Il 12 ottobre 2003, vent'anni fa oggi, Michael Schumacher vinceva il sesto titolo in carriera, a bordo della Ferrari F2003-GA. Di tutto il periodo vincente con la scuderia di Maranello, il Mondiale 2003, assegnato a Suzuka (teatro della storica vittoria nel 2000), rappresenta sicuramente il più combattuto, deciso dal risultato dell'ultima gara. Una vittoria sudata, in un GP nel quale si ribaltano ruoli e gerarchie.

Se il quinto campionato del mondo rappresentava l'affiancamento al numero, considerato irraggiungibile all'epoca, dei titoli collezionati in carriera da Juan Manuel Fangio, il sesto costituiva il sorpasso sul record dell'argentino. La valenza di questo risultato ha una portata storica spesso sottovalutata, perché traccia i requisiti necessari per ottenere vittorie a ripetizione nella F1 moderna. Qualcosa che prima del 2003 avevano mostrato, su un intervallo temporale più limitato e con risultati differenti, McLaren e Williams. Una lezione ben appresa da Mercedes e Red Bull Racing che, in un futuro neanche troppo lontano rispetto al 2003, ripeteranno le gesta della scuderia di Maranello.

Un 2003 altamente competitivo

La stagione 2002 ha visto la Ferrari vincere in lungo e in largo, chiudendo la questione campionato fin troppo in fretta per la F1. Nel 2003 il Circus cerca di limitare, in maniera forzata, la possibilità di trovarsi con un campionato assegnato in estate. Trovano introduzione un nuovo sistema di punteggio che premia i primi otto, inflazionando i piazzamenti rispetto alla vittoria. Esce di scena la telemetria bi-direzionale, così come il warm-up la domenica ed entra nel giro il concetto di parco chiuso ed assetti bloccati tra sabato e domenica.

In tutto questo, la Ferrari corre con un modello, la F2003-GA, che, chissà quanto per le nuove misure regolamentari, chissà quanto per qualche scelta progettuale non del tutto centrata, non produce la stessa facilità di risultato della F2002. L'affidabilità pare minare il percorso della vettura dedicata a Gianni Agnelli, il cui debutto nei fine di settimana di gara viene continuamente rimandato.

I sedici GP disputati vedono un elevato numero di vincitori: Michael Schumacher, Barrichello, Raikkonen, Coulthard, Ralf Schumacher, Montoya e Fisichella. La costanza di risultato mostrata da Kimi Raikkonen, nonostante guidi la McLaren - Mercedes MP4 17/D quarta iterazione del modello 2002, lo porta ad essere una vera spina nel fianco per il tedesco della Ferrari lungo tutto il Campionato.

La rincorsa verso Suzuka

La gara di Suzuka, come tante altre nel passato della F1, costituisce la chiave di volta della stagione, tuttavia le basi del successo finale vanno ricercate più indietro nel tempo. A Imola, quarto appuntamento stagionale, Schumi arriva con un pesante -16 nei confronti di Kimi Raikkonen, mai sceso dal podio nelle prime tre gare. Situazione sportivamente complicata, a cui va a sommarsi il repentino aggravamento delle condizioni di salute della madre di Michael e Ralf, che si spegne poche ore prima della gara. Con una dimostrazione di forza, tenacia e determinazione, Michael riesce a trovare la concentrazione necessaria per convivere con il dolore e la sofferenza, portando a casa il primo di una striscia di successi che lo proiettano nuovamente ai piani alti della classifica.

Il Giappone diventa teatro dello showdown tra i contendenti ai Titoli: Schumacher e Raikkonen, Ferrari e Williams. Il tedesco della Ferrari ha bisogno di un ottavo posto per chiudere aritmeticamente la questione Mondiale. Un obiettivo minimo considerato il ruolino di marcia del tedesco in Ferrari, ma, per questo, difficilissimo da arpionare con tutte le pressioni della gara. Schumacher parte da una scomodissima quattordicesima posizione in griglia, entra in contatto con la BAR - Honda di Takuma Sato, precipita in fondo al gruppo con la sosta ai box per sostituire l'ala anteriore danneggiata e poi rimonta fino all'ottavo posto.

Rubens Barrichello salva tutti

In quel GP di Suzuka, teatro in passato di molte disfatte Ferrari, chi fornisce il contributo decisivo alla causa ferrarista ha un nome e cognome: Rubens Barrichello. Il brasiliano, spesso paragonato a Paperino, copre le spalle al compagno di squadra e all'intera scuderia. Rubens vince partendo dalla pole una gara mai messa in discussione...corsa alla Schumacher. Il risultato è sinergico per la conquista del Titolo Piloti da parte del tedesco, ma soprattutto chiude graniticamente la questione Titolo Costruttori per la Ferrari.

Una domenica di gloria che dovrebbe rimanere ben impressa nella memoria dei tifosi Ferraristi. Nel giorno in cui il mondo vede chiaramente come il pilota di supporto sappia ragionare e condurre come il pilota con i gradi di capitano, Michael Schumacher porta a casa il sesto titolo in carriera, il quarto (consecutivo) con la Ferrari, che conquista nuovamente il Costruttori, continuando la "serie buona" cominciata nel 1999.

Quanto ci sentiamo vecchi e deprivati di qualcosa come tifosi ferraristi nel constatare che tra oggi e quella domenica di gloria vera e sudata sono passati vent'anni?

Luca Colombo

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