorso la sua carriera da ingegnere in F1, dalle sue motivazioni agli attuali successi con la Red Bull. Una lunga chiacchierata per scoprire una delle figure più iconiche del paddock, mossa ancora da grandi ambizioni e segnata anche da qualche piccolo rimpianto, come quello di non aver mai lavorato in Ferrari con campioni del calibro di Lewis Hamilton e Fernando Alonso.

STUDI E MODUS OPERANDI

Laureato in ingegneria aeronautica all'università di Southampton, Adrian Newey ha dichiarato come abbia preferito questo tipo di studi rispetto all'ingegneria meccanica: "Semplicemente ho pensato che le auto da corsa fossero più vicine agli aerei che a qualsiasi altra cosa. Leggevo avidamente ogni rivista che contenesse qualcosa di vagamente tecnico. Andavo a vedere alcune gare, in particolare a Malory Park, che era vicino a dove andavo a scuola, ed era un piccolo paddock fantastico perché potevi passeggiare e guardare tutte le vetture. A quei tempi, in realtà non c'era molta televisione o copertura delle gare automobilistiche. Quindi si potevano vedere le auto, ascoltandole, annusandole, guardandole in grande dettaglio, e il paddock era completamente aperto, quindi a nessuno importava che questo ragazzino frugasse in giro. In realtà è successo il contrario. Molti di loro spiegavano cosa stavano facendo. Questa è stata senza dubbio la chiave".

Un mix di curiosità ed amibizione che il progettista britannico non ha mai perso, traendo spunto anche da altri settori: "Cerco di guardarmi sempre intorno. Ricordo per esempio di essere andato in vacanza ai Caraibi. Ho preso un piccolo aereo a elica per muovermi da un'isola all'altra. Osservando l'aereo prima del decollo, ho notato il modo in cui modellavano la presa d'aria per il motore. Dietro l'elica aveva il collo di cigno ed era separata dal corpo principale del motore. Avevamo avuto problemi nel '96 con Damon Hill con la pressione dell'airbox, e quindi con la potenza del motore, che era incredibilmente sensibile alla forma del poggiatesta e alla sua posizione di seduta. Questo mi ha dato l'idea che in realtà ciò che dovevamo fare era alzare la parte della presa d'aria del roll hoop, in modo da separarla completamente dal poggiatesta, che è la soluzione standard al giorno d'oggi".

IL RIFIUTO DEL CAD

È impossibile pensare al giorno d'oggi di poter realizzare particolari meccanici senza l'ausilio del CAD (Computer-Aided Design). Eppure è noto che il più importante progettista degli ultimi 30 anni utilizzi ancora la tavola da disegno per dare vita alle sue idee. Newey ha spiegato il perché di questa scelta: "Beh, sono un dinosauro e va bene così. Il CAD o un tavolo da disegno sono un modo per mettere le idee dalla testa ad un mezzo con cui può essere sviluppato. Al giorno d'oggi, ovviamente, se si tratta di aerodinamica, guarderò alla fluidodinamica computazionale, che è uno strumento straordinario che non ha raggiunto la maturità in Formula 1 fino alla fine degli anni '90. Guarderò il CFD e da lì trarrò alcune idee e poi disegnerò qualcosa. Ora utilizzo un tavolo da disegno perché per me è la lingua con cui mi sento più a mio agio e con cui ho più dimestichezza. Se provassi a usare il CAD, sento che non sarei mai così fluente e passerei troppo tempo a pensare a come operare. La parte del disegno deve essere subconscia, o almeno per me lo è".

"Il CAD è entrato correttamente in Formula 1 intorno alla prima metà degli anni '90. - ha poi proeguito. "Quei primi sistemi CAD erano piuttosto meccanici. Le persone dovevano concentrarsi molto per inserirlo nel sistema. Naturalmente, ora, i sistemi sono sviluppati e i ragazzi che ne parlano fluentemente possono disegnare inconsciamente come faccio io. Il disegno non è la parte che li carica. Non riuscirò mai a raggiungere questo obiettivo e, per me, non ha importanza. Mi sembra di avere una buona capacità di visualizzare qualcosa in 3D e poi di metterlo su carta in 2D, mentre il sistema CAD te ne libera. Non è necessario passare attraverso il 2D per farlo. Puoi iniziare direttamente in 3D".

VITTORIE E RIMPIANTI

Sono tanti i successi ottenuti da Adrian Newey in F1. Nel corso della sua carriera l'ingegnere britannico ha lavorato con grandi campioni del calibro di Ayrton Senna e Max Verstappen. Più breve il rapporto col brasiliano, nel tragico 1994 che segnò la sua morte ad Imola al volante della Williams FW16. Un progetto verso cui Newey nutre qualche rimpianto: "Indipendentemente da quale sia stata la causa dell'incidente di Imola, l'unica cosa che si può sicuramente dire della vettura è che era aerodinamicamente instabile. Avevamo avuto per due anni la sospensione attiva. È colpa mia. Ho completamente incasinato l'aerodinamica tornando alle sospensioni passive. Era un'auto molto difficile da guidare. Ayrton sapeva che la vettura era instabile ma aveva fiducia in se stesso nel controllo della sua macchina, ci avrebbe sempre provato. Il controllo della sua macchina e la sua concentrazione erano davvero straordinari".

In Red Bull da ormai 17 anni, Newey è sicuramente il protagonista principale, insieme a Max Verstappen, degli ultimi successi della squadra austro-inglese. Sul progetto della RB18 del 2022 l'ingegnere ha dichiarato come si siano mossi più tardi rispetto agli altri top team, essendo impegnati nel 2021 nella conquista del titolo mondiale: "Quello che siamo riusciti a fare è ottenere la giusta architettura. Quando la RB18 uscì per la prima volta in Bahrein lo scorso anno, la Ferrari era sicuramente altrettanto veloce, se non di più. Ma noi siamo riusciti a mettere a punto i fondamentali giusti e questo ci ha fornito una buona piattaforma di sviluppo. La RB19 è chiaramente un'evoluzione molto vicina della RB18".

Infine, esattamente come per i piloti, anche per la maggior parte dei progettisti il sogno è quello di lavorare un giorno per la Ferrari. A questa domanda Newey ha risposto così: "Emotivamente, immagino che fino a un certo punto sì, può essere un rimpianto. Ma allo stesso modo anche lavorare con Fernando o Lewis sarebbe stato favoloso. Purtroppo non è mai successo. Sono solo circostanze, a volte è così".

Carlo Luciani

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