È il 22 giugno 1975 quando va in scena il GP d’Olanda di Formula 1, ottavo appuntamento di quella stagione diventata memorabile per il primo titolo mondiale conquistato da Niki Lauda. L’austriaco, reduce da tre vittorie consecutive, arriva a Zandvoort da leader della classifica piloti e con tutti i favori del pronostico. Ma le corse, si sa, sono imprevedibili e quella domenica ad uscirne vincitore è James Hunt, per la prima volta sul gradino più alto del podio di un Gran Premio al volante della modesta Hesketh.

UNA FERRARI (QUASI) IMBATTIBILE

Nonostante il dominio di Lauda nella classifica piloti il mondiale 1975 di Formula 1 non inizia nel migliore dei modi per la Scuderia di Maranello, che per le prime due gare schiera ancora la 312 B3, la vecchia monoposto del ’74. Lauda e Regazzoni dimostrano immediatamente di non essere competitivi e l’introduzione dell’innovativa 312 T (la cui T si deve allo strategico cambio trasversale) viene anticipata al terzo GP stagionale in Sudafrica.

A Kyalami, però, la nuova creatura dell’ingegner Forghieri mostra dei problemi di gioventù, con Lauda soltanto quinto in gara e Regazzoni ritirato per problemi tecnici. Dopo quasi due mesi la F1 torna in pista a Barcellona sul pericolosissimo circuito cittadino del Montjuïc. Ci si aspetta un riscatto dopo una pausa così lunga ed infatti in questa occasione la Ferrari non delude… almeno nelle qualifiche. Dopo la prima fila conquistata da entrambi i piloti, i due compagni di squadra entrano in collisione al via, terminando la corsa dopo poche centinaia di metri.

Non ci sono più scuse, la Rossa è chiamata a vincere e lo fa in maniera perentoria con Lauda, che nel seguente GP di Monaco centra il primo successo stagionale, ripetendosi anche in Belgio e Svezia. Diverso invece il ruolino di marcia di Hunt fino a quel momento, che dopo un podio frutto di un secondo posto nel round di apertura in Argentina ed un sesto posto ottenuto in Brasile arriva in Olanda reduce da ben cinque ritiri consecutivi.

IL RISCATTO DI HUNT

Dopo aver dominato le qualifiche, le Ferrari di Lauda e Regazzoni scattano dalla prima fila, seguite proprio dalla Hesketh di Hunt. Le condizioni della pista sono però particolari quella domenica, con la pista bagnata per via della pioggia caduta prima del via. Dopo la partenza, però, l’asfalto si asciuga rapidamente e gli uomini della Hesketh montano le gomme da asciutto al proprio pilota già al settimo giro. Un azzardo che si rivela giusto, con Hunt che si ritrova al comando della corsa e Lauda che, rientrato ai box sei tornate più tardi, torna in pista alle spalle della Shadow di Jean-Pierre Jarier.

Nonostante la difesa del francese, il ferrarista riesce a riportarsi alle spalle di Hunt, ricucendo il margine ed arrivando negli scarichi della Hesketh. Il britannico, nonostante la superiorità della Rossa, riesce a difendersi tagliando il traguardo con un solo secondo di vantaggio su Lauda, secondo davanti al suo compagno di squadra Regazzoni.

HESKETH DIVENTA GRANDE

Uno smacco per la Ferrari da parte del “piccolo” team Hesketh, la squadra dell’eccentrico Lord Alexander Hesketh, che centra così la sua prima e unica vittoria in carriera. Ad inasprire la sconfitta della Ferrari in quel GP anche un altro particolare episodio: l’investimento in corsia box di Luca Cordero di Montezemolo da parte di Ronnie Peterson. Fortunatamente nulla di grave per il Direttore Sportivo della Ferrari, che ne esce “solo” con un braccio ed una gamba rotti. Lauda, non vedendo più il suo uomo al muretto, torna ai box lamentandosi ma è poi costretto a scusarsi.

Da una parte, quindi, una giornata da dimenticare per la Ferrari, ma dall’altra sicuramente memorabile per il team Hesketh. La compagine inglese, poco più che debuttante, mossa dalle grandi ambizioni e dal suo stile sfarzoso incarnato al meglio dal suo pilota James Hunt, entra quel giorno nella storia della F1, prima di doversi ridimensionare al termine di quella stagione, portando Hunt a firmare con la McLaren nel ’76. Ma questa è un’altra storia…

Carlo Luciani

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